Per Uppa l’edizione 2019 di Più libri più liberi è stata la prima da espositore. Il comparto libri di questa casa editrice specializzata nei temi dell’infanzia e dell’accudimento del bambino ha inizio appena un anno fa, ma la sua storia ha più di quindici anni: il magazine Uppa è una rivista bimestrale nata all’interno di un gruppo di lavoro di pediatri e oggi distribuita negli ambulatori del Servizio Sanitario Nazionale. Negli anni si sono poi aggiunti i contenuti sul sito Internet, la gestione dei social – la loro pagina Facebook conta oltre 250 mila like -, «ma il grande salto è stato quando abbiamo realizzato gli ultimi prodotti: l’inserto per bambini, Upplà, e i libri», ci dice Lorenzo Calia, Ceo di Uppa. Che in fiera ha parlato di come la sua casa editrice abbia venduto 15 mila libri nel primo anno di attività, con appena una decina di titoli a catalogo.
Uno dei punti di forza di Uppa è sicuramente la serietà e l’affidabilità dei contenuti, garantite da un team di professionisti della medicina e dell’educazione e dall’adesione a standard di informazione medica.
Certo, con una specifica: il nostro punto di forza è che il team è multidisciplinare, sia sul piano del contenuto – i nostri autori vengono dalla psicologia, dalla pediatria, dalla pedagogia, dal mondo della scuola –, sia sul piano editoriale e delle competenze tecniche, da chi sviluppa il sito, a chi si occupa della grafica o dell’illustrazione. Il team di Uppa è multidisciplinare a tutto tondo.
Tutti i contenuti della rivista sono sottoposti a peer review, proprio come in una pubblicazione scientifica: un comitato scientifico revisiona gli articoli e si assicura che l’informazione sia il più possibile adeguata, corretta e comprensibile, anche per un pubblico generico.
Lo staff di Uppa in trasferta a New York
Lucio Piermarini di Uppa incontra i genitori alla Triennale di Milano
Immagino farete anche una valutazione su Più libri più liberi; che cosa vi aspettate, che cosa vorreste, a quale risultato guardate?
Partecipiamo a Più libri più liberi per farci conoscere anche dai nostri colleghi editori, per capire meglio le differenze fra noi e loro e che cosa possiamo imparare a vicenda, e per fare rete. Ovviamente possiamo incontrare i nostri lettori, ma, più che per vendergli i nostri libri, per stabilire un contatto, una relazione, per consolidare ancora di più il senso di community. I nostri lettori scelgono di leggerci perché siamo proprio noi a scrivere; l’accudimento del bambino è una tecnologia ancora più vecchia del libro, su cui non ci siamo inventati nulla, ma abbiamo il nostro approccio per parlarne e una comunità di persone che si fida di noi.
Parlando di libri, come va la narrativa? Rispetto all’informazione e alla saggistica, da cui prendete le mosse, è un bel salto.
Abbiamo la lettura per l’infanzia nel nostro DNA: siamo nati dallo stesso substrato di Nati per leggere e sosteniamo la promozione della lettura, da quella ad alta voce in poi.
Stiamo sperimentando la letteratura per bambini, attraverso il nostro brand Cacomela; sono pochi titoli – stiamo muovendo i primi passi – ma, come qualunque altro prodotto editoriale, devono essere di qualità. Prevediamo di sviluppare molto di più il brand, in futuro; non abbiamo ancora molta esperienza, ma facciamo molta formazione interna, partecipiamo alle fiere, studiamo cosa succede nel settore.
E cerchiamo di avere una nostra chiave innovativa quando facciamo un libro per bambini: vorremmo veicolare sempre un messaggio educativo, in linea con il resto della nostra proposta, affrontando temi che vanno dalla valorizzazione della diversità all’importanza di rallentare per osservare ciò che ci circonda.
Dopo essermi laureato in Lettere all’Università degli Studi di Milano, ho intrapreso il master in Editoria di Fondazione Mondadori, Unimi e AIE. Oggi collaboro presso la redazione del Giornale della Libreria e l’Ufficio studi di AIE, dove approfondisco il mio interesse per il mondo dei libri e della cultura, soprattutto nei suoi aspetti sociologici e di mercato.
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