Tempo di libri è finito, ma i titoli presentati e gli argomenti affrontati durante i cinque giorni di fiera continuano a essere presenti nelle riflessioni di chi l’ha visitata. In particolare, oltre ai dati sulle abitudini di lettura (e non lettura) degli italiani, rimangono numeri e cifre riferiti al mercato del libro nel nostro Paese: non solo i primi dati relativi al 2018, ma anche le analisi dei segmenti presentate durante il ciclo Un mercato fatto di mercati, che quest’anno si è occupato di graphic novel, sport, libri sugli animali e fantasy.
Proprio quest’ultimo segmento ha chiuso gli incontri e gli eventi professionali di
Tempo di Libri, portando dati che, per chi si occupa di questo genere (e di quelli affini, come per esempio la fantascienza, che potremmo riunire per comodità sotto l’ombrello di
«letteratura del fantastico»), suscitano sicuramente qualche riflessione.
Il genere fantasy in Italia, dal 2012 a oggi, vive essenzialmente di rendita su titoli di catalogo (le edizioni economiche la fanno da padrone, prendendosi circa il 60% del mercato), sulla performance dei titoli in Top 20 – che influenzano grandemente il mercato totale – e su un manipolo di autori che si alternano tra i primi cinque posti dei più venduti. G.R.R. Martin, J.R.R. Tolkien, Cassandra Clare, Licia Troisi, fino al 2012 Cristopher Paolini, oggi Ransom Riggs (grazie ai libri dedicati alla casa per bambini speciali di Miss Peregrine, da cui Tim Burton ha recentemente tratto un film), alternati ad altri autori inseriti in questa categoria dagli editori ma potenzialmente discutibili (la distopia di Hunger Games è fantascienza, come vorrebbe tecnicamente il genere, o può essere considerata fantasy? L’editore della Collins propende per la seconda opzione, e infatti l’autrice risulta tra i 5 più venduti degli ultimi anni per questo segmento).
Sono pochi, pochissimi autori che vendono – salvo eccezioni – almeno 50 mila copie ogni anno. Eppure il loro mercato (sempre a copie) è calato nel corso degli anni, la situazione per gli autori attorno a loro non è più rosea, mentre su altri media (dal cinema ai videogiochi ai fumetti) le property di genere fantasy stanno vivendo un ottimo momento (pur lasciando il passo, ultimamente, alla fantascienza). Perché questo squilibrio? Perché questa differenza col mercato anglofono, per fare un confronto con i maggiori consumatori di questo genere?
In parte, forse, è una questione più propriamente culturale: siamo la patria di Ariosto e dell’Orlando Furioso, eppure la narrativa fantastica viene ancora vista con una certa altezzosità. Un sentimento difficile da sconfiggere, che aliena una fetta di pubblico, mina la promozione di certi titoli (salvo arzigogolati giri di parole per cui «l’elemento fantastico c’è ma è metafora della realtà») e impedisce, di fatto, di comunicare i titoli già pubblicati e di sperimentare al di fuori del solco tolkeniano o, ultimamente, martiniano. Certo, le eccezioni ci sono, tanto nella piccola quanto nella grande editoria, ma in generale la prima non ha la forza materiale per raggiungere grandi masse e la seconda non può promuovere massicciamente titoli che poi rischiano di non avere il necessario ritorno (un serpente che si morde la coda).
In parte – di conseguenza, verrebbe da dire – per quella parte di pubblico che invece è interessata alla narrativa fantasy, può esserci una certa stanchezza nei confronti della proposta disponibile in libreria (e, spesso, un affidamento all’acquisto di titoli in lingua originale mediante i canali online). Lo scaffale medio non offre molto di più rispetto agli autori già menzionati, più qualche grande escluso che per quanto riguarda le classifiche fa parte della letteratura per bambini (C.S. Lewis, J.K. Rowling e probabilmente Philip Pullman), svariati epigoni tolkeniani, Neil Gaiman – ma soprattutto in virtù delle trasposizioni in altri media, al contrario di quanto accade in America e Gran Bretagna – e quel che resta dell’ondata di paranormal romance post Twilight. Altri autori che altrove sono veri e propri capisaldi per il mercato e per la critica (da Brandon Sanderson a Robin Hobb, da Terry Pratchett a China Mieville) fanno qualche comparsata nelle librerie più grandi, ma con risultati non comparabili a quelli che fanno in patria – e non può certo trattarsi sempre e soltanto di una situazione per cui quello che funziona all’estero non sempre funziona poi qui.
L’unica sezione del fantasy che sembra ricevere, almeno negli ultimi anni, una certa attenzione e un buon numero di titoli pubblicati (con buona pace del lettore di fantasy medio) è quella che si trova sotto l’etichetta degli Young Adult, con particolare attenzione alle lettrici. Qui, oltre alla citata Cassandra Clare, si stanno traducendo abbastanza celermente le nuove serie di successo e anche qualche cosa in più, cercando di soddisfare un target molto interessato, che segue sui social e sui blog le novità estere e spinge per la loro pubblicazione, e che in generale rappresenta una fetta appetibile del mercato editoriale un po’ in tutti i generi.
È difficile capire la loro ricaduta a livello di mercato (anche perché parte di questi libri nelle classifiche Nielsen sono nella sezione Ragazzi, separati dal resto del fantasy), ma indubbiamente la loro promozione suggerisce un ritorno interessante, o perlomeno l’intenzione di esplorare questo target in modo attivo.
Queste lettrici poi decideranno di esplorare anche quel che offre il resto della letteratura fantasy, provando a leggere altri esempi e sotto-generi? È possibile, anche se in apparenza poco probabile, anche per la «ghettizzazione» di cui si diceva, per cui persiste – anche se meno rispetto al passato – un pregiudizio verso l’adulto che si dedica alla lettura di fantasy.
Non possiamo prevedere le direzioni in cui si svilupperà il fantasy in Italia, tanto nella sua variante più generale che in quella per i giovani adulti. Dopo la varietà degli anni Settanta con la Serie Oro della Nord e un periodo di grande popolarità subito dopo la trasposizione del Signore degli Anelli al cinema, il genere ha vissuto un momento d’ombra. Ma qualcosa si sta muovendo, e negli ultimi anni alcuni editori hanno deciso di proporre titoli chiaramente fantasy – non ultimo, e/o – e soprattutto sono nate piccole e medie realtà che hanno tutta l’intenzione di crescere, e che in parte ci stanno già riuscendo: basta andare a vedere tra gli editori presenti alle ultime fiere di settore. Se si sapranno sfruttare i modelli di oltreoceano e applicarli al peculiare mercato italiano, usando i fenomeni già in corso come grimaldello per la promozione di un catalogo innovativo, non c’è dubbio che qualcosa si smuoverà.