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Editori

L'editoria non ha bisogno di «quote rosa»

di G. Peresson notizia del 11 marzo 2014

Ieri, 10 marzo – due giorni dopo la Giornata internazionale della donna –, la Camera dei deputati ha respinto tutti gli emendamenti a favore delle «quote rosa»: quello della parità di genere all’interno delle liste elettorali e quello dell’alternanza nelle «liste bloccate» previste dalla riforma elettorale in discussione. È seguito il prevedibile dibattito (sulle pagine dei giornali) e i relativi teatrini televisivi. Eppure nel mondo dell'editoria le «quote rosa» rappresentano il 40,2% delle persone che ricoprono i ruoli direttivi. Questo avviene nella principale industria dei contenuti del nostro Paese. Nelle case editrici (3,1 mld di euro contro 2,6 mil di quella dei quotidiani, esclusi i ricavi pubblicitari, ecc.), dal 27,5% del 1991 di «quote rosa», si è raggiunto nel 2012 il 40,2% della struttura occupazionale direttiva complessiva. Se si considerano tutti gli addetti del settore editoriale, siamo sopra il 50% (Fonte: Ufficio studi Aie)
E possiamo facilmente ipotizzare ulteriori crescite, visto che i nuovi ingressi sono stabilmente (e dal 2002 in poi) per il 60% femminili (Fonte: Elaborazione su dati master in editoria, Università degli studi di Milano, Aie, e Fondazione Mondadori). Tra l’altro nella piccola editoria la presenza femminile in ruoli direttivi è già superiore di nove punti rispetto a quella maschile (49% vs 40%).
Basta poi entrare in una qualsiasi libreria, non solo per vedere come il personale di vendita è in larghissima maggioranza femminile ma anche come, chi la libreria la dirige, nella maggioranza dei casi siano priorio una donne (e che donne, se possiamo permetterci, come scrivevamo qui).
Insomma, un quadro radicalmente diverso rispetto non solo alla rappresentanza parlamentare, ma anche alla struttura occupazionale del Paese.
Forse la ragione sta in un semplice dato: le donne sono più attente e curiose – in un periodo di trasformazioni radicali dell’industria e della filiera editoriale – rispetto all’aggiornamento professionale dato che sono oltre 12 i punti che le separano dai loro colleghi maschi che frequentano analoghi corsi (Fonte: FormEdi).
Tra i lettori le donne (49,3%) sopravanzano ampiamente gli uomini (36,4%), anche se non ancora nei cataloghi editoriali, dove erano il 38,0% nel 2006 (ma con un +15% dal 2002; Fonte: Istat), confermando quanto sosteneva la scrittrice Joanna Walsh che, dalle colonne del «Guardian», aveva fatto osservare come, nonostante le donne leggano più degli uomini, i libri pubblicati restino per la maggior parte scritti da uomini. Stesso discorso vale per le recensioni, con l’interessante analisi che quando si recensiscono libri scritti da donne l’aggettivazione usata (ulterirore e più sottile discriminazione) fa riferimento prevalentemente all’area della sensibilità mentre, quando il libro è scritto dagli uomini, la semantica è più adrenalinica.

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