
«Nei social network le aziende non dovrebbero prefiggersi lo scopo di comunicare: ci si sta per ascoltare, per condividere esperienze, per discutere». Inizia così l’intervista a
Stefano Jugo, di professione bot ovvero, con un gioco di parole, colui che si occupa di gestire e rispondere agli oltre 117mila follower di Einaudi Editore (e
fra i 50 Twitter italiani da seguire secondo Wired). Chi frequenta i social network in cerca di consigli letterari, commenti sulle nuove uscite o semplicemente vuole restare connesso con il mondo della cultura ha da tempo affiancato alla lettura delle pagine culturali dei quotidiani e alle trasmissioni tv l’abitudine a cercare su Twitter, in particolare, e sui social, in generale, ciò che di nuovo si dice, in tempo reale, nella Repubblica delle lettere.
Jugo non è stato il primo né l’unico ad occuparsi di questo aspetto – sono moltissimi gli editori piccoli e grandi che, interagendo, stimolano le discussioni proponendo hashtag che spesso finiscono trend topic – ma senz’altro può essere considerato una voce autorevole in materia (
l’intervista completa sarà pubblicata nel numero di maggio del Giornale della libreria).
Il profilo Einaudi di Twitter è stato aperto nel settembre 2009. Quali sono stati i cambiamenti e le dinamiche più interessanti che hai avuto modo di osservare fino ad oggi?
Il numero degli utenti è aumentato moltissimo e ormai Twitter è diventato di uso comune anche in Italia. Al di là di qualche difficoltà in più a tenere discussioni ordinate e a usare gli hashtag come si deve,
il gioco vale senz’altro la candela: notizie, opinioni, dichiarazioni si mescolano in quello che assomiglia sempre di più, come aveva detto qualche tempo fa il giornalista Francesco Longo, a uno
stream of consciousness collettivo.
Oltre 117.000 follower: solo lettori forti della casa editrice o anche tanti curiosi?
Su Twitter
non parlo solo dei libri Einaudi, ma di cultura in generale: la speranza è che interessi a un pubblico più vasto di quello dei lettori affezionati a questa casa editrice. E che magari qualche lettore in più si affezioni.
È possibile in qualche modo quantificare il ritorno sulle vendite con questo tipo di comunicazione?
Twitter e i social network in generale permettono di
focalizzare efficacemente l’attenzione sulle uscite di alcuni titoli importanti
senza i grossi costi che si sosterrebbero con campagne marketing più tradizionali, magari centrate di più sull’adv. I social network sono poi il luogo dove ormai si svolge una parte rilevante della conversazione sui libri e quando si genera quel misterioso fenomeno che si chiama
passaparola, noi siamo lì ad amplificarlo. Non so quante centinaia di foto di
Open postate da chi ha comprato il libro ho ritwittato nell’ultimo anno!
Ma il successo del libro di Agassi non è nato sui social network, bensì sulla carta stampata: Baricco aveva inaugurato proprio con
Open una serie di articoli su «Repubblica» in cui raccontava i 50 libri più belli che aveva letto negli ultimi 10 anni. Poi altri personaggi, tra cui Valentino Rossi e Jovanotti, ne hanno parlato su Twitter e poi tanti altri lettori hanno cominciato a discuterne sui social. E non hanno ancora smesso!
Quali commenti ricevi dai follower? Apprezzamenti, commenti negativi, segnalazioni di refusi? Esiste una policy per rispondere alle critiche?
Di tutto. A volte i follower mi segnalano per primi le notizie che sanno che mi interessano; ultimamente
abbiamo anche
deliberato la ristampa di un titolo su richiesta dei follower (
I ferri del mestiere di Fruttero e Lucentini) e poi, certo, commenti, richieste, recensioni, critiche: nei limiti della buona educazione cerco di rispondere a tutti e ritwitto anche recensioni negative, se penso che possano servire alla discussione.
Dal 2012 anche Pinterest: a un anno di distanza, bilancio positivo?
Pinterest è molto interessante: allarga gli orizzonti dei libri e permette di
condividere esperienze con i lettori. Anche se il numero di utenti italiani non è ancora molto grande, attraverso Twitter lo uso sempre con profitto. Mi ha fatto piacere quando di recente un libraio indipendente torinese mi ha detto che usava le bacheche Pinterest Einaudi per incuriosire i clienti e vendere libri.