Nei mesi del lockdown le librerie di mezzo mondo si sono ingegnate per continuare a rifornire di libri e letture i propri clienti abituali. Principalmente – è fin superfluo sottolinearlo – per provare a tenere in piedi i propri conti. Ma anche perché, in Italia come altrove, attorno alle librerie indipendenti orbitano spesso dinamiche di comunità e di quartiere. E mantenere i rapporti con i propri clienti – inventandosi modi nuovi per consigliare letture, ripensando la casualità dell’incontro con un libro così come avviene tra gli scaffali al tempo di chiusure, ingressi contingentati e distanziamento sociale – significa preservare e rafforzare l’ordito di queste relazioni e del loro significato sociale.
D’altronde, il tema della comunità di riferimento che sottende molti interessanti progetti – e che sostenta molte piccole e medie imprese creative – è centrale anche in altri ambiti del mercato culturale: basti pensare alle esperienze di alcune piattaforme audiovisive che, fuori e dentro l’emergenza sanitaria, hanno unito i propri destini a quelli delle sale cinematografiche indipendenti. O dei piccoli studi di produzione e di distribuzione.
Tornando al mondo del libro, un progetto interessante sembra quello di Bookshop, un sito di e-commerce aperto lo scorso gennaio per vendere libri e contemporaneamente sostenere le librerie indipendenti degli Stati Uniti.
Bookshop è a tutti gli effetti una libreria online: ha un motore di ricerca attraverso cui si possono trovare i libri che si vuole leggere, permette di acquistarli usando una carta di credito o un altro metodo di pagamento elettronico e farseli spedire a casa. Dal punto di vista logistico, l’e-commerce si appoggia a Ingram, il maggiore distributore di libri per il mercato americano.
Ciò che distingue Bookshop dalle altre librerie online è che parte dei suoi profitti viene usata per sostenere economicamente una rete di librerie fisiche. Da un lato, destinando il 10% dei suoi ricavi a un fondo che ogni sei mesi viene diviso tra le librerie aderenti al progetto. Dall’altro, ogni libreria della rete può creare gratuitamente una propria pagina sul sito dell’e-commerce e usarla per consigliare libri ai propri lettori. I ricavi delle vendite di ogni libro acquistato a partire dalla specifica pagina andranno integralmente a quella libreria, mentre Bookshop fa semplicemente da intermediario nell’acquisto (fornendo comunque l’infrastruttura di pagamento e continuando a gestire materialmente l’acquisto).
In ogni caso, infatti, i libri sono recapitati a chi li compra da Ingram, e non dalle librerie che li consigliano su Bookshop. In questo modo i tempi di spedizione restano molto rapidi e competitivi e i librai ottengono un guadagno per fare ciò che sanno fare meglio e che, di fatto, un sito di e-commerce non sa fare: dare pareri competenti sui libri.
Andy Hunter, fondatore e amministratore delegato, ha spiegato al Los Angeles Times che lo scopo di Bookshop è «allontanare da Amazon i lettori consapevoli e dare loro un modo per sostenere le librerie indipendenti» anche quando comprano libri su internet. L’intento – già di per sé lodevole – è peraltro perseguito con grande intelligenza e consapevolezza delle dinamiche che presidiano la comunicazione in rete e il marketing digitale.
Basti pensare al programma di affiliazione concepito da Hunter. Con questi programmi i siti di e-commerce riconoscono delle piccole commissioni sull’acquisto ai giornali e agli influencer che segnalano i loro prodotti. È un modo per incrementare la visibilità dei propri prodotti e per farli arrivare sotto gli occhi di utenti in qualche modo in target. Anche Amazon se ne serve, riconoscendo agli affiliati una percentuale sull’acquisto grossomodo del 5%. Bookshop offre esattamente il doppio: per ogni libro venduto nell’ambito del programma di affiliazione, il blog, il book influencer o la rivista letteraria che ne ha scritto si vedranno riconosciuti il 10% del prezzo di copertina.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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