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Persone

Lo scrittore Giuseppe Festa al convegno AIE sull'editoria scolastica: «Investiamo in libri che insegnino a pensare, a comprendere il mondo»

di Redazione notizia del 29 maggio 2025

«Non mi occupo di editoria scolastica. Scrivo narrativa. Ma è proprio grazie ai libri che, da anni, entro nelle scuole. Incontro ragazzi e ragazze al termine dei loro percorsi di lettura. Sono momenti speciali. E ogni volta ho la netta sensazione che siano loro a regalare qualcosa a me, più di quanto io riesca a dare a loro» queste le parole dello scrittore Giuseppe Festa, intervenuto al convegno organizzato da AIE, con il patrocinio del Ministero dell’Istruzione e del Merito, dal titolo Il valore della conoscenza. L’editoria scolastica a sostegno della scuola e del sistema Paese, svoltosi a Roma il 29 maggio.

«Leggere, lo sappiamo, aiuta a parlare meglio, a scrivere meglio, a pensare meglio. Ma soprattutto è un allenamento straordinario all’empatia. Quando entriamo nella testa di un personaggio viviamo la sua storia, vediamo le cose da una prospettiva diversa. E questo finisce per cambiare anche il nostro sguardo sul mondo» ha proseguito Festa. Di seguito l'intervento per intero dello scrittore.

«I ragazzi che leggono molto, che leggono davvero, sviluppano in modo particolare questa capacità: quella di mettersi nei panni degli altri. So che molti insegnanti lo vedono ogni giorno nelle loro classi. Così come vedono l’altra faccia della medaglia: giovani con un linguaggio povero, scollegato, spesso appiattito. Ragazzi che trascorrono ore sui social, sommersi da chat, video e notifiche.

Per questo oggi parlare del valore della conoscenza non è solo attuale. È necessario. È urgente.

I nostri studenti vivono immersi in un flusso continuo di parole, immagini, stimoli. Tutto sembra sapere, tutto sembra conoscenza. Ma molto spesso è solo rumore. Un rumore che confonde e disorienta. E proprio perché così bombardati, i ragazzi sviluppano una fame profonda di senso. Cercano risposte vere. Vogliono capire chi sono, come funziona il mondo, cosa vale davvero. Non sempre lo esprimono con chiarezza, ma lo comunicano attraverso le domande che pongono, la passione che li accende, l’irrequietezza che li attraversa.

La scuola può fare moltissimo. Può insegnare a distinguere tra un fatto e un’opinione, tra una verità e una manipolazione. La conoscenza ti dà strumenti. Ti insegna a dire: “Questo lo so.” Ma anche, e forse soprattutto: “Questo non lo so, ma voglio capirlo.”

È così che si formano cittadini liberi e consapevoli.

In questo percorso, i libri di testo sono strumenti importanti. Non si limitano a trasmettere contenuti, ma organizzano il sapere e lo rendono comprensibile. Un buon libro scolastico è una mappa: ogni concetto ha un posto, si collega ad altri, costruisce una visione del mondo.

Negli ultimi anni si è parlato spesso di ecosistema editoriale, fatto di libri di carta e contenuti digitali. Da naturalista, mi viene spontaneo il parallelo con gli ecosistemi biologici. In natura esistono produttori, consumatori e decompositori. I produttori – le piante – sono la base di tutto. Così, nell’ecosistema editoriale, credo che il libro cartaceo sia il produttore primario, la base del sistema. Il libro di carta presenta i concetti in modo strutturato e progressivo. I capitoli seguono una logica interna, sono arricchiti da immagini e mappe concettuali. Aiutano i ragazzi a orientarsi nello studio, a costruire connessioni, a sviluppare un metodo.

Non lo dico solo da osservatore, lo confermano le ricerche: su carta si capisce meglio, si ricorda di più e ci si concentra più a lungo. È anche per questo che molti insegnanti considerano ancora il libro cartaceo il cuore dello studio: perché è sistematico. E il pensiero critico nasce dalla struttura.

C’è poi un altro aspetto, più sottile ma fondamentale: il libro cartaceo è un oggetto fisico. Lo si può sottolineare, sfogliare, annusare, prestare, dimenticare nello zaino e ritrovare. Ha un peso. Ti resta in mano, ma anche in testa.

Come in ogni ecosistema, accanto alla competizione esistono alleanze e simbiosi, anche tra le specie più diverse. Così, nell’ecosistema editoriale, i contenuti digitali sono come gli organismi simbionti: non sostituiscono il libro cartaceo, ma lo completano, lo potenziano, lo rendono ancora più efficace.

Video, audio, mappe interattive, esercizi online: se ben progettati, questi strumenti rendono lo studio coinvolgente e accessibile. Penso in particolare agli studenti con bisogni educativi speciali. La sintesi vocale, la possibilità di adattare il testo e i contenuti personalizzabili fanno davvero la differenza.

Un buon libro scolastico, insomma, lascia un segno. È un’esperienza che si radica nella memoria. E oggi, in un tempo che va di fretta e che privilegia la superficie, fermarsi su una pagina, approfondire, impegnarsi a fondo per capire, è un gesto rivoluzionario.

Perché anche la fatica della conoscenza è un valore. Ricordo un episodio dei miei anni di liceo. Avevo un professore di scienze, il professor Carnovali. Ci faceva fare ricerche che allora mi sembravano inutili. Ore e ore a studiare creature come gli anellidi oligocheti o i platelminti turbellari. Un giorno, esasperato dopo un quattro, gli dissi: "Prof, ma a cosa mi servirà? Tanto mi dimenticherò tutto!".

Lui si accarezzò i baffi e mi rispose: "Hai ragione. Il 90% lo dimenticherai. Ma ti resterà la fatica che hai fatto per impararlo. Il metodo, il rigore, le connessioni. Queste competenze ti serviranno sempre: a scuola, nel lavoro, nella vita".

Aveva ragione. Quelle fatiche sono le fondamenta invisibili del pensiero.

Concludo con un’ultima riflessione. Se parliamo di conoscenza, di metodo, di fatica, non possiamo ignorare il tema dell’intelligenza artificiale. In molti ambiti, come la medicina, sarà cruciale.

Ma attenzione all’IA generativa. Tornando al paragone con l’ecosistema, temo che possa diventare il decompositore del nostro pensiero. Delegare a una macchina la nostra creatività, il linguaggio, le idee, significa impoverire proprio ciò che ci rende umani. Più l’intelligenza artificiale diventerà generativa, più rischia di degenerare il nostro cervello. E dopo milioni di anni di evoluzione, sarebbe un sacrilegio asservire la mente umana a un algoritmo.

La conoscenza è un valore, ma lo è anche il cammino per conquistarla. Difendiamola. Investiamo in libri che insegnino a pensare, a dubitare, a comprendere il mondo.

Perché un ragazzo che sa leggere il mondo, sarà anche in grado di cambiarlo».

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