L’editoria europea, specie quella dei Paesi più piccoli, ha bisogno di sostegno per affacciarsi sui mercati esteri e, rispetto al mercato di lingua inglese, persiste un enorme squilibrio tra titoli comprati e venduti. Allo stesso tempo, se è vero che gli scambi intraeuropei sono predominanti, l’Asia emerge come uno spazio potenziale di grande espansione.
Sono questi alcuni dei dati che emergono dall’analisi sulla compravendita di diritti di traduzione tra alcuni Paesi europei realizzata nell’ambito di Aldus Up, la rete delle fiere europee cofinanziata dalla Commissione Europea attraverso Europa Creativa, e presentati da Bruno Giancarli, ufficio studi dell’Associazione Italiana Editori, durante la Fiera Internazionale del Libro di Francoforte. All’incontro ha partecipato anche l’editrice e traduttrice Renate Punka che ha invece presentato Translation on the cover, progetto di studio finanziato e promosso dall’Unione Europea e realizzato da un gruppo di esperti del settore degli Stati membri.
I dati presentati a Francoforte sono un primo passo dello sforzo di Aldus Up per rendere confrontabili le analisi portate avanti dai diversi Paesi e, allo stesso tempo, proporre a quelli che ancora non hanno uno strumento di misurazione delle compravendite, o intendono migliorarlo, uno standard. I Paesi coinvolti sono otto: due di questi, Francia e Germania, hanno partecipato condividendo i risultati delle rispettive rilevazioni nazionali, gli altri sei – Austria, Lettonia, Italia, Lituania, Portogallo e Romania – hanno raccolto i dati secondo il progetto pilota proposto da Aldus Up. Per questo motivo, per Francia e Germania sono disponibili solo i dati riguardanti le esportazioni e non quelli sull’acquisto.
Per quanto riguarda la vendita di diritti all’estero, nel 2022 la Francia ha siglato 12.423 contratti, l’Italia 7.889, la Germania 6.655, l’Austria 90, il Portogallo 63, la Romania 14, la Lituania 7 e la Lettonia 6. Nell’acquisto diritti, l’Italia conta 9.432 contratti, 450 la Romania, 340 il Portogallo, 294 la Lettonia, 86 l’Austria, 7 la Lituania.
Il peso delle vendite intraeuropee si attesta per ogni Paese intorno al 65-70%, variando tra il 59% del Portogallo e il 100% della Lituania. L’Asia, come mercato di sbocco, vale il 5% delle transazioni per il Portogallo, l’11% per l'Austria, il 19% per l’Italia, 21% Francia e 25% Germania. Il Nord America pesa invece molto poco per i tre grandi Paesi europei (tra il 2% e il 3%), di più per Lettonia (17%) e Portogallo (32%), ma su numeri assoluti molto più piccoli.
Negli acquisti, invece, il Nord America pesa per il 38% nel caso italiano, 23% per l’Austria, 22% per la Romania, 19% Lettonia e 16% Portogallo.
«I dati dimostrano – ha spiegato Bruno Giancarli – un enorme gap tra grandi e piccoli Paesi europei, con una grande difficoltà soprattutto per i piccoli nel raggiungere i mercati esteri, quelli in lingua inglese in particolare. Ciò si riflette in una crescente riduzione della diversità in Europa». Inoltre, «il 50% dell’acquisto diritti in Europa è riferito a Stati Uniti e Regno Unito, il che conferma la necessità di un sostegno alla traduzione che favorisca la diffusione anche delle altre lingue» per riequilibrare la predominanza di quella inglese. Il mercato asiatico, infine, è uno sbocco promettente, «ma l’esistenza di dati più precisi – conclude Giancarli – potrebbe aiutare molto gli editori e i policy-maker».
Renate Punka, partendo dai dati riferiti alla pubblicazione di libri tradotti e non dai dati sulla compravendita dei diritti, arriva a conclusioni simili. In particolare, la percentuale di libri pubblicati in traduzione in Europa è stimata intorno al 25% e il 54% di questi è dall’inglese.
La predominanza della produzione anglo-americana, per altro condivisa da altri settori culturali, poggia – spiega la ricerca – su un grande mercato «nazionale» di 500 milioni di madrelingua, oltre che su molti altri lettori non madrelingua in grado di leggere in inglese. Ma poggia anche su una capacità produttiva ampia e diversificata; sull'efficienza dei settori dell’editoria degli Stati Uniti e del Regno Unito nell'individuare, pubblicare e promuovere libri e aiutare gli autori a creare la propria rete e la propria presenza mondiale. Nonché su una vasta rete di traduttori competenti, in grado di tradurre in quasi tutte le lingue di arrivo, in tutto il mondo.
Per contro, «molti editori europei sono disposti a portare più diversità linguistica e culturale sul panorama letterario europeo, potendo contare su partner impegnati come scrittori, traduttori, librai, fiere del libro, festival letterari, biblioteche e molti altri ancora. Ma occorre un intervento sotto forma di finanziamenti pubblici a livello nazionale ed europeo per aiutare la catena del valore del libro a superare le barriere linguistiche, culturali e di mercato che impediscono ai libri europei di viaggiare più facilmente in Europa» sottolinea Punka.
Infatti, in Europa diversi Stati sostengono con fondi pubblici l’export di diritti (e in alcuni casi sono incentivate anche le traduzioni in entrata), ma non sempre con fondi adeguati. Francia, Germania e Paesi Bassi hanno un sostegno pari a 1-2 milioni di euro l'anno, mentre in Svezia, Romania, Spagna, Finlandia e Italia le cifre oscillano tra 500mila e un milione di euro. Tutti gli altri Paesi, invece, sono al di sotto di questi livelli.
Sono nato a Genova e vivo a Milano. Giornalista, già addetto stampa di Marsilio editori e oggi di AIE, ho scritto per Il Secolo XIX, La Stampa, Internazionale, Domani, Pagina99, Wired, Style, Lettera43, The Vision. Ho pubblicato «Figli dell’arcobaleno» per Donzelli editore. Quando non scrivo, leggo. O nuoto.
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