Questa intervista è stata pubblicata in versione ridotta sul Giornale della libreria di marzo 2021. Se sei abbonato, scarica qui la tua copia. Se vuoi abbonarti: ecco come farlo.
Una legge di sistema per il libro che renda permanente nel nostro Paese il sostegno alla domanda sperimentato durante l’epidemia, investimenti nella scuola per contrastare la povertà educativa, lotta alla pirateria e uno sguardo attento ai cambiamenti nella distribuzione libraria, dove il prevalere di un unico soggetto nel commercio digitale «deve essere elemento di profonda riflessione». Ricardo Franco Levi, presidente dell’Associazione Italiana Editori e vicepresidente della Federation of European Publishers (FEP), all’indomani della formazione del nuovo governo elenca le priorità degli editori per i prossimi mesi.
Dario Franceschini è stato confermato ministro della Cultura e quindi è da attendersi che prosegua sulla strada da lui più volte annunciata per dotare il Paese di una legge di sistema per il libro. Cosa dovrebbe contenere tale legge?
La politica del libro attuata in Italia con il ministro Franceschini, con il contributo decisivo del Parlamento e delle Commissioni cultura di Camera e Senato in particolare e la partecipazione attiva delle associazioni del mondo del libro, Associazione Italiana Biblioteche (AIB), AIE e Associazione Librai Italiani (ALI), è stata guardata come un esempio in tutta Europa. Dichiarare il libro bene essenziale ha consentito di tenere aperte le librerie e gli interventi a sostegno della domanda pubblica e privata hanno funzionato in termine di indici di lettura e di tenuta del mercato. La nostra prima richiesta sarà quindi di confermare il riconoscimento del libro come bene essenziale e di rendere strutturali le misure approvate nel 2020, a partire dai fondi alle biblioteche per gli acquisti nelle librerie. È poi necessario sostenere l’internazionalizzazione dell’editoria attraverso i bandi per le traduzioni e l’accompagnamento degli editori all’estero.
Al ministero dell’Istruzione gli editori hanno un nuovo interlocutore nella persona di Patrizio Bianchi. Cosa si aspetta il mondo degli editori scolastici dal nuovo ministro?
Bianchi è stato rettore a Ferrara, assessore alla scuola e al lavoro in Emilia Romagna, responsabile della commissione tecnica per la riapertura delle scuole dopo l’emergenza Covid-19. Conosce quindi molto bene il mondo della scuola e lo snodo decisivo del rapporto tra Stato e Regioni. Per noi è sempre stato centrale il contrasto alla povertà educativa: va garantito a tutte le famiglie bisognose il sostegno per l’acquisto dei libri di testo anche dopo le scuole primarie, dando così attuazione al diritto allo studio previsto in Costituzione. Come editori, inoltre, è in cima alle nostre preoccupazioni il processo per l’adozione dei testi scolastici che è indispensabile riportare a una ordinata normalità dopo le perturbazioni portate lo scorso anno dalla pandemia.
Nel gennaio 2020 AIE ha presentato una ricerca che mostrava il grandissimo impatto della pirateria per il mondo del libro, in particolare per il settore universitario. Un anno dopo cosa è cambiato e cosa si aspetta dal nuovo governo il mondo degli editori professionali e universitari?
Nell’ultimo anno la pirateria è molto calata a causa della chiusura delle copisterie e questa è la controprova di quanto il problema sia grave e diffuso. Più in generale, crediamo che accanto alla ricerca sia centrale per l’università il tema della didattica e auspichiamo una fruttuosa collaborazione tra i ministri dell’Istruzione e dell’Università per garantire agli studenti un percorso didattico armonioso e coerente, dove i libri di testo e manuali costituiscono un supporto fondamentale.
Cosa chiedete invece per i piccoli editori, tra i soggetti che nel 2020 hanno avuto un sostegno diretto?
Il ruolo dei piccoli editori è fondamentale per la pluralità culturale ed è stato confortante vedere come la crescita del commercio elettronico, che pure deve essere guardata con estrema attenzione, ha consentito una grande visibilità delle loro produzioni e una crescita delle quote di mercato complessive. Dopodiché la loro particolare natura porta con sé una connaturata fragilità finanziaria che giustifica un sostegno particolare, vedremo se sarà possibile sia confermato.
La scelta di Roberto Cingolani come ministro alla transizione ecologica e Vittorio Colao alla transizione digitale indica chiaramente l’intenzione di impiegare i finanziamenti europei del Recovery Fund su questi due poli di sviluppo. Quali proposte portano gli editori al tavolo del governo Draghi?
Siamo in attesa di vedere come il governo riformulerà il piano per il Recovery Fund, ma fin d’ora mi sento di dire che l’editoria è un campo di innovazione aperto e continuo, sia a livello di processi che di prodotto, basti pensare a nuovi formati come l’audiolibro o alle nuove tecnologie di stampa e all’ottimizzazione della distribuzione che consentono di ridurre le rese e contenere l’impatto ambientale. Gli editori, ma anche i librai, hanno molto innovato negli ultimi anni ma ci sono ancora ampi margini di intervento su cui lavorare in una logica di sistema. Per questo guardiamo con fiducia alla possibilità di un sostegno agli investimenti per l’innovazione.
Cosa risponde a chi dice che sarebbe più utile investire i soldi disponibili in settori più duramente colpiti dell’epidemia?
La risposta è implicita negli interventi adottati da governo e parlamento e che solo in minima parte – sostegno ai librai, ai piccoli editori, agli editori d’arte e di turismo – sono aiuti diretti e che, in larga parte, sono invece strumento di supporto alla domanda e quindi alla lettura, che rimane la grande emergenza italiana in almeno due sensi: siamo in fondo alle classifiche europee e il dato medio nasconde grandissime disparità regionali. Non c’è sviluppo economico senza crescita culturale.
Entro giugno l’Italia, come ogni altro Paese europeo, deve implementare nella sua legislazione nazionale le indicazioni contenute nella direttiva Copyright. A che punto siamo e cosa chiedete?
Le prime indicazioni che arrivano sono di una applicazione della direttiva europea sul diritto d’autore in linea con le decisioni assunte dall’europarlamento: siamo fiduciosi, ma il percorso è ancora lungo e richiede estrema attenzione.
Prima del lockdown, tre libri su quattro erano venduti nelle librerie e sui banchi della grande distribuzione organizzata. A fine 2020 erano poco più della metà (il 57%) e i primi dati del 2021 ci dicono che il trend non sta cambiando di molto. È un pericolo per l’equilibrio del mercato?
La pandemia ha portato a una straordinaria accelerazione di un processo di crescita del commercio elettronico che era già in atto ed è assai probabile che almeno una parte della maggior quota conquistata venga mantenuta in modo permanente. D’altra parte, il mondo del libro in Italia ha necessità di mantenere e possibilmente rafforzare una rete di distribuzione sul territorio fatta di punti di vendita fisici, di librerie che svolgono un importante ruolo di stimolo culturale nelle comunità territoriali dove operano. Questo ruolo sociale è stato riconosciuto durante la pandemia consentendo ai librai di rimanere aperti quando tutti gli altri esercizi erano chiusi, ed è chiaro che questa attenzione al ruolo sociale delle librerie va mantenuta.
Anche se i grandi gruppi editoriali italiani, così come le più piccole librerie, si sono mosse quest’anno per garantire le consegne a domicilio e gli acquisti online, questo particolare mercato rimane dominato da un solo grande operatore.
La concentrazione di larga parte delle vendite complessive di libri e di una quota largamente maggioritaria di quelle online nelle mani di un solo operatore deve essere un elemento di riflessione per l’equilibrio dell’intero settore.
Sono nato a Genova e vivo a Milano. Giornalista, già addetto stampa di Marsilio editori e oggi di AIE, ho scritto per Il Secolo XIX, La Stampa, Internazionale, Domani, Pagina99, Wired, Style, Lettera43, The Vision. Ho pubblicato «Figli dell’arcobaleno» per Donzelli editore. Quando non scrivo, leggo. O nuoto.
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