Dire che nel 2014 sono uscite dal mercato della lettura quasi 820.000 persone (maggiori di 6 anni) con un saldo negativo del -3,3% non rende sufficientemente l’idea.
Detto in modo chiaro: la penetrazione della lettura di libri in Italia nel 2014 (41,4%) è esattamente la medesima che si aveva nel 2003. Mentre le persone che si dichiarano lettori numericamente, in valori assoluti, sono le stesse del 2005-2006.
Fiere, feste, settimane, mesi, notti dedicate alla lettura e ancora le letture pubbliche (con i relativi investimenti da parte delle amministrazioni centrali e locali) non sono servite a nulla. Non sono servite nel decennio scorso, in una situazione espansiva, a trasformare i microscopici tassi di crescita in valori più solidi (ricordiamo che tra 1995 e 2010 la crescita media annua era stata del +0,9%). Non sono servite dal 2010 in poi, non dico a mantenere i risultati precedenti, ma a rendere meno marcato il tracollo.
Perché di tracollo si tratta. In soli quattro anni si sono persi 2,650 milioni di lettori di libri: un secco -10,0%. Questo significa un mercato più piccolo per tutti i soggetti che presidiano la filiera, ma anche un minor accumulo di «capitale umano», minori strumenti per leggere le trasformazioni del mondo circostante, maggiori paure e insicurezze.
Quello che è preoccupante è che questo calo modifica tutti i paradigmi su cui fino a ieri avevamo costruito le nostre certezze. Calano i lettori deboli: registriamo un -6,6% nel 2014; calano i forti lettori, quelli che leggono almeno un libro al mese, per intenderci: nel 2014 il calo è di un -0,5%; cala la lettura tra le donne che perdono l'11,8% rispetto al 2013, mentre i maschi si fermano a un -4,9%.
La vera questione però è un’altra. Non sappiamo nulla di nulla di chi sono oggi i non lettori. Meglio: non sappiamo niente di quelle persone che da lettori sono diventati «non lettori» dal 2006 (che già se ne sapeva poco) ad oggi. E il 2006, solo per dare alcune coordinate, era l’anno che ha preceduto quello in cui Amazon ha lanciato il Kindle e Apple l’iPhone, in cui il Pil italiano era del +2,2% e la disoccupazione al 6,8%.
In quali fasce di età si concentrano i non lettori, che spostamenti si sono avuti negli ultimi cinque anni?
Sono dati che forse potrebbero essere di qualche utilità prima ancora che per impostare un qualche piano di promozione della lettura per leggere quello che ci sta succedendo attorno.
L'articolo completo sarà pubblicato sul «Giornale della libreria» di febbraio
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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