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Curiosità

In Spagna il settore culturale impiega più di 710 mila persone

di Alessandra Rotondo notizia del 28 febbraio 2020

Nel 2019 il numero dei «lavoratori culturali» ha raggiunto, in Spagna, la cifra più alta mai registrata dal settore: 710.200 persone. Finora il record era stato quello del 2008 quando – l’anno in cui tutto si è bloccato, quello dell’arrivo della crisi finanziaria – il comparto culturale contava 706.300 impiegati.

Dopo una caduta che ha toccato il fondo nel 2012 (con 569.200 dipendenti) il settore è gradualmente cresciuto fino a raggiungere il nuovo picco, come ha comunicato il Ministero della cultura e dello sport, coi i dati dell'Istituto nazionale di statistica alla mano. Il volume di occupazione legato al settore culturale è cresciuto del 2,9% rispetto al 2018 e rappresenta, oggi, il 3,6% dell'occupazione totale in Spagna.

La crescita si concentra soprattutto nel sotto-segmento dei «professionisti e tecnici del mondo artistico e culturale», con 388.500 impiegati. Gli «scrittori, giornalisti, linguisti, artisti, archivisti e bibliotecari» sono rimasti congelati alla cifra dell’anno precedente: 169.300. Il settore che ha perso il maggior numero di posti di lavoro è quello delle attività cinematografiche, video, radiofoniche e televisive (da 81.900 a 76.100 impiegati).

Solo il 68,8% del lavoro svolto in questo comparto risulta però retribuito, una percentuale di gran lunga inferiore rispetto a quella media, dell’84,3%. Un segnale positivo sembra però arrivare, nel 2019, da un certo calo della precarietà contrattuale. Nell’anno da poco concluso, infatti, nel segmento delle industrie culturali sono cresciute del 3,8% le assunzioni a tempo indeterminato, mentre i contratti temporanei sono calati del 5,3%.

I dati rivelano anche un perdurante problema di disparità tra i generi. Il lavoro culturale è svolto nel 60% dei casi da uomini, contro una media nazionale globale del 54,6%. Nel 2019, 284.300 donne e 425.900 uomini sono risultati impiegati nelle industrie creative. L'occupazione femminile è cresciuta del 5,2% rispetto all'anno precedente, quella maschile del 1,4%. Troppo presto per cogliere una tendenza al riequilibrio.

Il maggior numero di lavoratrici del segmento culturale è concentrato nelle «attività di progettazione, creazione, traduzione, arte e intrattenimento» con 67.500 donne impiegate. All’estremo opposto il settore delle «attività cinematografiche, video, radio e televisive»: con 91.400 lavoratori vs 28.800 lavoratrici, è in assoluto il più maschile.

L’editoria libraria e periodica – censita dall’Istituto nazionale di statistica spagnolo assieme a biblioteche, archivi e musei – è l’unico sotto-segmento in cui l’impego femminile supera quello maschile, con 45.600 lavoratrici e 39.200 lavoratori.

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

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