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Persone

La salute mentale nell’industria editoriale del Regno Unito: la parola a editori e autori

di Elisa Buletti notizia del 25 luglio 2023

Nel Regno Unito si discute di salute mentale nel settore editoriale, dopo che in un sondaggio realizzato da The Bookseller lo scorso aprile più della metà degli autori partecipanti (il 54%) ha affermato di aver avuto un’esperienza negativa nella pubblicazione del proprio libro d’esordio. Il 22% dei 108 intervistati, al contrario, ha descritto la propria esperienza complessivamente positiva, dichiarando di aver mantenuto i contatti e di aver ricevuto supporto dai propri editori anche a un anno o più dall'esordio.
Tra coloro che hanno riscontrato un impatto negativo sulla propria salute mentale, il 47% è stato pubblicato da un editore indipendente, mentre il 44% da un grande gruppo editoriale. Le emozioni negative citate più spesso sono ansia, stress, depressione e abbassamento dell'autostima, per mancanza di supporto e di una comunicazione chiara e professionale da parte del proprio editore.

Co
me riportato dal Guardian in un recente articolo, il benessere dei professionisti dell'editoria è un tema molto sentito nell'industria editoriale inglese e non riguarda solo gli autori ma anche i dipendenti delle case editrici. Case editrici che, in risposta alle preoccupazioni sollevate dal sondaggio, si sono mosse insieme a sindacati ed enti del settore per adottare una serie di misure, tra formazione e assistenza, che possano migliorare la situazione.

Alcuni esempi? L’editore Canongate ha confermato il lancio di un manuale per gli autori in collaborazione con la Society of Authors, nonché la scelta di pubblicare un numero inferiore di libri per poter dedicare più tempo agli autori. Il gruppo editoriale Orion ha dichiarato invece di voler istituire un’accademia per scrittori esordiente con l’obiettivo di «demistificare il processo e garantire la chiarezza delle aspettative».

L’autrice inglese Imogen Hermes Gowar ha raccontato al giornale inglese la sua esperienza da esordiente, descrivendo l'editore e l'agente come «impeccabili nel supporto», ma dichiarandosi totalemente impreparata a quello che la aspettava.
«Avevo 28 anni quando ho pubblicato il mio primo libro (…). All’improvviso sono stata trattata come la persone più importante nella stanza e la mia salute mentale ne ha risentito. Per i professionisti dell’editoria, per i quali il giorno dell'uscita del libro è solo un'altra giornata di lavoro in ufficio, è facile trascurare il fatto che per un autore esordiente sia un evento unico nella vita» ha dichiarato l’autrice. «Molti di noi si sentono impotenti ed esclusi dal processo decisionale. Siamo il prodotto, ma non siamo parte del team ed è alienante sentire che le decisioni che riguardano la nostra carriera spesso non vengono condivise con noi» ha concluso.

Lily Dunn, collega autrice, ha affermato che la maggior parte dell’ansia nel suo caso deriva dal non sapere cosa aspettarsi e dall’attesa di una risposta da parte dell'agente o dell'editore che si destreggiano tra diversi libri e non possono dedicarsi esclusivamente a un autore.

Gli autori concordano nel dire che una maggiore organizzazione e un sopporto formale consentirebbe loro di affrontare il processo con maggiore sicurezza, benché riconoscano la grande pressione alla quale sono sottoposti gli editori. I quali, appunto, non sono affatto esclusi dalla crisi della salute mentale: Andrea Henry, direttrice editoriale di Picador, ha parlato del sovraccarico di lavoro al quale sono sottoposti i professionisti dell’editoria, con ritmi lavorativi estenuanti che comprendono anche le ore serali e i weekend. «Non siamo in prima linea nel servizio sanitario nazionale, no? Tuttavia, si tratta di un lavoro che si ripercuote sulla nostra vita privata. Spesso ci viene detto che dev’essere uno stile di vita e per questo motivo è molto difficile staccare la spina».

Anche Sabah Khan, responsabile della pubblicità per la narrativa e la saggistica di Simon & Schuster UK, ha affermato che gli editori oggi devono affrontare circostanze particolarmente impegnative. «Penso che la pandemia abbia offuscato i confini del significato di disponibilità sul lavoro, anche se l’intero settore parla da tempo di burnout e benessere mentale».

Come riportato da The Bookseller, la questione è complessa poiché se gli editori indipendenti riescono, da una parte, a intrattenere rapporti molto stretti con i loro autori – cosa non sempre possibile nelle aziende più grandi – d'altro canto non tutti i piccoli editori hanno le risorse interne che vorrebbero dedicare a ogni libro. In ogni caso, è importante che i rapporti tra editori e autori siano aperti e onesti e che vengono definite le responsabilità da entrambe le parti fin dal principio.
Editori e agenti, chiaramente, non sono professionisti della salute mentale ed è quindi necessario riconoscere il bisogno di figure professionali adatte a fornire supporto agli autori, cominciando già in una fase iniziale del rapporto di lavoro.

L'autore: Elisa Buletti

Laureata in Lettere all’Università degli Studi di Verona, ho conseguito il master Booktelling, comunicare e vendere contenuti editoriali dell’Università Cattolica di Milano che mi ha permesso di coniugare il mio interesse per i libri e l’intero settore editoriale con il mondo della comunicazione digital e social.

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