Dopo la pubblicazione del report
The spoken word audio – che alla fine del 2019 esaminava i comportamenti degli utenti rispetto ai
podcast, l’informazione, lo sport, le «talk radio» e gli audiolibri – Edison Research e NPR tornano a studiare i
«clienti della voce» negli Stati Uniti.
La
release primaverile dell’osservatorio è dedicata infatti a capire
gli effetti del Covid-19 sui formati e i prodotti dell’audio, e a quantificare l’impatto dell’emergenza sanitaria sull’adozione e l’utilizzo delle tecnologie a interazione vocale:
in particolar modo sugli smart speaker.
Il 77% della popolazione statunitense di età superiore ai 18 anni sta vivendo un cambiamento di routine legato alla diffusione (e ai conseguenti tentativi di contenimento) del nuovo coronavirus. Il 41% afferma di trascorrere la stragrande maggioranza del proprio tempo in casa, e di uscire solo per ragioni di conclamata urgenza. Il 54% dichiara di frequentare solo posti in cui si sente sicuro o nei quali ha stretta necessità di recarsi.
Questo confinamento domestico sembrerebbe avere un impatto diretto sulla frequenza con la quale gli utenti utilizzano i comandi vocali per interagire con i propri device: il 52% dichiara infatti ci farlo uno o più volte al giorno dall’inizio della pandemia, contro il 46% di chi lo faceva prima.
Per quanto riguarda gli altoparlanti intelligenti, attualmente un quinto della popolazione statunitense adulta ne possiede uno in casa. Il 36% di loro afferma di utilizzarlo con maggiore intensità dall’inizio dell’emergenza sanitaria per ascoltare musica e contenuti di intrattenimento. Un numero che sale al 52% restringendo il campo ai soli utenti di età compresa tra i 18 e 34 anni.
Cresce ugualmente il consumo di informazione: è il 35% di chi ha uno smart speaker a riconoscere di aver incrementato l’ascolto di news e servizi giornalistici attraverso il device, durante la pandemia. Il 50% tra gli utenti 18-34enni.
Anche nell’emergenza, tra le ragioni che motivano l’utilizzo delle tecnologie ad attivazione vocale primeggia la comodità. Tra quelli che usano gli assistenti vocali, oltre i due terzi affermano che rendono le loro vite più facili. Ed è una modalità di interazione con la tecnologia che tende a diffondersi da strumento a strumento: il 46% di chi oggi ha uno smart speaker afferma infatti di aver iniziato a utilizzare maggiormente anche l'assistente vocale del proprio smartphone. Ma il 59% riconosce comunque autonomia e diversità alle attività compiute attraverso un dispositivo piuttosto che l’altro.
Infine, il 52% di chi non ha uno smart speaker – ma usa già i comandi vocali su altri dispositivi – valuta come probabile o molto probabile l’acquisto di un altoparlante intelligente nei prossimi sei mesi. E, più in generale, è il 34% di chi non ne possiede ancora uno a star seriamente valutando l’acquisto.
I trend crescenti dell’audio, insomma, paiono non arretrare neppure davanti al virus. D’altronde tra virtualità, modelli subscription e ritrovata centralità della dimensione domestica, gli elementi potenziali di successo sembrano addirittura amplificati.
E senza considerare che – nel mezzo di un’emergenza sanitaria che, tra le principali misure di contrasto, ci chiede di mantenere le distanze sociali – gli applicativi di una tecnologia che non richiede contatto fisico possono tornare utili più che mai.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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