L’editoria italiana conferma nel 2016 la sua capacità di proporsi sui mercati stranieri, come dimostra la rilevazione, chiusa alla fine di ottobre, presentata nel corso dell’incontro «Vendere e comprare diritti. Quando le fiere cambiano la geografia». Cresce la vendita di diritti: 6.229 opere a cui aggiungere, un migliaio di coedizioni estere, rilevate per la prima volta.
Al +5,9% dell’export corrisponde un calo del 4,8% nei titoli acquistati. Un dato che – ovviamente con numeri diversi – vediamo riflettersi nelle traduzioni, e soprattutto nei dati del mercato trade con la crescita di quota, soprattutto a valore della narrativa italiana.
Cambiamenti che si misurano su tempi medi e medio-lunghi. Troppo influenzato l’andamento dalla presenza o meno di best seller, casi letterari, da noi come nei mercati internazionali. Appare così evidente come in quasi dieci anni sia cresciuta non solo l’editoria per bambini e ragazzi, che dal 29% passa al 38%, di ciò che vendiamo, ma soprattutto il romanzo italiano (dal 18% al 35%): Carrisi, Camilleri, Carlotto, Ferrante, Manzini sono solo le punte emergenti di un processo di cambiamento autoriale più attento a una narrativa di genere che a una letteratura di carattere intimistico-letterario; che si è (e si sta) confrontando con le scritture e i ritmi della narrazione audiovisiva e cinematografica.
Un primo elemento appare cioè evidente, sia pur contenuto nelle macro aggregazioni che l’indagine obbliga a percorrere: cresce la capacità di proporsi con generi, sottogeneri, autori oggi più diversi nella scrittura e mondi narrativi di quanto non fosse una decina di anni fa.
Il secondo dato emerge da una corrispondente capacità di proporsi su mercati diversi che non sono più solo quelli dei mercati europei – magari allargati verso est o i Paesi balcanici – ma anche al di fuori, verso l’Area del Pacifico (dallo 0,3% delle transazioni del 2007 siamo passati al 2,2%) e verso i paesi africani (Sud Africa, Paesi della sponda sud del Mediterraneo, ecc.): inesistenti nove anni fa, nel 2016 sono uno 0,6%. Poco, certo, ma indicatori di una tendenza. Come lo è il Medio Oriente: dall’1,5% al 4,3%.
«Un fenomeno interessante che emerge dall’indagine – afferma Ferdinando Fiore, dirigente di ICE Agenzia – è la diffusione delle coedizioni soprattutto per i titoli per ragazzi e per i libri illustrati. Penso che l’editoria al pari delle altre industrie culturali e creative sia un veicolo a enorme potenziale per la diffusione del Made in Italy. Attraverso un libro illustrato per esempio il lettore può venire in contatto con le bellezze naturali dell’Italia, con la gastronomia, il design o la moda. L’editoria costituisce sicuramente un fondamentale volano per l’aumento dell’export e per la conoscenza dell’Italia all’estero».
E i piccoli editori? Certo comprano di più (45% sulle transazioni complessive del 2016) di quanto vendono (15%). Cosa naturale e veloce nel momento in cui si deve creare un catalogo. Ma attenzione! Nel 2016 la loro capacità di vendere all’estero è cresciuta del 14%, rispetto a un più modesto +4% del resto delle case editrici.
E nonostante abbiano cataloghi, autori, titoli in misura minore. Ovvero che il costo della transazione risulta per loro essere maggiore.
Da qui la necessità di iniziative di supporto ai processi di internazionalizzazione come ben mostra l’effetto Fiere. In tutte le Fiere in cui Aie insieme a ICE Agenzia hanno partecipato (i dati si fermano per ora al 2015, perché gli ultimi sono in fase di elaborazione e saranno presentati in un report successivo) siamo sempre in presenza di una crescita delle vendite [Fonte: Mercanti di storie. Rapporto sull’import/export di diritti 2016, Ediser, 2016].
In fondo è banale. Nelle Fiere internazionali vale quanto avviene in qualunque altra fiera: i libri per comprarli bisogna vederli.

Le slide dell’incontro professionale di Più libri «Vendere e comprare diritti. Quando le fiere cambiano la geografia» sono disponibili e liberamente scaricabili alla pagina dedicata all'evento, nella sezione Presentazioni di questo sito.

Guarda la videointervista a Ferdinando Fiore sul sito di Più libri più liberi.

L'autore: Giovanni Peresson

Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.

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