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Editori

L’imprenditore visionario tra editoria, distribuzione e librai. Dieci anni senza Luciano Mauri

di Giovanni Peresson notizia del 15 dicembre 2015

Dieci anni fa moriva Luciano Mauri.
I ricordi comparsi sulla stampa hanno ricordato della sua figura la dimensione imprenditoriale nello sviluppare il principale gruppo della distribuzione in Italia, nel creare quello che diverrà – sotto la guida di Mario Spagnol e del figlio Stefano – il terzo (o secondo) gruppo editoriale italiano, e soprattutto la sua «figura mitica» trasmessa attraverso i racconti di chi l’ha conosciuto, che ha spinto molti a diventare librai e a frequentare la Scuola sin dalla prima edizione, nel 1984. Oppure il «maestro di vita» capace – lui che coordinava gli interventi nelle lezioni della Scuola a Venezia – di riassumere in due minuti una lezione di un’ora. Il suo «ottimismo» e la sua «concretezza».
Vorrei invece ricordarlo per un altro aspetto. Quello della sua «visionarietà». Visionarietà intesa come capacità di vedere e di guardare oltre il contingente e l'immediato, che è qualcosa di più dell’indispensabile «set tecnico» che in questi anni la Scuola ha fornito: «L’intento di far fronte alla profonda trasformazione in corso nel commercio librario [che stava avvenendo nella metà degli anni Ottanta], nella consapevolezza del fatto che il mestiere del libraio necessita costantemente di nuovi strumenti tecnici, organizzativi e conoscitivi [per] ridefinire – sono sempre parole sue – la figura professionale del libraio, adeguandola ai nuovi ritmi della produzione del libro, formandola su strumenti di analisi e metodi innovativi e aggiornandola sulle esperienze professionali».
Bisogna pensare al panorama di quegli anni. L’editoria italiana entrava in un decennio – gli anni Ottanta – segnati tra 1983 e 1984 dal commissariamento dell’Einaudi, la crisi della Rizzoli, il 32,8% in meno di copie vendute in libreria tra 1980 e ’84 (Demoskopea), le difficoltà della Feltrinelli e la sua scelta di avviare con decisione lo sviluppo di una moderna e diffusa catena di librerie, fondate sulla qualità dell'assortimento e del servizio al cliente. 
L’editoria usciva dagli anni Settanta ed entrava in un nuovo decennio che iniziava a caratterizzarsi per lo sviluppo della grande distribuzione. Un nuovo canale di vendita aggressivo e spregiudicato che intercetterà fasce di pubblico nuovo rispetto a quello della libreria. Un pubblico che rispetto agli anni Settanta stava mutando i suoi gusti e interessi di lettura.L'idea della Scuola prende corpo in questo contesto di trasformazione. Nel 1978 in un convegno veneziano (L’informazione al servizio del libro) affermava che «è necessario che i librai [ma anche gli editori, aggiungiamo noi] si rendano conto che devono modificare molti dei loro modi di operare, nati in tempi in cui la realtà economica era diversa».

Visionarietà come capacità di avere un nuovo sguardo verso il futuro (quanti sanno, o ricordano, che la Scuola con Aie a Torino tra 1997 e 1998 realizzò un corso multi professionale, fatto di lezioni d’aula e l’uso delle prime piattaforme di e-learning per la didattica a distanza?).
Oggi – in una situazione non molto diversa da quella dei primi anni Ottanta con le sue Trasformazioni e i suoi Cambiamenti, nei comportamenti del pubblico, commerciali, di concentrazioni, ecc. – di capacità di visione del futuro, di cosa saremo e di dove andremo non ce n’è poi molta. «Noi siamo arretrati rispetto ad altri modelli [commerciali] di altre merceologie e stranieri – affermava Luciano Mauri nel 1983 in un convegno a Modena –; e io dico grazie al cielo, perché là dove c’è arretratezza e ritardo c’è anche una più fresca e aggressiva possibilità di recupero».

L’appuntamento con la Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri torna come ogni anno a fine gennaio, a Venezia presso la Fondazione Cini all’Isola di San Giorgio. La XXXIII edizione si terrà dal 26 al 29 gennaio 2016.

L'autore: Giovanni Peresson

Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.

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