
Questo weekend
Penguin e Macmillan hanno respinto, con due fascicoli distinti, le accuse di collusione con Apple e altri editori per alzare i prezzi degli e-book. La loro è stata una risposta sia alla causa
intentata loro dal Dipartimento di giustizia americano (DoJ) sia a quella civile , portata avanti da una squadra di legali d’ufficio.
Macmillan ha affermato che le presunte prove raccolte dal Doj non sono che circostanziali e dunque non proverebbero nulla.
Gli avvocati della Penguin hanno invece appoggiato la linea di «difesa aggressiva» di Apple dichiarando che il punto di vista del Doj è viziato se insiste a fissare la sua attenzione sul modello agency di Apple ignorando del tutto la posizione monopolistica di Amazon sul mercato americano. Al contrario, Apple non avrebbe fatto che del bene alla libera concorrenza prima impedita dallo strapotere del colosso di Seattle.
Se i rapporti consegnati da Apple e Macmillan sono piuttosto «smilzi»
quello di Penguin è dettagliatissimo e interessante. Attacca, punto per punto, ogni aspetto del caso, contestando sia il ritratto tracciato da DoJ sia la logica con cui, da poche mail e telefonate, si è arrivati a imbastire una «teoria del complotto».
Quello su cui invece Penguin si sofferma è la situazione precedente all’ingresso di Apple sul mercato del libro digitale. Allora
Amazon deteneva all’incirca il 90% della quota totale di e-book venduti negli Usa e, il fatto di aver portato a 9,99 dollari il prezzo dei titoli digitali, invece di esercitare un influsso positivo sul mercato spronando altri player ad una sana competizione era andato a costituire una
barriera all’ingresso per tutti i «would-be-competitor».
E per quanto riguarda le mail che proverebbero il tentativo di Apple e degli altri big dell’editoria di «conspirare» per traghettare più marchi possibili su iBookstore Penguin dichiara che sì, in effetti il desiderio di essere in molti a sottoscrivere con Apple il modello agency c’era, ma derivava semplicemente da una logica razionale di mercato:
senza la presenza di molti editori sulla piattaforma iBookstore sarebbe stato destinato a fallire e Penguin, come gli altri, non voleva viaggiare su una nave che colava a picco.