I costi di vendita di diritti di edizione non sono uguali per tutti. I piccoli editori hanno costi di transazione che sono maggiori rispetto ai costi delle imprese più grandi. È questa la conclusione che si può trarre, indirettamente, dall’ultima indagine che l’Ufficio studi Aie ha condotto sull’andamento dell’import/export di diritti di libri per ragazzi realizzata in occasione della scorsa Bologna Children’s Book Fair.
In questi anni è cresciuta la propensione all’interscambio di diritti tra l’editoria italiana e le altre editorie europee e non solo europee. In questo processo la piccola e media editoria non è stata a guardare. Anzi: alcuni degli editori che hanno ottenuto performance migliori rispetto alla media del settore della piccola editoria – come ha mostrato il Rapporto sullo stato della piccola editoria 2014 presentato nel dicembre scorso in occasione di Più libri – sono stati quelli che, tra gli altri elementi di innovazione, hanno anche saputo proiettare e valorizzare verso colleghi stranieri gli elementi di eccellenza contenuti nel loro catalogo.
Questo è evidente anche nel settore ragazzi. Un settore in cui gli elementi di eccellenza stanno nella dimensione autoriale, grafica, illustrativa e dove capita di imbattersi in stand di piccoli editori italiani direttamente collocati nei padiglioni stranieri.

Diritti_export_Bologna_2015

Se tra 2013 e 2014 è cresciuta la vendita di diritti dei piccoli editori italiani verso editorie straniere (soprattutto europee) del +9,3% contro la media complessiva del +6,8% ed è cresciuto anche il numero medio di diritti venduti per casa editrice (da 2 a 9 titoli, anche se i valori assoluti sono soggetti a forti oscillazioni di natura anche «editoriale» e si veniva da tre anni di difficoltà del settore), quello che colpisce è il forte divario che abbiamo tra i numeri (medi) espressi dai «piccoli» e quelli dei «grandi». Indirettamente un indicatore di come i «costi di transazione» – cioè l’insieme dei costi che un editore deve sopportare per cedere un diritto: spazio per lo stand, tempo dedicato all’incontro, viaggi e soggiorni alle fiere internazionali, ecc. – si «spalma» su un numero più ridotto di titoli e che talvolta spinge il piccolo editore a non valorizzare al meglio il catalogo che si sta costruendo.
Certamente in questi anni si sono trovati una serie di strumenti per ottimizzare questo processo: dall’implementazione di aree dedicate anche nei siti Web dei piccoli editori, al Fellowship Program che da anni si svolge all’interno della Fiera della piccola e media editoria di Roma grazie anche al supporto dell’Istituto italiano per il commercio estero, fino al portale di BooksinItaly che Fondazione Mondadori e Associazione italiana editori hanno realizzato e stanno proponendo al mercato (e a quello dei piccoli in particolare) implementandolo progressivamente di contenuti di servizio funzionali al sostegno dell’export. Le possibilità esistono, si tratta solo di sfruttarle al meglio!

L'autore: Giovanni Peresson

Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.

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