Il 18% delle vendite di diritti di traduzione all’estero nel 2023 è stato totalizzato da case editrici sotto i 5 milioni di euro di venduto nei canali trade. Il numero medio di contratti stipulati per questi editori è di 3 titoli (5 per gli editori tra 500 mila e 5 milioni di euro di venduto 2 per gli editori sotto i 500 mila euro), contro i 34 dei gruppi editoriali o editori sopra i 5 milioni di euro di venduto. La vendita di diritti all’estero è un’attività che è praticata dal 92% degli editori sopra i 5 milioni di euro di venduto o appartenenti ai gruppi, dal 58% degli editori con un venduto nei canali trade tra 500 mila euro e 5 milioni, dal 27% degli editori con un venduto nei canali trade sotto i 500 mila euro.
Allo stesso tempo, però, gli editori sotto i 5 milioni di euro di venduto hanno saputo ritagliarsi fette di mercato più grandi in settori specifici come i libri di argomento religioso (siglano il 72% di tutte le vendite di titoli all’estero in questo settore), libri per bambini e ragazzi (32%), libri d’arte e illustrati (19%). Come aree geografiche di riferimento, tali editori sono forti soprattutto nell’area Pacifico (60% dei contratti stipulati in questa area geografica), Sud America (26%) e Asia (26%). Cina, Polonia e Francia sono in particolare i Paesi dove i piccoli vendono di più.
L’approfondimento sugli editori suddivisi per fascia di venduto, sulla base dei dati dell’
Osservatorio sui diritti che AIE conduce fin dal 2001, e che stima nel 2023 i contratti per la vendita di diritti di traduzione pari a 7.838 (9.328 invece gli acquisti), è stato presentato oggi a Roma a Più libri più liberi da Giovanni Peresson (Ufficio studi AIE), durante l’incontro
Quali politiche pubbliche per la vendita di diritti dopo la Buchmesse? al quale sono intervenuti, moderati da
Paola Seghi (AIE),
Marco Bo (Codice edizioni),
Maria Lucia Martorelli (ICE-Agenzia),
Laura Pugno (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, MAECI) e
Andreina Speciale (Il Castoro).
Qui l'indagine completa.
ICE è quotidianamente impegnata nell’organizzazione di tante attività di supporto all’internazionalizzazione, ha raccontato Maria Lucia Martorelli, «ma difficilmente riusciamo poi a valutare i risultati del nostro lavoro, quindi grazie ad AIE per questi dati e questo confronto». Il lavoro di ICE, tradizionalmente rivolto alla tutela degli interessi della piccola e media impresa italiana, si conferma anche in ambito editoriale: «siamo qui proprio per aiutare i piccoli e medi editori e lo facciamo operando su due direttrici. Accompagnandone la partecipazione alle fiere estere e favorendo l’incoming in Italia degli operatori stranieri. Il nostro obiettivo è che un numero sempre crescente di case editrici partecipi alle nostre iniziative».
Sul versante editoriale, Andreina Speciale ha osservato quanto l’esperienza del Castoro confermi la convergenza a tendere mostrata dai dati, negli ultimi vent’anni, tra la curva dei diritti venduti e quella dei diritti acquistati dalla casa editrice: «dimostra che il settore è cresciuto, ma anche che è stato supportato in questa crescita». Speciale si sofferma poi sull’incidenza della lingua di traduzione nei processi di propagazione internazionale del contenuto editoriale. «Nei piccoli editori spicca la mancanza di contatto con gli editori di lingua inglese, segnatamente statunitensi, perché approdare in quel mercato richiede più costanza, più presenza e più risorse». Infine, ritornando alle curve in avvicinamento di import ed export, Speciale conferma il rallentamento e l’assestamento degli anni post pandemici, spiegandoselo in termini di localizzazione e globalizzazione. «Da un lato, anche saltando le fiere, le grandi aziende statunitensi arrivano sui mercati internazionali con una velocità che lascia poco spazio agli operatori più piccoli. Dall’altro, in tanti Paesi si prova a coltivare l’autorialità locale, provando anche a rendersi appetibili sul mercato internazionale dei diritti». Certo, chiosa Speciale, fare editoria in lingua italiana morde come una tenaglia: «il supporto pubblico alle traduzioni è irrinunciabile. Ci sono già molte azioni, e molto efficaci, in campo, a partire dai grandi bandi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e del Centro per il libro e la lettura, entrambi fondamentali». Copiando dai Paesi vicini, suggerisce ancora, si potrebbe lavorare sul preparare gli editori all’incontro con le case editrice estere, con matchmaking e studi di settore: «i nostri vicini francesi hanno un ente che si occupa di questo e che periodicamente realizza focus sulle diverse editorie mondiali per supportare l’internazionalizzazione delle sue case editrici. Ecco, potrebbe essere un’idea utile per potenziare il soft power dell’Italia e portarlo al top».
Guardando ai Paesi in cui i piccoli editori riescono a vendere più diritti, Marco Bo conferma le tendenze emerse dall’Osservatorio AIE raccontando l’esperienza positiva di Codice in Cina. «Lì siamo ben rappresentati da una subagenzia che ci ha fatto vendere davvero molti titoli rispetto alla nostra produzione e dimensione». D’altronde, conviene con Speciale, è fondamentale avere degli interlocutori che abbiano la capacità di leggere in italiano: «la traduzione in inglese aiuta molto, ma nei Paesi più difficili, e gli Usa sono l’emblema, avere un lettore che legge in italiano è il fattore che fa la differenza». Rispetto, poi, ai contributi pubblici alle traduzioni, anche Bo li giudica fondamentali, aggiungendo che «una mano sulla traduzione ponte in inglese può essere un aiuto molto concreto per la piccola e media editoria».
Durante l’incontro di oggi in fiera sono state presentate per la prima volta le elaborazioni dei dati sull’utilizzo dei fondi pubblici per le traduzioni. Nel 2023, grazie ai bandi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e a quelli del Centro per il libro e la lettura che valgono circa un milione di euro l’anno, sono state finanziate 546 traduzioni di titoli italiani all’estero, contro le 442 del 2022 e le 392 del 2021. Il 61% delle traduzioni finanziate nel 2023 riguarda romanzi, il 21% saggistica, il 16% libri per bambini e ragazzi, il 2% fumetti. Gli editori che hanno avuto accesso ai finanziamenti sono 103. In più della metà dei casi, ovvero il 52%, si tratta di editori fino a un milione di euro di venduto nei canali trade. Nel 13% dei casi sono editori con vendite tra un milione di euro e cinque milioni di euro.
«Negli ultimi anni – conclude Laura Pugno – c’è stata una grandissima crescita di consapevolezza rispetto all’importanza del comparto editoriale nell’ambito delle industrie creative, in Italia e altrove. Certo, in questo momento, il ruolo assolto dalla struttura pubblica dei contributi alle traduzioni inizia quando c’è già un accordo in essere tra una casa editrice italiana e straniera». In che modo il sistema pubblico e privato possano cooperare per far scoccare «l’ora dell’incontro» tra operatori locali e stranieri, continua Pugno, potrebbe essere la domanda giusta da lanciare per orientare l’immediato futuro.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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