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Editori

Cos'è la digital disruption? Intervista a James McQuivey

di E. Vergine notizia del 18 giugno 2013

Si chiama digital disruption e si tratta di quel processo che sta coinvolgendo aziende e consumatori di tutto il mondo e i cui effetti si fanno sentire in maniera sempre più evidente soprattutto in ambito editoriale. A Milano Editech, la conferenza internazionale promossa da AIE e dedicata all'innovazione nel mondo editoriale che si terrà giovedì 20 giugno a Palazzo Reale, dedicherà alla digital disruption lo speech d'apertura della giornata, intitolato appunto Digital disruption: cavalcare l'onda dell'innovazione. Ma che cos’è e in che modo gli editori possono sfruttare a loro vantaggio le nuove prospettive che essa apre? L’abbiamo chiesto a James McQuivey, vice presidente di Forrester Research e relatore ad Editech

Cosa si intende esattamente con il concetto di digital disruption?
La digital disruption descrive il processo di collisione che avviene mano a mano che i consumatori guardano alle nuove tecnologie per semplificarsi la vita e imprese di tutte le dimensioni usano a loro volta le nuove tecnologie per offrire alle persone esperienze migliori: modi migliori di rapportarsi alle banche, di leggere, di innamorarsi, di vivere la propria vita. Questi processi stanno trasformandosi così in fretta che vanno a collidere contro i vecchi metodi e le vecchie pratiche di business. Le aziende che partecipano di questo cambiamento avranno successo, quelle che ne resteranno ai margini perderanno progressivamente rilevanza per i loro clienti.

Nel suo libro lei esprime questo concetto in una formula: «Persone + Infrastrutture = disruption». Può spiegarcelo?
Nella storia della disruption – una forza che opera ormai da diversi anni – l’energia e la voglia di cambiare delle persone si va a combinare con le infrastrutture che lavorano per immettere sul mercato prodotti e servizi sempre migliori. In passato ferrovie e autostrade hanno costituito un’infrastruttura che ha permesso, per esempio, ai migliori produttori di olio d’oliva di esportare i propri beni nel resto del mondo, cambiando così la tipologia dei prodotti che la gente poteva, e si aspettava, di comprare. Ma le infrastrutture fisiche sono costose e richiedono tempo per essere costruite, dunque il processo di disruption è stato storicamente lento. Oggi invece, grazie alla digital disruption, le infrastrutture digitali che compagnie come Apple o Google stanno costruendo, rendono il cambiamento relativamente veloce: Apple ha venduto oltre 140 milioni di iPad in meno di tre anni, creando una sorta di autostrada digitale su cui gli sviluppatori di applicazioni possono veicolare nuove, soddisfacenti esperienze. Dunque potremmo concludere che se «persone + infrastrutture = disruption», «digital disruptors + digital infrastructure = digital disruption», ovvero un più potente tipo di innovazione aziendale.

In che modo la digital disruption influenza l’industria editoriale?
L’editoria è un settore ricco di tradizioni e abitudini. Ma è anche un business molto inefficiente. Per veicolare un’idea da una persona all’altra, essa deve essere tradotta su carta, questa carta in forma di libro deve essere distribuita nelle librerie e quindi qualcuno deve decidere di acquistarla ed, eventualmente, recepirne il contenuto. Le infrastrutture digitali costruite da Amazon per cercare i libri o da Kobo per leggerli rendono questo processo molto più veloce ed economico. Le idee viaggiano da una persona all’altra con meno costi e problemi. Il che fornisce l’opportunità a nuovi competitor di lanciarsi nel business editoriale.

In che modo gli editori possono trarre vantaggio da questa situazione?
Così come è facile, per i nuovi competitor, lanciarsi nel business editoriale, lo è allo stesso modo per gli editori. Mondadori, per esempio, ha stipulato un accordo con Kobo per vendere e-reader e costruire così l’infrastruttura digitale che consentirà all’azienda un commercio più veloce ed economico. Infrastruttura che porterà l’azienda ad avere una relazione digitale diretta con i suoi clienti per la prima volta in assoluto, relazione su cui la compagnia potrà eventualmente costruire il proprio futuro.

Secondo lei quali sono i principali strumenti e le competenze fondamentali che ogni azienda dovrebbe avere?
Per partecipare alla digital disruption le aziende devono mettere i loro clienti davanti a tutto, lavorare alla creazione di un nuovo sistema di valore usando strumenti e piattaforme digitali. Questo processo richiede che tutti quanti, in ogni azienda, guardino al digitale come ad uno dei loro traguardi più importanti. Per far ciò è necessario imparare a generare più idee, più innovazioni a vantaggio dei clienti di quanto non si sia fatto finora. E il punto è che se non lo si fa per primi, lo farà certamente qualcun altro, magari una piccola startup o una multinazionale proveniente da tutt’altra industria, ma in grado di usare il digitale per arrivare al vostro cliente e sostituirvi in quello stesso business che prima vi apparteneva.

Perché è così importante mettere il cliente al centro?
In ambito digitale i clienti hanno la possibilità di passare da un fornitore all’altro in modo più rapido e più economico di quanto non fosse possibile un tempo. Possono cercare il prezzo più competitivo, trovare promozioni, possono persino ordinare un prodotto da un concorrente mentre si aggirano nel vostro negozio curiosando tra gli scaffali. Ecco perché l’unico modo per vincere quel cliente, è servirlo, è fare dei suoi bisogni la cosa più importante, il nucleo del vostro business. 

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