
Qualche tempo fa avevamo usato la metafora dei
«regni combattenti» per parlare della lotta senza esclusione di colpi che per lungo tempo ha visto i big player internazionali - Amazon, Google, Apple e Kobo - contendersi mercati e utenti su scala globale. Ormai pressoché stabilizzatasi la posizione dei vari operatori almeno sui principali scacchieri, il conflitto pare essersi spostato su un altro livello, come testimoniano le
alterne vicende che hanno visto protagonista Amazon quest’estate.
L’
ultimo aggiornamento, in ordine di tempo, viene dal
Giappone dove il retailer di Seattle ha introdotto un nuovo criterio di classificazione per gli editori distribuiti: a incidere non sarà più solo il volume del catalogo ma anche il
tasso di sconto che le case editrici concorderanno con il retailer. Grazie a queste nuove linee,
i titoli degli editori «paganti» saranno quindi posizionati meglio rispetto a quelli di chi non paga, e tanti saluti ad algoritmi, metadati e servizio personalizzato al cliente.
Molti editori, tra cui alcune grandi case editrici, hanno naturalmente protestato, definendo la nuova politica di Amazon
una forma di «ricatto» che sfrutta la posizione dominante dello store, ma i rappresentati di Amazon.co.jp si sono trincerati dietro la consueta posizione che vieta di commentare i «singoli contratti».
Dopo USA ed Europa sembra dunque essere la volta dell’Asia. Tutto è iniziato, lo ricordiamo, con
la vicenda Hachette lo scorso maggio, quando il più importante store di e-commerce americano ha iniziato a rendere difficile la prevendita e la vendita degli e-book di autori dell’editore francese allo scopo di forzargli la mano verso sconti più consistenti sui prezzi pattuiti.
A nulla è valso il fuoco di fila di critiche che Amazon ha collezionato a livello globale e neppure la
presa di posizione degli scrittori che in 900 (tra cui alcuni big come Paul Auster, Donna Tartt, Stephen King, John Grisham e Jeffery Deaver) sono scesi in campo
con una lettera di denuncia pubblicata in agosto sul «New York Times».
Nel frattempo a giugno, quello che sembrava un caso eccezionale, ha iniziato a configurarsi come una
prassi consolidata nella relazione (sbilanciata) tra Amazon e i propri fornitori, in questo caso gli editori (anche se problemi analoghi li hanno avuti Lego e Disney).
Ad essere coinvolto dopo Hachette è stato l’editore tedesco
Bonnier, sottoposto alle medesime pressioni del primo e a ritardi nella consegna dei propri libri a stampa con l’obiettivo di strappare sconti più consistenti per la vendita degli e-book. L’associazione tedesca degli editori e dei librai ha presentato un
reclamo ufficiale contro Amazon alla Bundeskartellamt, l’autorità federale antitrust e gli autori tedeschi, svizzeri e austrici hanno pubblicato
una lettera rovente contro il nuovo corso inaugurato dal retailer.
Sempre a giugno è stata la volta degli
editori inglesi di preoccuparsi quando il «The Bookseller» ha riportato la notizia che Amazon avrebbe introdotto una serie di
nuove clausole nei contratti con gli editori, tra cui una in particolare dedicata ai libri esauriti presso l'editore che Amazon vorrebbe essere messa in condizione di fornire ai clienti attraverso i suoi servizi di print-on-demand.
Sebbene non si possa negare che gli editori siano, in qualche misura, tributari ad Amazon per l'esplosione del mercato digitale (ma anche per la vendita dei libri cartacei on line), è chiaro come la creatura di Bezos abbia superato il limite dei corretti rapporti commerciali. Fino a dove si spingerà prima di intaccare irrimediabilmente la propria reputazione con fornitori e utenti, solo i prossimi mesi potranno dircelo. Chissà se nel frattempo gli editori europei prenderanno una posizione comune sulla questione.