Lo afferma uno studio condotto da Keith Oatley – psicologo e scrittore nonché professore emerito di psicologia applicata allo sviluppo umano dell’Università di Toronto – recentemente pubblicato sulla rivista «Trends in Cognitive Sciences».
 
La letteratura fiction ci aiuterebbe a decodificare le emozioni delle persone con le quali veniamo a contatto nella vita reale, facendoci «esercitare» con i personaggi e le vicende che incontriamo nei libri.
Due esperimenti, in particolare, supportano la tesi di Oatley, che prende le premesse da un precedente studio sui benefici che la lettura ha sullo sviluppo di fantasia e immaginazione, pubblicato sulla medesima rivista.
 
Nel corso del primo esperimento è stato chiesto ai partecipanti di immaginarsi una scena guidati dall’ascolto di una serie di frasi lapidarie, il tutto mentre una macchina per la risonanza magnetica monitorava le loro funzioni vitali.
Mentre le indicazioni venivano vocalizzate, la situazione che i partecipanti dovevano immaginare era quella di una persona che aiutava un’altra a compiere una piccola azione.
Il cervello dei lettori abituali di romanzi risultava più stimolato dall’esercizio, soprattutto nella regione dell’ippocampo, preposto all’apprendimento e alla memoria. «Gli scrittori non hanno bisogno di descrivere in maniera esaustiva situazioni e scenari» commenta Oatley. «Devono solo dare dei suggerimenti al lettore, il cui cervello agirà di completamento immaginandosi il resto».
 
Il secondo esperimento consisteva, invece, nel far indovinare ai partecipanti cosa stessero pensando o provando alcune persone a partire dall’osservazione di fotografie dei loro occhi. Ciascuno poteva scegliere tra quattro termini per definire lo stato d’animo dei soggetti rappresentati. I risultati, in linea con la tesi di Oatley, hanno mostrato come i lettori di fiction fossero più bravi e precisi nell’individuare i sentimenti delle persone ritratte, anche rispetto ai lettori di non fiction.
 
E non si tratta solo di diventare più empatici. Una maggiore comprensione delle persone, delle loro azioni e dei loro sentimenti, accrescerebbe anche l’intelligenza «sociale», la capacità d’interpretare e decodificare la realtà e le sue molteplici sfumature. Almeno secondo le teorie di Keith Oatley.

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

Guarda tutti gli articoli scritti da Alessandra Rotondo