Arriva al Congresso Usa a Washington la battaglia americana sull’e-lending. I prestiti digitali delle biblioteche da anni sono tema di scontro più o meno sotterraneo tra le autorità pubbliche e gli editori, ma la pandemia, l’esplosione di questa modalità di fruizione dei libri unito alla estrema popolarità e diffusione nelle biblioteche statunitensi – che non ha uguali in Italia – ha finito per esacerbare la questione.

Nei giorni scorsi, due parlamentari democratici, il senatore capo della commissione Finanza Ron Wyden (Oregon) e la deputato Anna Eshoo (California) hanno recapitato ai big five dell’editoria un lungo questionario in cui viene chiesto loro di chiarire diversi aspetti di questo particolare business, accompagnando la richiesta con toni fortemente preoccupati. I due parlano di «costi esorbitanti» e “restrizioni gravose” che «stanno drenando risorse da molte biblioteche pubbliche, costringendole a scelte difficili per garantire un adeguato servizio». Nei mesi scorsi, sia lo Stato di New York che il Maryland hanno approvato testi di legge che impongono agli editori che vendono libri digitali nello Stato di rendere disponibili tali testi anche alle biblioteche a «condizioni ragionevoli», leggi che gli editori contestano come incostituzionali e contrarie alla legge federale sul copyright.

Per capire di cosa si parla, è necessario fare un piccolo passo indietro. Negli Usa, come in Europa, il possesso di una copia cartacea di un libro consente alle biblioteche di prestare questa al pubblico senza particolari vincoli diversi dalla disponibilità fisica: che il libro venga letto da 100 persone o diecimila è indifferente rispetto al costo per l’acquisto e il libro è della biblioteca per sempre, senza vincoli temporali. Con il digitale non funziona così: quello che si acquista (vale per le biblioteche come per i privati, negli Usa come in Europa) è una licenza che non permette di disporre liberamente della propria copia.

Tali licenze, che passano attraverso grandi società distributrici, come OverDrive, per le biblioteche negli Stati Uniti stanno diventano a detta delle istituzioni molto gravose per un fenomeno che si chiama «overpricing»: «Le copie per le biblioteche possono costare dalle 10 alle venti volte di più rispetto al prezzo per il pubblico e il numero di prestiti che si possono fare per ogni copia – 1 o al massimo due contemporaneamente – è limitato. Vi sono inoltre vincoli temporali oltre i quali la licenza scade, indipendentemente dal numero di prestiti» spiega Giulio Blasi, amministratore delegato di Horizons Unlimited srl, la società bolognese che realizza il servizio MLOL, che si occupa di prestiti digitali alle biblioteche in Italia.

Un esempio interessante di come questo possa gravare sui conti delle biblioteche viene da un reportage del New Yorker intitolato The Surprisingly Big Business of Library E-books. La New York Public Library, a gennaio di quest’anno, per far fronte alle richieste dei lettori ha dovuto acquistare 310 licenze per audiobook e 639 per ebook del libro di Barack Obama, The promised land, per una spesa complessiva di 51.962 dollari, ovvero l’equivalente del costo di circa 3 mila copie cartacee.

Di fronte a questi numeri è però necessario fare una precisazione: «Negli Usa frequentano le biblioteche il 60% dei cittadini, da noi il 15%» ricorda Blasi. I volumi di prestiti in digitale – negli Usa rispetto all’Italia – non sono nemmeno lontanamente paragonabili: nel 2014 negli States (ultimo anno disponibile) sono stati oltre 218 milioni, 1,6 milioni in Italia nel 2020. Ma la sola OverDrive, nel 2020, ha avuto 430 milioni di check out di libri dal suo sistema negli Usa. Sono diversi i volumi di prestiti e sono diversi anche i modelli di business, come ha spiegato Blasi in questo approfondimento.

Riassumendo molto, in Italia esistono due tipi diversi di licenze. La prima – denominata one copy/ 1-2 users – è simile a quella descritta per gli Stati Uniti: ogni copia digitale può essere prestata contemporaneamente a uno o al massimo due utenti e, dopo un certo numero di prestiti (generalmente tra 20 e 60), scade (non ci sono invece in Italia, generalmente, scadenze temporali). Il secondo modello, pay per loan, permette di prestare la copia a un numero illimitato di utenti contemporaneamente e l’editore, attraverso il distributore, viene pagato per ogni prestito effettuato tra 0,8 e 2,4 euro (più IVA al 22%), con un valore medio che si attesta su 1-1,5 euro. «Per gli editori questo secondo sistema è più vantaggioso perché in genere più remunerativo ma anche perché permette di tracciare e avere dati sulla lettura dei singoli titoli, ma è vantaggioso anche per le biblioteche se consideriamo la possibilità di offrire un servizio migliore». Con il modello pay per loan, infatti, non c’è il problema delle lunghe attese che invece esiste nel caso di acquisto di licenze one copy/1-2 users limitate. Permane il tema dei costi che però al momento, proprio per la diffusione ancora limitata delle biblioteche nel nostro Paese e l’inesistenza di fenomeni di overpricing spinto, non ha la drammaticità e urgenza che ha negli Usa.

Rimane, sullo sfondo, la riflessione del New Yorker sulla profonda trasformazione che il fenomeno dell’e-lending, sia per le copie digitali che per gli audiolibri, porta nei modi di fruizione dei prodotti editoriali: «I libri, come la musica e i film, sempre più sono qualcosa che le biblioteche e i lettori non possiedono, ma a cui accedono temporaneamente attraverso aziende che ne hanno la proprietà».

L'autore: Samuele Cafasso

Sono nato a Genova e vivo a Milano. Giornalista, già addetto stampa di Marsilio editori e oggi di AIE, ho scritto per Il Secolo XIX, La Stampa, Internazionale, Domani, Pagina99, Wired, Style, Lettera43, The Vision. Ho pubblicato «Figli dell’arcobaleno» per Donzelli editore. Quando non scrivo, leggo. O nuoto.

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