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Innovazione

Se manca la cultura della peer review

di L. Gatti notizia del 23 marzo 2012

Con il termine inglese peer review (letteralmente revisione paritaria) si intende quella procedura di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca, che avviene solitamente in ambito universitario, che vengono sottoposti alla revisione e alla valutazione di un gruppo di esperti del settore.
Grazie ad Internet questo genere di pubblicazioni possono comportare dei costi bassissimi quando non addirittura nulli. Ovviamente i problemi della quasi gratuità, dell’attendibilità e del controllo delle informazioni pubblicate sono tra i più discussi quando si parla di peer review.
Mentre la cultura della peer review è particolarmente diffusa e quindi forte negli Stati Uniti, in altri Paesi la pratica è meno comune ed è quindi guardata con maggior sospetto e diffidenza.
Un sondaggio condotto in Russia, dove la cultura della revisione paritaria è molto debole, ha mostrato che, anche tra gli accademici del Paese, avere sul curriculum un numero consistente di pubblicazioni è fondamentale per l’avanzamento in ambito lavorativo visto che il Ministero dell’educazione e della scienza ricompensa la produttività dei professori con aumenti di salario, rinnovo del contratto o promozioni.
Tuttavia la strada più scelta per ottenere queste gratificazioni rimane la pubblicazione a pagamento. Perché? Innanzitutto per non sottoporsi al giudizio e alla valutazione dei colleghi. Per questa ragione il 40% degli accademici russi investe circa un terzo del proprio stipendio per pubblicare le proprie opere.
Ma non si tratta solo di opportunismo. Lo stereotipo condiviso da molti insegnanti di atenei regionali infatti, vuole che le riviste specialistiche più conosciute e diffuse a livello nazionale non pubblichino i loro articoli, non importa quanto innovativi essi siano. Per alcuni di questi professori la diceria è spesso confermata dall’esperienza negativa di qualche rifiuto. La realtà delle cose è che gli scritti che vengono respinti spesso non sono così buoni come credono i loro autori e soprattutto la peer review non funziona nelle piccole università di provincia dove gli accademici, non essendo abituati a questo genere di pratiche, generalmente non si fidano del processo. Inoltre la revisione tra pari ha senso solo se la selezione del materiale da pubblicare avviene in base alla qualità, tuttavia questo criterio in Russia non è sempre seguito. Molte riviste si limitano ad accettare il materiale che ricevono senza condurre le opportune verifiche ma accontentandosi semplicemente di ottenere un immediato tornaconto economico.

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