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Curiosità

Il successo dei book influencer. Quali sono le strategie vincenti?

di Antonio Lolli notizia del 11 febbraio 2020

La scelta della strategia più adatta per garantire una sufficiente visibilità online ai propri prodotti è oggi uno degli aspetti di maggiore interesse per le aziende. Questo è un dato ormai assodato, un vero e proprio assioma che vale anche per i libri e che ha portato gli editori ad affacciarsi a un «nuovo mondo» fatto di bookstagrammer, booktuber, book blogger e – più in generale – book influencer. Sono queste le figure di riferimento oggi quando si parla del rapporto tra libri e social network. Nonostante i fruitori dei social siano spesso etichettati come poco interessati alla lettura (e alla cultura in generale), gli hashtag #books e #bookstagram sono sempre più utilizzati e al momento possono contare rispettivamente su 38,5 milioni e 40,1 milioni di post associati. Anche i progetti di «lettura condivisa» stanno avendo all’estero un grande successo sui social, attirando l’attenzione di personaggi molto noti al pubblico come Emma Watson e Reese Whiterspoon, che attraverso pagine dedicate di Instagram (@oursharedshelf e @reesesbookclub, rispettivamente) propongono periodicamente titoli da leggere ai propri follower.

I dati dell’Osservatorio sulla lettura e i consumi culturali realizzato dall'Associazione Italiana Editori in collaborazione con Pepe Research, presentati nel corso dell’ultima edizione di Più libri più liberi, confermano questa tendenza alla crescita dell’attenzione verso le potenzialità dei social, anche nel nostro Paese. Se da un lato infatti i quotidiani e i media tradizionali scendono, tra il 2017 e il 2019, dal 13% al 9% nelle indicazioni delle principali fonti che portano alla scelta di un libro da comprare, dall’altra social e community salgono dal 14% al 16%. E il 59% degli intervistati dichiara di aver comprato un libro dopo aver letto le recensioni su blog e siti dedicati o le opinioni sui social.

Questo trend ha portato l’AIE a ideare e realizzare nella scorsa edizione di Più libri più liberi un’area specificatamente dedicata ai book influencer. Il piano N5 della Nuvola è stato infatti riservato, nella giornata di venerdì 6 dicembre, a incontri b2b tra gli editori e una selezione di 10 influencer tra quelli di maggior richiamo nel panorama italiano. Una prima esperienza accolta con molto entusiasmo dalle 86 case editrici partecipanti che hanno potuto così entrare in contatto con un mondo spesso non molto conosciuto dagli stessi addetti ai lavori.




«Innanzitutto ogni book influencer è diverso dall’altro – racconta Paolo Armelli, contributor freelance per diverse testate ed esperto di innovazione digitale –. C’è chi si interessa solo di editoria e chi si dedica anche ad altro, chi predilige focalizzarsi su un unico social e chi realizza contenuti per diverse piattaforme, chi preferisce basarsi di più sull’aspetto visivo delle copertine e chi invece crea con il suo pubblico un rapporto che assomiglia molto a quello delle community».

Il vantaggio della comunicazione social è comunque quello di poter raggiungere un pubblico potenzialmente molto vasto con un budget anche non particolarmente consistente. Per poter arrivare a ottenere campagne di comunicazione efficaci è necessaria però una adeguata progettazione del contenuto e una conoscenza approfondita del mezzo che si sta utilizzando. Ciascun social ha infatti i suoi punti di forza. «Oggi il social di riferimento è Instagram – continua Armelli – e su questo si concentrano le principali strategie di comunicazione per sfruttare tutte le potenzialità e gli strumenti che mette a disposizione: dalle stories ai sondaggi. Ovviamente i book influencer più strutturati sono presenti anche sugli altri principali social e in particolare su Facebook. Per Twitter il discorso è diverso. Se fino a qualche anno fa rappresentava il regno della comunicazione editoriale, oggi possiamo definirlo un social più di nicchia, riservato in particolare ai lettori forti e fortissimi e ad alcuni tipi di editori. YouTube è invece un mondo paragonabile a Facebook, con un pubblico molto generalista ma ricco di talmente tanti stimoli da rendere difficile la creazione di una propria identità».

L’individuazione del social più adatto da utilizzare è quindi uno degli aspetti più importanti da prendere in considerazione quando si vuole comunicare in modo mirato con il proprio pubblico. E non sono solo gli editori a ottenere un grande beneficio dall’utilizzo corretto dei social. Anche le librerie in questi anni hanno puntato molto su questi strumenti. Grazie ai social una libreria può per esempio organizzare in modo semplice incontri, presentazioni di libri o gruppi di lettura. «Sicuramente la comunicazione tramite canali social si è rivelata molto interessante in particolare per le librerie indipendenti, sia nei grandi centri urbani sia in provincia – aggiunge Armelli –. Le librerie hanno interesse a utilizzare i social per comunicare con i propri clienti e per tessere relazioni non solo con gli editori, con cui magari si relazionano anche in altri modi, ma anche con gli autori. Il dialogo diretto tra librerie e book influencer credo sia invece più complesso da progettare, ma non è detto che non si possa arrivare anche in questo caso a una collaborazione. Penso per esempio alla possibilità che un influencer diventi una sorta di ambassador di una libreria a cui è particolarmente legato. Capita invece spesso che i librai diventino influencer. Perché non pensare al lavoro del libraio come quello di un book influencer ante litteram? Da questo punto di vista esistono già esempi particolarmente vivaci in termini di progettazione culturale e strategie di utilizzo dei social, come Andrea Geloni della libreria Nina o Cristina di Canio de La Scatola Lilla».

In ogni caso, uno degli aspetti più critici dell’attività del book influencer resta quello della stima del ritorno dell’investimento. I risultati generati dalla maggiore visibilità ottenuta grazie all’utilizzo di queste strategie di comunicazione sono spesso difficili da quantificare. E questo è uno degli aspetti su cui si giocherà il futuro dell’influencer marketing che – visto il numero sempre maggiore di stimoli – corre il rischio di arrivare alla saturazione. «Riuscirà a mantenere e accrescere il proprio successo soprattutto chi sarà in grado di mettere a punto i progetti più originali e chi riuscirà a esprimere al meglio la propria identità o quella dell’azienda, puntando su una comunicazione mirata e cercando sempre e comunque la propria strada».

L'autore: Antonio Lolli

Redattore scientifico iscritto all'ordine degli ingegneri della provincia di Modena. Dopo la laurea in Ingegneria e l’esperienza di ricerca in ambito accademico svolta presso l’Università di Bologna, ho frequentato il master in editoria dell'Università Cattolica di Milano e ho lavorato diversi anni alla redazione del Giornale della libreria. Seguo il mondo editoriale nelle sue diverse sfaccettature, con particolare interesse per il confronto tra le realtà dei diversi Paesi del mondo e per le ultime novità dal punto di vista produttivo e tecnologico.

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