
Qualche giorno fa
il Post, nella sua rinnovata sezione
Libri, proponeva
un articolo sui best seller dell’editoria scolastica italiana, intervistando Massimo Bergamini: «tra gli adolescenti più famoso di Vasco Rossi».
L’ex professore di matematica, nel 1997 pubblicava con Zanichelli il suo primo manuale, al quale, nel corso degli anni, sono seguite nuove edizioni, arricchimenti, eserciziari integrativi e versioni modulari: il tutto moltiplicato per geometria, algebra e statistica.
Nei commenti all’articolo del Post, alcuni lettori hanno cominciato a chiedersi, rispolverando una diatriba piuttosto stantia, come mai in Italia escano edizioni sempre nuove di libri di testo relativi all’insegnamento di materie «vecchie» e percepite come statiche.
Nella conversazione è intervenuto
Giuseppe Ferrari, direttore editoriale della Zanichelli nonché editor di Bergamini fin dal 1991, che con un
commento pacato e cristallino ha esposto il punto di vista dell’editore sulla faccenda.
«[…] Perché si pubblicano nuovi libri di matematica quando la matematica che si insegna è più o meno la stessa? Perché (1) cambiano i programmi e le prove di esame, (2) cambiano le richieste su cosa si deve imparare, (3) cambia il modo di imparare. Questo sulla carta, poi c'è il digitale dove c'è una rivoluzione in corso.
Noi facciamo una nuova edizione di un libro in media ogni 4-5 anni, a meno di riforme (caso 1). E ci diamo come regola che in ogni nuova edizione ci sia almeno il 20% di cambiamento. Che cosa cambia? Per esempio, nelle ultime edizioni del Bergamini ci sono più esercizi sulla matematica intorno a noi con meno calcolo e più concetti, come è richiesto dalle prove PISA (caso 2). Poi cambia il linguaggio (periodi più brevi), la formattazione del testo (testi più segmentati e con più titoli), la grafica e le immagini (caso 3). Basta confrontare un quotidiano di oggi con uno di cinque anni fa per capire che tutti noi (non solo i ragazzi) leggiamo e impariamo in modo diverso. Per usare la metafora di Bergamini,
per giocare bene a tennis è meglio giocare con una racchetta nuova. Forse non è un caso che nei test PISA del 2012 abbiamo guadagnato 20 punti rispetto al 2003».
Un esempio di buona comunicazione quello offerto da Ferrari, che mostra come l’editoria possa partecipare – anche per condividere e raccontare il lavoro editoriale e per ribadirne la centralità nel sistema di produzione dei contenuti culturali – alle dinamiche dialogiche attivate dagli utenti sui social media e sul web.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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