Con l'adesione di Random House all'agency model già sottoscritto da altri cinque grandi attori del mercato editoriale mondiale quali Hatchet, Harper Collins, McMillan, Penguin e Simon & Schuster, si scalda, in Australia, il dibattito sulla liceità di tale pratica commerciale.
L'imposizione al distributore del prezzo di vendita fissato dall'editore, il cosiddetto agency model, è infatti illegale in Australia: secondo il Consumer and Competition Act del 2010 qualunque accordo tra un fornitore, in questo caso l'editore, e un rivenditore che comporti che quest'ultimo sia impedito nel pubblicizzare o nel vendere i beni forniti dal fornitore al di sotto di un determinato prezzo è da considerarsi illegale.
Secondo il giornalista Darryl Adams, autore di Oz-E-Books, un seguito blog sul mercato editoriale australiano, il problema risalirebbe alla paura generata dalla politica di bassi prezzi portata avanti in altri paesi da Amazon: «Gli editori australiani temevano che i prezzi troppo bassi li avrebbero danneggiati e così, quando Apple è entrata nel mercato hanno spinto affinché prevalesse l'agency model».
«Personalmente – conclude il giornalista – credo sia giusto che gli editori fissino un prezzo sui loro libri, ciò su cui ho da obbiettare è che questo prezzo sia stabilito in modo tale che le aziende distributrici non possano cambiarlo».