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Editori

Come si può riorganizzare una casa editrice? Intervista a Valentina Kalk

di E. Vergine notizia del 5 novembre 2013

Il digitale e le nuove tecnologie hanno reso necessari dei cambiamenti a tutti i livelli della filiera editoriale, ma il processo di ripensamento e innovazione dei processi produttivi non è certo cosa da poco. Abbiamo cercato di individuare nel panorama editoriale italiano e internazionale un esempio riuscito di riorganizzazione aziendale per capire quali difficoltà si devono superare e quali passaggi affrontare per trasformare una casa editrice tradizionale in una realtà a prova di futuro.
La United Nation Publications è il dipartimento editoriale delle Nazioni Unite a New York. Fino al 2010 si trattava di un’azienda tradizionale, in cui non esisteva alcuna divisione digitale. La persona che ha trasformato radicalmente il profilo della United Nation Publication è Valentina Kalk, oggi direttrice della Brookings Institution Press a Washington DC.

Ci racconti della United Nation Publication prima e dopo il suo intervento.
Quando, nel 2010, sono stata assunta come direttrice della United Nation Publication ho scelto di operare la riorganizzazione aziendale a partire da quelle che vedevo come le principali aree di rischio.
Innanzitutto la produzione esclusivamente cartacea e l'ovvia impreparatezza nel servire la generazione dei «nativi digitali» ma la criticità maggiore era senza dubbio un bilancio drammaticamente in rosso da parecchi anni.
Gli ostacoli quindi non sono stati pochi. Il principale è stato riuscire ad apportare cambiamenti senza che questi venissero vissuti come traumatici dallo staff con cui stavo iniziando a lavorare. Un altro è stato cercare di operare alla stessa velocità di un’azienda del settore privato per poterci integrare nel mercato e diventare competitivi. La United Nation Publications si trovava infatti in una posizione di grande isolamento, essendo un'organizzazione intergovernativa con ritmi assai diversi, spesso molto più lenti, e cicli di budget molto più lunghi di quelli di una normale casa editrice.
Il terzo grande ostacolo consisteva nel riconfigurare e trasformare le attività esistenti introducendone in corsa di nuove: la riorganizzazione doveva avvenire continuando a garantire l'uscita dei nostri libri, coltivando i rapporti con i nostri autori, e servendo i nostri lettori. Naturalmente tutto questo avendo a disposizione risorse economiche limitate e un gruppo piuttosto piccolo di dipendenti (poco più di trenta persone per circa 400 libri all'anno).

Quali principi hanno ispirato il suo lavoro?
In questa riconfigurazione ha avuto un peso importante la ricerca di profili professionali nuovi, che potessero ricoprire un ruolo di sostanza in particolare in due aree che oggi si stanno trasformando profondamente: la logistica e la distribuzione, sia di carta sia digitale, e il marketing (che da noi accorpa anche la funzione di vendita).
Ho quindi ristrutturato l'organigramma aziendale affiancando ai gruppi pre-esistenti di produzione e distribuzione un gruppo di «operations and technology», per la cui guida ho scelto un ingegnere al quale ho affiancato due giovani techies.
Per il marketing il migliore candidato si è rivelato essere... un ingegnere navale. Entrambi gli ingegneri che ho assunto avevano naturalmente precedenti esperienze editoriali. L'ingegnere a capo di operations and tecnnology ha razionalizzato i nostri sistemi, dal database bibliografico all'e-commerce, passando attraverso un nuovo sistema di gestione e distribuzione di asset digitali e dei loro metadati. Ha inoltre avviato un programma di print-on-demand che nel giro di un anno ha trasformato la nostra produzione portandola ad essere per il 70% on demand e solo per il 30% off set. Infine ha semplificato notevolmente la nostra produzione di e-book di Apps e, cosa ancora più importante, ha integrato la produzione digitale con la produzione di carta.
L'ingegnere navale a capo del marketing ha portato con sé un'importante disciplina analitica che va dall'analisi sistematica dei dati di vendita, ma anche di quelli relativi ai diritti e alle permissions, che spesso vengono considerati solo nel loro aggregato, a ricerche qualitative più sofisticate quali, ad esempio, l'identificazione dei profili dei nostri fan su Facebook e dei nostri followers su Twitter in modo da poter offrire loro pubblicazioni specifiche a seconda dei loro interessi. Per l'ingegnere navale la ricerca è una componente essenziale del marketing, e i risultati sono sempre da valutare e misurare: se emerge che qualcosa non funziona va rimesso a posto o ricostruito velocemente, altrimenti la nave affonda.

In che modo la sua esperienza può essere sistematizzata in 5 consigli pratici così da diventare un esempio esportabile anche per gli editori italiani?
La mia lista è semplice:
- Dedicare alla tecnologia personale e risorse adeguati.
- Integrare i processi di produzione di carta e digitale.
- Il manoscritto è un punto di partenza per molte destinazioni (libro, e-book, single, app...) adatte alle necessità e alle abitudini di lettura di generazioni diverse.
- Usare i metadati per mettere il libro giusto davanti alla persona giusta al momento giusto. La sfida più grande per gli editori non è tanto l'avvento dei libri digitali, quanto la scomparsa dell'ecosistema tradizionale delle librerie come vetrina principale per gli acquirenti di libri e l'avvento dell'ecosistema Amazon (e simili). I metadati diventano dunque essenziali per fare scoprire i libri.
- Ispirarsi ad altri settori per generare nuovo business. Un modello interessante è quello dell'affitto: da Zipcar a Airbnb ai programmi di bike-sharing in molte città europee. Credo che questo sia un modello applicabilissimo ai libri.

L'intervista completa è riportata sul «Giornale della Libreria» di novembre ed è consultabile gratuitamente qui.
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