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Innovazione

L’intelligenza artificiale sostituirà gli influencer?

di Elisa Buletti notizia del 26 marzo 2024

Ormai da qualche tempo, un nuovo fenomeno sta catturando l’attenzione e rimodellando il panorama del marketing digitale: gli influencer generati dalle intelligenze artificiali. Già lo scorso anno, nel suo report sui trend della comunicazione digitale, Buzzoole individuava tra le tendenze in crescita i creator virtuali e segnalava che le nuove generazioni li considerano interessanti al pari dei colleghi in carne e ossa. Ma avranno mai la stessa efficacia?

Andiamo con ordine. Gli influencer virtuali sono personaggi creati grazie alla convergenza tra diverse tecnologie e discipline – tra le quali l’intelligenza artificiale, la grafica digitale, la realtà aumentata, il motion capture, il machine learning – che, in continua evoluzione, consentono di plasmare individui sempre più realistici ed espressivi, in grado di generare contenuti e interazioni con il proprio pubblico. Lavorano sui social network e ricevono un compenso grazie alle collaborazioni con le aziende che li ingaggiano per creare foto e video che sponsorizzino prodotti o servizi.

Che siano frutto del lavoro di team composti da poche persone o di grandi aziende specializzate, anche gli influencer virtuali – al pari degli esseri umani – hanno un’identità, una storia, una personalità, uno stile e valori che li rendono unici e riconoscibili.
Tra i più famosi, oggi, al primo posto c’è Lil Miquela, una star da oltre 2,7 milioni di follower su Instagram, nata nel 2016 per opera della società di Los Angeles Brud, che si occupa di intelligenza artificiale e robotica. Esiste anche Imma, influencer giapponese, generata dalla società di Tokyo Aww, o ancora le top model Shudu e Aitana Lopez, quest’ultima in grado di incassare circa diecimila dollari al mese grazie alla sua attività social.
Non mancano gli esempi italiani: Nefele è una delle prime influencer virtuali nate in Italia – dall’idea di tre giovani torinesi, Filippo Boschero, Laura Elicona e Luca Facchinetti – con la peculiarità di celebrare la bellezza dell’imperfezione, facendosi portavoce di temi come la diversità, l’inclusione e l’empowerment femminile. Rebecca Galiani, altra influencer creata da un team di italiani, ha invece la particolarità di riuscire a chattare contemporaneamente con diversi follower.

Questi personaggi possono nascere da diverse fonti di ispirazione, come protagonisti di videogiochi, fumettifilm o serie TV, oppure da modelli umani reali. Curioso è il caso della piccola Ellen: l’agenzia pubblicitaria Kurio ha utilizzato l'intelligenza artificiale per creare il suo personaggio a partire da un libro per bambini, su commissione di Helen Energy – una delle più grandi aziende energetiche finlandesi –, con lo scopo di sensibilizzare la popolazione sul tema della crisi energetica e delle trasformazioni green. Con l’aiuto del fotografo e artista digitale internazionale Antti Karppinen e l’illustratrice del libro, Eveliina Saarentaus, Kurio ha alimentato l’intelligenza artificiale con le illustrazioni di Ellen e creato un codice che la raffigura come una bambina di sette anni dai capelli blu.

A prescindere da come nascano e per quali ambiti vengano impiegati gli influencer virtuali, è indubbio che la rapida trasformazione del panorama digitale stia portando con sé dei cambiamenti per il mondo dell’intrattenimento nella sua interezza, legati all’evoluzione dei contenuti e al modo in cui gli utenti ne fruiscono. Sorge spontanea la domanda: abbiamo ancora bisogno del coinvolgimento umano? 
Se, da un lato, le entità digitali rappresentano un mezzo di influenza rivoluzionario, in grado di trascendere le barriere linguistiche, creare rapidamente contenuti e fornire un’opportunità unica di comunicazione aperta, d’altro canto – rovescio della medaglia –, gli influencer virtuali spesso inseguono standard di bellezza irrealistici imposti dalla società e sollevano preoccupazioni etiche, soprattutto quando a generarli sono team di persone con esperienze e background diversi dal personaggio creato.

In termini di collaborazioni con le aziende, i vantaggi dell’impiego di influencer virtuali permettono un maggior controllo da parte dei marchi – che possono, ad esempio, determinarne l’aspetto, le opinioni e i contenuti –, generando così personaggi che si adattino ai valori e agli obiettivi dell’azienda e che garantiscano un messaggio coerente. Inoltre, non c’è limite alla creatività nello storytelling: i creatori possono collocare i propri influencer in una varietà di ambientazioni e narrazioni pressoché infinite, che affascinano il pubblico e portano a tassi di coinvolgimento elevati.
Tuttavia, sebbene l'intelligenza artificiale offra efficienza e automazione, attualmente fatica a replicare le emozioni autentiche, le esperienze soggettive e le intuizioni creative degli esseri umani, così come la capacità di comprendere le sfumature del contesto e rispondere ai cambiamenti dinamici delle tendenze e delle preferenze del pubblico.
Autenticità, spontaneità e un rapporto con la propria community sono aspetti chiave nella creazione di contenuti: gli influencer virtuali possono solo simulare esperienze di vita, emozioni e interazioni e questa assenza di realtà potrebbe portare a una mancanza di connessione genuina con il pubblico, che spesso costituisce la base della fiducia nelle relazioni influencer-utente. È un elemento evidenziato nello studio pubblicato su Nature: «gli influencer virtuali sono efficaci nel costruire l'immagine del marchio e aumentarne la consapevolezza, ma non hanno il potere persuasivo necessario per motivare le intenzioni di acquisto a causa della mancanza di autenticità e delle deboli relazioni parasociali con i propri follower».
Tutto ciò crea una distanza che, come esseri umani, probabilmente continueremo a percepire.

© Immagine in header tratta dal profilo Instagram @energiaellen

L'autore: Elisa Buletti

Laureata in Lettere all’Università degli Studi di Verona, ho conseguito il master Booktelling, comunicare e vendere contenuti editoriali dell’Università Cattolica di Milano che mi ha permesso di coniugare il mio interesse per i libri e l’intero settore editoriale con il mondo della comunicazione digital e social.

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