«In Italia troppo spesso la memoria viene cancellata o distorta. Come casa editrice attenta alle tematiche dei diritti civili e sociali, sentiamo la responsabilità di tutelarla». Luca Leone, co-fondatore e direttore editoriale di Infinito Edizioni, individua nella costruzione e nella difesa della memoria una delle missioni principali della casa editrice, nata diciotto anni fa. «Questo momento storico è particolare, senza dubbio» dice Leone, «ma sentiamo questa responsabilità fortissima non da ora, ma da quando siamo nati. E le opere che abbiamo pubblicato sono lì a testimoniare il peso di questo impegno».
Quanto è complicato fare un lavoro simile in Italia?
Viviamo in un Paese in cui si fa poca memoria, e quando viene fatta viene strumentalizzata a fini personali e personalistici. Nel nostro piccolo lavoriamo perché la memoria non venga cancellata o deformata. Le nuove generazioni devono crescere con la consapevolezza di quello che è stato. Il lavoro sulla Bosnia Erzegovina è esemplificativo del tentativo di lasciare un segno e, al tempo stesso, di dare un segnale. Poi ti ritrovi davanti a quello che sta succedendo in Ucraina, e ti senti piccolo, impotente. Da giornalista ho toccato con mano cosa fa una guerra. Ho camminato nelle fosse comuni della Bosnia Erzegovina, ho visto donne stuprate. Abbiamo il dovere di impegnarci affinché la memoria resti intatta nel tempo.
Infinito Edizioni nasce nel 2004. Quali sono stati i punti di svolta nella storia della vostra casa editrice? E quali i punti di forza del vostro catalogo?
Fin dall’inizio abbiamo lavorato su tematiche legate a diritti sociali e civili e alla politica internazionale con un taglio giornalistico e di reportage. Nei primi tempi abbiamo avuto la fortuna di pubblicare titoli che hanno fatto da volano per la nostra casa editrice. Penso a Srebrenica, i giorni della vergogna, che ha venduto più di 15 mila copie, ma anche a Il rumore dell’erba che cresce di Marco Scarpati, a Questo mondo un po’ sgualcito di Andrea Camilleri, o a Il cielo in una stalla di Erri De Luca. Accanto ad autori affermati o esordienti, siamo riusciti a portare altre voci di altissimo spessore, cosa che ci ha permesso di aumentare la visibilità della casa editrice. Oltre a ciò c’è la grande soddisfazione di conoscere autori incredibili. Conoscere Camilleri, per esempio, è stata una tappa fondamentale anche dal punto di vista umano. Da un punto di vista della distribuzione, la svolta è stata l’arrivo in Messaggerie, che ci permettono una grande penetrazione di mercato.
Cosa significa per la vostra casa editrice partecipare a Più libri più liberi?
Da quando abbiamo messo piede a Più libri più liberi non abbiamo perso un solo appuntamento. È una fiera che ha un significato particolare, è un luogo di identità ed espressione per la piccola e media editoria, uno dei pochissimi eventi dove è possibile essere visibili e rappresentati in Italia. C’era stata una piccola flessione, poi il passaggio alla Nuvola ha segnato l’inizio di una nuova primavera. Ora, ogni anno la fiera si conferma come sempre più importante. Ormai è l’unica manifestazione a cui abbiamo la certezza di partecipare. Si tratta di un luogo di grandi prospettive per il settore, e vorremmo una attenzione sempre maggiore da parte delle istituzioni verso la piccola editoria.