Un importante passo avanti è stato fatto a Bruxelles verso l’approvazione di una normativa sulla digitalizzazione delle opere orfane. L’Europarlamento, la Commissione e il Consiglio Ue hanno raggiunto infatti un'intesa che, se confermata formalmente nei prossimi mesi, regolamenterà la digitalizzazione delle opere orfane in Europa. 
Come è noto un’opera orfana è un’opera i cui titolari dei diritti sono sconosciuti o introvabili. La normativa su cui è stata raggiunta un’intesa prevede in sostanza che prima di poter definire un opera tale debba essere effettuata una ricerca diligente e in buona fede di eventuali aventi diritto da parte dell’utente che intende utilizzare l'opera (ricordiamo che solo le istituzioni pubbliche come, per esempio le biblioteche, hanno la possibilità di utilizzo delle opere orfane); al termine della ricerca, se l’opera risulta effettivamente orfana, tali istituzioni potranno digitalizzarla e metterla in rete. Il tipo di utilizzo che potranne farne deve però rimanere all’interno della loro funzione istituzionale (non possono quindi commercializzarla) anche se è prevista la possibilità di chiedere agli utenti finali un rimborso per racuperare i costi.
Questa direttiva ha però alcuni punti delicati:

  • Non sono specificati i criteri con cui viene effettuata la ricerca degli aventi diritto;
  • Come i risultati di questa ricerca dovranno essere poi resi noti;
  • Come ci si regola in caso di digitalizzazione in partnership con soggetti commerciali;
  • Come questa regolamentazione va ad integrarsi con le altre possibili regolamentazioni che includano le opere orfane (in particolare quelle relative ai fuori commercio);
  • Il fatto che la direttiva include, oltre alle opere orfane, anche alcune categorie di opere inedite.

Piero Attanasio (responsabile delle attività internazionali dell’Aie e direttore scientifico del progetto Arrow) approfondisce le criticità e i punti di forza della normativa.

Quali sono i criteri cui le biblioteche e gli altri enti istituzionali autorizzati dovranno attenersi per effettuare la ricerca al fine di dimostrare che un’opera è orfana?
«È importante che la direttiva precisi che la ricerca debba essere fatta per ogni titolo, e in modo “diligente” e “in buona fede”. E’ necessario tuttavia capire cosa si intende con questi termini. Giustamente la direttiva si limita ad alcune indicazioni generali, e lascia agli Stati membri in sede di recepimento, la definizione dei criteri di dettaglio, perché questi dipendono largamente dalle informazioni accessibili in un dato Paese. La Direttiva aggiunge che, nel definire questi criteri, gli Stati membri devono consultare i diversi stakeholders, il che dà anche all’Aie una precisa responsabilità sul punto. Nei criteri minimi prescritti a livello europeo, la direttiva cita l’obbligo di consultare almeno alcune fonti tra cui figura anche Arrow, il sistema sviluppato sotto la guida di Aie. Questo comporta che, in tutti quei paesi in cui Arrow è implementato, dovrà anche essere usato per la ricerca. Un risultato, devo dire, che va oltre le nostre aspettative quando abbiamo iniziato il progetto, e che viepiù accresce le nostre responsabilità». 

Perché è importante che i risultati della ricerca vengano resi noti?
«Perché, per quanto diligente, una ricerca può condurre a risultati errati. Il fatto che i risultati della ricerca siano resi pubblici è quindi fondamentale nel caso qualcuno volesse contestarla. La soluzione che si è trovata ha dei pro e dei contro. L’aspetto più positivo è il fatto che esisterà un’unica banca dati in Europa dove andare a cercare queste informazioni. Tuttavia la direttiva ha assegnato a uno specifico organo (già esistente) il compito di costruire questa banca dati. Questa scelta ha destato dei dubbi: lascia perplessi che sia la stessa direttiva a individuare il soggetto deputato ad assolvere tale compito. Sarebbe stato forse più saggio definirlo in un passaggio successivo. Resta il dato positivo di un’unica banca dati europea, che significa che un autore italiano, per esempio, non dovrà controllare se in un qualsiasi paese d’Europa (e in una lingua o un alfabeto diverso dall’italiano) una sua opera è stata considerata orfana».

Come ci si regola nel caso in cui la digitalizzazione di un’opera orfana avvenga in partnership con soggetti commerciali?
«La normativa esclude che il partner commerciale possa acquisire dei diritti di sfruttamento di alcun genere sulle opere digitalizzate».

Come, questa nuova normativa europea, si andrà a integrare con le normative dei singoli stati dell’Unione?
«Ci sono normative che riguardano categorie più grandi di quella delle sole opere orfane (ma le includono). Il caso più evidente è quello della recente legge francese sulle opere fuori commercio (le opere orfane sono sempre, per definizione, fuori commercio quindi sono incluse nella Direttiva). Ora, come si armonizzano le due cose? La formula che è stata trovata, dopo una discussione molto accesa, è stata – di fatto – quella di far prevalere le normative nazionali “qualunque esse siano” su quella europea. Il testo recita infatti: “This Directive does not interfere with any arrangements concerning the management of rights at national level”. Questa situazione, a parere di molti, equivale a una sorta di resa nei confronti della necessità di armonizzazione. La direttiva non condiziona (does not interfere) con qualsiasi (any) soluzione nazionale. Poi tali normative non potranno avere una validità transnazionale, così che si rischia di avere un quadro di diversi contesti nazionali per regolare usi in Internet, che sembra un controsenso».

Cosa comporta il fatto che che la direttiva includa, oltre alle opere orfane, anche alcune categorie di opere inedite?
«La formula adottata non è chiarissima: si parla di opere inedite ma rese accessibili con il consenso dell’autore dalle stesse istituzioni che ora desiderano digitalizzarle e mettere in rete. Un esempio potrebbe essere quello delle tesi di dottorato: sono inedite ma vengono depositate nella biblioteca nazionale dove possono essere consultate, quindi sono rese pubbliche col consenso dell’interessato. Resta il fatto che sono inedite, ed è forse la prima volta che una normativa del genere crea un’eccezione per le opere inedite toccando un principio base della convenzione di Berna: il diritto all’inedito, appunto, uno dei cardini del diritto morale dell’autore. Ora, a mio avviso creare un’eccezione che interferisce con il diritto morale all’inedito è criticabile. Mi spiego con un altro esempio. Sembra che l’Ue dimentichi che la storia europea è una storia di democrazie recenti: quello che uno studente può aver scritto in una tesi sotto un regime dittatoriale è molto diverso da ciò che avrebbe scritto in democrazia ed è assai criticabile che sia pubblicato senza il consenso dell’interessato».