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Pirateria alla spagnola

di R. Cardone notizia del 13 gennaio 2010

Lo scorso novembre si è svolta a Madrid l'edizione d'esordio della Feria del libro digitale; la versione 0.0, secondo gli organizzatori, di quello che vuole essere un appuntamento fondamentale nel futuro dell'editoria ispanofona.
Intanto le tre grandi case editrici leader del mercato, Planeta, Santillana e Random House-Mondadori, annunciano di voler stringere i tempi sulla creazione di una piattaforma di distribuzione comune per gli e-book, in fase beta per la prossima primavera, e il Ministro della cultura annuncia per i primi mesi dell'anno un report che esplicita le intenzioni governative sul libro elettronico, «Publishing Perspectives».
In una Spagna che, riporta la rivista professionale on line della Buchmesse, è al secondo posto mondiale della pirateria on line. Lo dice Andreu Teixidor, già presidente di Destino, una delle principali sigle di Planeta, e lo confermano due recenti studi. Agustín González García sottolinea come lo Special 301 Report, redatto dalla International intellectual property alliance (Iipa) e presentato alla sessione speciale Protection of intellectual property rights, sulla base di indagini condotte dall’Usa copyright office e da rappresentanze dei governi di Regno Unito, Francia, Germania e Svezia mette la Spagna sotto «osservazione speciale» per gli atti di pirateria telematica. Gli fa eco quanto detto pochi mesi fa nell'ambito del Congressional international Anti-piracy Caucus 2009 che descrive la Spagna, subito dietro la Cina, e insieme a Russia, Messico e Canada, come un pericoloso covo di pirati informatici. Perché? Secondo l'Anti-piracy Caucus, la politica del governo spagnolo ha sostanzialmente decriminalizzato lo scambio illegale di file sui siti peer to peer ed è ben lontana dall'attenersi alle direttive comunitarie stabilite in materia: la situazione, per chi è detentore o gestisce copyright nei principali campi del digitale (film, musica, videogiochi ecc.) è inammissibile e si chiedono al governo spagnolo iniziative concrete per contrastare la pirateria. La pirateria è effettivamente così diffusa tra i giovani spagnoli? «Assolutamente no» dichiara Francisco Ros, segretario della Commissione spagnola per l'information technology e le telecomunicazioni, «si tratta di una leggenda metropolitana che non ha alcun fondamento, nessuna prova concreta». Sia come sia, sembra strano che l'Iipa e Anti-piracy Caucus se la prendano proprio con la Spagna senza avere niente in mano. Le preoccupazioni verso l'inclinazione alla pirateria degli spagnoli potrebbe essere amplificata da altri fattori, specie per quanto riguarda le prospettive per l'e-book: la Spagna è al centro del mondo ispanofono; lo spagnolo è tra le lingue più parlate nel mondo e nel Centro e Sud America, sia per la diffusione delle tecnologie sia per gli intensi programmi di alfabetizzazione e istruzione, il trend nei consumi di prodotti digitali sarà probabilmente in crescita. Gran parte del Centro e Sudamerica ha guadagnato un'importante stabilità sociale e la percentuale di popolazione giovanile – quella sospettata di essere la benzina della pirateria – è molto alta rispetto ai Paesi occidentali. È vero che l'indice di lettura è in calo ovunque, e che l'indice di pirateria è misurato su musica e film (visto che il libro elettronico è ancora irrilevante, in quei Paesi, per il mercato consumer), ma è anche vero che non sappiamo cosa possa succedere di fronte alla crescente richiesta di testi scolastici e professionali nell'immediato futuro. Al tempo stesso, la Spagna è un riferimento commerciale per l'America Latina, ma sempre meno un punto di riferimento politico, tanto più oggi, nel bicentenario dell'indipendenza dei Paesi latino americani dalla colonizzazione spagnola.
 

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