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Editori

Vivere i libri sui social media

di Mafe de Baggis notizia del 23 giugno 2020

Partiamo da un paradosso: sui social media si parla moltissimo di libri, al punto da chiedersi se ci siano molti più lettori di quanto pensiamo oppure, se si è maligni, se molti passino più tempo a parlare delle proprie letture che a leggere. Sono vere entrambe le cose ed è ancora più vera una terza: i libri sono amati  anche da chi non li legge (ma magari li compra). È anche per questo che per far entrare un libro nell’immaginario dei lettori è sempre più importante farli vivere anche sui social media, attività molto meno meccanica di quanto si possa pensare.

I social media sono un ambiente da frequentare, non un canale su cui comunicare. Possono essere usati anche come canale, un po’ come quando si sponsorizza un evento sportivo o un party, consapevoli però di rinunciare così alla maggior parte degli effetti di questo particolare tipo di comunicazione.

Se è una parte a cui non vuoi rinunciare, il 2 luglio AIE dedicherà un webinar all’argomento. Lo terrò io e avremo la possibilità di entrare un po’ più nel dettaglio. Intanto, partiamo dai fondamentali.


Parlare a, parlare con

Io posso scegliere di parlare ai miei lettori, ai librai, ai giornalisti, ai book blogger su Facebook, Instagram, Pinterest o YouTube, senza socializzare con loro. Vale la pena di farlo, perché i social media funzionano benissimo anche come spazi pubblicitari, però di solito, quando si parla di usare i social media per comunicare i libri, si pensa ad altro. Si pensa cioè a una conversazione, anche se un po’ diversa da quella che avviene a una cena o in un bar.

Se decido di parlare con i miei lettori, i librai, i giornalisti, i book bloggers, con gli editori e con gli altri autori, con chi non legge mai e con chi non mi leggerebbe mai, devo spostare l’attenzione dalla comunicazione al confronto e aver voglia di farlo. Il più possibile in prima persona, a meno di non avere un agente o un assistente che ci conosca meglio di noi, al punto di poterci impersonare. Caso abbastanza raro e anche molto costoso. I social media hanno senso perché, come la scrittura, richiedono più impegno e passione che soldi e strumenti (che comunque non guastano).

Quindi: come affrontare questi ambienti nel modo migliore, magari lasciando perdere se proprio non fa per te?


1. Scegli un ambiente che ti piace e inizia seguendo persone che ti piacciono
È facile farsi prendere dall’ansia del fare tutto, sempre e comunque. È invece normalissimo sentirsi fuori posto in un ambiente (per me Youtube) e molto a proprio agio in un altro (per me Twitter), non trovare nessuno interessante dove sembrano esserci tutti (Facebook) e deliziarsi con persone straordinarie dove i numeri sembrano bassi (Pinterest), dare per scontato che visto che per lavoro si scrive un blog sia l’ideale e invece scoprirsi felici nell’esprimersi per immagini su Instagram. Curiosa un po’, fidati del tuo istinto, accomodati dove ti senti più a tuo agio. E per scegliere chi seguire usa la qualità del contenuto, non il ruolo, la relazione o l’utilità.

2. Immergiti in questo ambiente come nella scrittura
Hai presente quelle persone che si fanno vive solo quando hanno bisogno di qualcosa? Ecco, molto spesso autori, politici, artisti o imprenditori usano i social media così. Scompaiono, non rispondono, magari disattivano l’account, per poi rifarsi vivi quando sta per uscire un libro. Questo è sbagliato da tanti punti di vista: è maleducato, poco efficace e soprattutto significa che non sei mai davvero entrato a far parte della conversazione, perché quando entri ti piace e se ti piace ti manca. Questo vuol dire che sei condannato o pubblicare qualcosa tutti i giorni e a rispondere subito a tutti? No. Tra opportunismo (farsi vivi solo quando interessati) e naturalezza (esserci quando si può) c’è una bella differenza. Chi è dentro lo sa, a volte si scompare per giorni, soprattutto per concentrarsi sulla scrittura, ma sei dentro per davvero una capatina per salutare ti viene voglia di farla.

3. Parla di libri, non dei tuoi libri
Il consiglio più ovvio, eppure il più difficile. Prova a curiosare negli account degli editori: i più bravi consigliano anche i libri belli degli altri. Siamo qui, tutti, perché ci piace leggere. Vendere i nostri libri è un gradevolissimo effetto collaterale, che si verifica solo quando non cerchi disperatamente di farlo.


Insomma, se per te chiacchierare (sui social media) è come andare dal dentista, lascia perdere. Se parleresti per ore di quel che ti appassiona, ma non hai sempre voglia di uscire e di vedere gente, sei nel posto giusto. E se ogni tanto hai voglia di uscire e vedere gente scoprirai quanto spesso le persone nascoste dietro uno schermo hanno voglia di incontrarsi: alle presentazioni, ai festival letterari o semplicemente per un caffè. Perché quello che conta è la conversazione, non lo strumento.

L'autore: Mafe de Baggis

Creativa, communication designer, digital strategist e formatrice. 50 anni, libera professionista, ho dedicato la mia carriera di studiosa e consulente ai media digitali, visti come parte integrante della realtà quotidiana di aziende e persone. Dal 1995.

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