Nel 2016 la tendenza alla perdita di lettori di libri (di soli libri, esclusi gli e-book) iniziata nel 2011 – e che nel 2015 aveva avuto un momento di arresto – ha ripreso forza e slancio. Lo scorso anno si sono dichiarati lettori di «almeno un libro nei 12 mesi precedenti» il 40,5% della popolazione 6+ (42% nel 2015) con una perdita secca di 751 mila persone (nel 2015 ne avevamo «riguadagnate» circa 283 mila). Un saldo negativo di 3,1 punti percentuali.
Detto in altro modo, la penetrazione della lettura di libri nel 2016, in Italia, è tornata a essere esattamente quella del 2001 (40,9%). Numericamente, i valori assoluti delle persone che si dichiarano lettori sono analoghi a quelli del 2003-2005. Fiere, saloni, feste, settimane e mesi dedicati alla lettura, notti bianche e reading (con relativi investimenti da parte di amministrazioni centrali e locali) sono serviti a ben poco, nonostante siano stati organizzati, mai come in questi anni, da soggetti diversi. Non sono serviti nel decennio scorso – benché fossimo in un contesto di crescita – a trasformare i «prefissi telefonici» di incremento in valori più solidi (tra 1995 e 2010 la crescita media annua era stata del +0,9%). Non sono serviti, dal 2010 in poi, né a mantenere i risultati precedenti, né ad attutire il tracollo.
Non sono serviti perché non abbiamo come altri Paesi (Spagna, Francia, ecc.) dei piani pubblici e istituzionali organici, sviluppati nel tempo (il Plan de Fomento de la Lectura spagnolo viene avviato nel 2001 dal governo di centrodestra di Aznar, continua con quello socialista di Zapatero e lo ritroviamo ancora oggi in quello Rajoy). Segno del fatto che su alcuni temi, al di là dell’orientamento politico del governo, l’attenzione è condivisa. E non abbiamo risorse economiche paragonabili per lo sviluppo di programmi a medio e lungo termine: pochi milioni di euro al di qua, diverse decine di milioni di euro al di là delle Alpi.
Al tempo stesso – in un decennio in cui cambiano comportamenti e modi di leggere e occupare il tempo – la stessa attività di promozione culturale e della lettura assume connotazioni di estrema ibridazione e si meticcia con altre esperienze e altri soggetti. Attraversa le opportunità che le tecnologie offrono, i luoghi non necessariamente della lettura, la sensibilità (o la visione strategica) di aziende e imprese che poco o nulla hanno a che fare con questo tema, ma che lo avvertono come importante per la crescita personale del capitale umano e aziendale di cui dispongono, o che se ne servono come elemento di comunicazione d’impresa.
Alla luce di queste considerazioni, l’Instant e-book
Lettori magici e come formarli. Iniziative di promozione della lettura in giro per il mondo nasce per dare una sistematizzazione a molte news del «Giornale della Libreria» che la redazione ha scritto e raccolto in questi ultimi anni sul tema della promozione della lettura. In un modo diverso, aggiorna alcuni analoghi monitoraggi che Francesca Vannucchi e i suoi studenti dell’Università di Tor Vergata avevano fatto tra 2009 e 2010, ricompresi nella pubblicazione
La via italiana alla promozione. OPL (Ottobre piovono libri), un anno dopo, Quaderno del Giornale della Libreria n. 26, 2010.
La ragione di questa scelta è evidente. Da un lato fornire, in modo più sistematico rispetto a una newsletter o a un sito di notizie, idee e suggerimenti da «copiare» e «sviluppare» per iniziative analoghe. Dall’altro intervenire sull’allargamento della base dei lettori di libri (di carta o digitali), che costituisce il problema principale della nostra editoria.
L’Istant e-book Lettori magici e come formarli si articola in tre sezioni, seguendo altrettante scie e linee evolutive – spesso morbide, sfumate, talvolta convergenti – intraprese dalle iniziative di promozione della lettura che abbiamo avuto la possibilità di monitorare in questi ultimi anni. La prima è dedicata alle dinamiche strutturali in favore della promozione, quelle che dovrebbero agire sulle ragioni alla base della lettura e, soprattutto, della non lettura. Dalle iniziative che combattono l’analfabetismo e le ridotte capacità di comprensione funzionale di un testo a quelle che coinvolgono i bambini e i loro genitori, per coltivare fin da subito i lettori del futuro.
Il secondo blocco riunisce le esperienze di micro promozione che si muovono nel territorio. L’engagement, l’uso massiccio dei social, la tecnologia mobile: questi alcuni dei fili conduttori che le legano, assieme alla scoperta e alla valorizzazione di luoghi fisici «reinventati» allo scopo.
Infine, uno sguardo alle forme e ai significati che la promozione della lettura può assumere: prescindendo e trascendendo quello strettamente educativo e culturale. Proprio nella crescente fluidità delle iniziative (perché questo è il vero dato che emerge dalla raccolta) si manifesta un volto diverso della promozione della lettura, che talvolta diventa strumento di posizionamento aziendale, strategia di comunicazione o valore aggiunto per il cliente. In questo processo le tecnologie svolgono un ruolo centrale: innovano il mezzo (di comunicazione, di coinvolgimento) e con esso il prodotto «promozione della lettura». Paradossalmente, se da un lato possiamo imputare alle tecnologie qualche responsabilità nell’evoluzione dei comportamenti di lettura, al tempo stesso dobbiamo riconoscere loro una grande capacità innovativa nei confronti dei linguaggi e degli strumenti che ne articolano la promozione oggi.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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