Il futuro del cinema sono gli anziani, i giovani amano i film ma vanno poco nelle sale. È questo, in estrema sintesi, il quadro che emerge dal
Rapporto cinema 2018. Spettatori, scenari e strumenti della Fondazione ente dello spettacolo, presentato pochi giorni fa a Roma presso la sede di Radio vaticana.
Lo studio annuale, arrivato alla sua nona edizione, propone un’analisi delle dinamiche dell’industria e del mercato dell’audiovisivo, non mancando di soffermarsi sulle trasformazioni normative in atto e sugli scenari di sviluppo globale dell’intero settore. Ma ciò che distingue il Rapporto 2018 dai precedenti è in particolare un approfondimento sui trend di consumo a partire dalle due classi anagrafiche più rappresentative del pubblico: gli over 60 e i Millennial.
A curare la ricerca sul pubblico agée è stata Mariagrazia Fanchi, docente di Media studies e cultural history all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Uno dei dati presentati, in particolare, dice che dal 2001 al 2016 è cresciuto dell’11,5% il numero degli italiani di età compresa tra i 65 e i 75 anni che va al cinema. Un trend legato, come ha precisato la stessa professoressa Fanchi «tanto a un cambiamento di costume, perché gli anziani sono soggetti di un processo di giovanilizzazione che è stato molto studiato, sono molto più attivi, molto più confidenti in sé stessi e nella capacità di riprogettare il proprio presente; quanto a un cambiamento demografico, per l’allungamento dell’aspettativa di vita e quindi la crescita numerica di questo segmento».
La ricerca (che ha utilizzato cinque focus group per un totale di 50 interviste realizzate in diverse aree geografiche) distingue I «cinefili non più giovanissimi» in diversi profili: le
«nuovamente single» (signore che dopo aver perso il marito riscoprono il piacere di uscire con le amiche e del cinema);
«i nonni», che portano in sala i nipotini;
«quelli del Bar Sport», soprattutto uomini, che vivono i luoghi d'aggregazione nel quartiere di riferimento;
«gli eremiti», anche questi soprattutto uomini, che vogliono scegliere cosa vedere autonomamente e preferiscono andare al cinema da soli;
«l'élite», con un'elevata predisposizione per i consumi mediali e culturali e
«i coniugi propositivi» che vivono il consumo culturale come risorsa per alimentare la propria vita di coppia. Nel complesso prediligono i film italiani, magari attirati dalla presenza di attori (anche nuovi) che hanno conosciuto sul piccolo schermo. E non sono necessariamente alla ricerca di una storia nella quale immedesimarsi, infatti non privilegiano le pellicole con personaggi loro coetanei.

Anche i Millennial (i giovani nati tra i primi anni Ottanta e il 2000, ma la ricerca si concentra su quelli che attualmente hanno tra i 20 e i 34 anni) amano i film, tanto che il 49,3% ne vede più di uno a settimana. Ma privilegiano nettamente la visione (legale o illegale che sia) su piattaforme e device mobili (o quantomeno domestici) rispetto al grande schermo. Infatti, 84,1% dichiara di andare in sala solo una volta al mese (under 25 e laureati figurano come spettatori un po' più assidui).
Questa parte dell’indagine – curata dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo – è stata condotta su un campione di 2.045 giovani (20-24 anni) e giovani adulti (25-34 anni) e indaga anche le ragioni che li tengono lontani dalle sale. In cima alla lista compare il costo del biglietto:
il 46,4% dichiara, infatti, che andrebbe più spesso al cinema se costasse di meno e se esistessero agevolazioni per la fascia d’età cui appartiene (16,6%). In materia di generi preferiti dominano il thriller (per i maschi) e le commedie (per le femmine), da vedere rigorosamente al multiplex. È
il 66,3% dei Millennial a preferire il plurisala al cinemino indipendente: perché più ricco di offerta e di servizi, certo, ma anche perché meglio capace di integrare l’esperienza ludico-sociale dell’«andare al cinema» con altre formule di attività e d’intrattenimento.

Nota positiva: nonostante i loro interessi convergano altrove, i giovani non credono che le sale cinematografiche siano destinate alla sparizione. Più della metà di loro (53%) le immagina anche nel panorama – sempre più tecnologico e tailor made – dell’intrattenimento futuro.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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