Oltre dieci anni fa, gli Stati dell’Unione europea e i relativi ministeri della cultura che erogavano contributi per le traduzioni erano di numero assai più ridotto rispetto a oggi. Nel tempo l’UE si è allargata, arrivando a comprendere 28 Paesi la cui lingua, se ristretta alla comunità nazionale, è spesso minoritaria e con una circolazione forzatamente ridotta delle varie letterature nazionali.
È però un obiettivo politico primario di ciascun Paese fare ogni sforzo possibile per diffondere la propria voce attraverso quella dei propri scrittori, poeti, saggisti, autori per ragazzi. Da questo punto di vista, i programmi Cultura 2000 e successivi hanno avuto un’enorme importanza, fornendo un modello e incrementando lo scambio intereuropeo. Ancor prima si erano mossi i Paesi nordici e scandinavi. Il Consiglio nordico è stato un centro propulsivo di grande importanza sia per lo scambio internazionale nella regione, sia per sostenere i propri autori nell’Europa continentale e mediterranea. E i risultati si vedono! Da anni non ci sorprendiamo più che i giallisti svedesi sbaraglino i loro concorrenti statunitensi e siano letteralmente in grado di rubargli il mercato; e possiamo iniziare a dire lo stesso per i giallisti italiani.
Le case editrici italiane che hanno capito prima l’importanza e l’utilità di questi strumenti hanno costruito su questa base un catalogo, e restano forse l’esempio di maggiore coerenza. E ormai sempre più spesso si trova nei risvolti di copertina o nella pagina dei crediti di molti editori l’indicazione: «Questo volume esce con il contributo...».
Per questa ragione,
aggiorniamo ormai per l’ottava volta – quest’anno in occasione di
Più libri più liberi – la raccolta dei
Premi e incentivi alle traduzioni. Si tratta di uno strumento utile per gli editori, specialmente per quelli piccoli che hanno intenzione di avvicinare culture, opere e autori poco (o nulla) presenti nella più vasta offerta editoriale italiana. Ma che, proprio per questo,
hanno bisogno di trovare sostegno economico per la traduzione.
Rispetto ai precedenti aggiornamenti si conferma la presenza crescente di altri Stati extraeuropei che offrono contributi: l’anno scorso dall’area dell’estremo Oriente (dove solo il Giappone aveva avviato programmi di questo tipo nel 2003) si aggiungevano la Repubblica popolare cinese, la Corea del Sud e Singapore. Anche la Russia veniva inserita per la prima volta con una linea di contribuzione; così come il Sud America, con Argentina, Brasile e Messico a sostenere la letteratura latino-americana. Quest’anno presentiamo le iniziative di Kota Buku, un’associazione promossa dal governo della Malesia che fornisce servizi e soluzioni ai protagonisti del mondo del libro e, rientrando in Europa, un altro contributo spagnolo: erogato dall’Institut de la Llengua i la Cultura de les Illes Balears (ILLENC), organizzazione creata e finanziata dal governo delle Isole Baleari.
E l’Italia? Resta la maggior complessità burocratica: gli editori stranieri devono fare i conti da un lato con la riduzione dei contributi, dall’altra con una maggior consapevolezza della necessità di alcuni servizi. E resta il nodo delle risorse: quelle del 2009 erano pari a 219 mila euro; nel 2010 sono scese a 155.600 euro (-29% con 59 opere accettate su 87 richieste pervenute); nel 2015 è stato previsto uno stanziamento di 184 mila euro; nel 2016 di 175.500 euro (ma comprende anche contributi a traduzioni per «doppiaggio e sottotitolatura» di lungometraggi e serie televisive).
Per gli editori italiani, così, l’internazionalizzazione passa oggi sempre più attraverso altri strumenti; il valore del nostro export (diritti + libri italiani venduti all’estero) non supera il 5% del nostro fatturato complessivo, una percentuale bassa rispetto ai valori a due cifre dei nostri Paesi competitori. Il valore, per esempio, passa anche attraverso le coedizioni (oltre un migliaio quelle con editori stranieri nel 2016: il 58% di libri per bambini e ragazzi), o l’implementazione di strumenti tecnologici. Come il sistema TRADUCO sviluppato su misura per la traduzione di un’opera dalla straordinaria complessità come il Talmud, pubblicato da La Giuntina, che richiede non solo decine di studiosi che lavorino contemporaneamente sulle varie parti, ma anche un codice comune che consenta di risolvere in modo omogeneo e coerente gli innumerevoli dilemmi interpretativi posti dal testo originale. Per questo un gruppo di specialisti dell’Istituto linguistico computazionale (Ilc) di Pisa (Cnr), ha messo a punto un programma ad hoc in grado di gestire e armonizzare le traduzioni provenienti dai vari studiosi. O ancora, come il software realizzato da Rotomail per la stampa digitale di libri con formati, copertine e contenuti diversi in un unico treno di produzione, la cui licenza è stata venduta a editori giapponesi e cinesi.
Anche in occasione della pubblicazione di
Premi e incentivi alle traduzioni 2018 chiediamo a editori o traduttori di segnalarci eventuali Paesi, agenzie, associazioni che lavorano in favore dell’erogazione di contributi alle traduzioni. Scusandoci in anticipo per eventuali mancanze, la segnalazione andrà inviata a:
redazione@giornaledellalibreria.it
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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