Può sembrare (e in parte lo è) che il mercato a valore dei canali trade sia cresciuto dello 0,2% (circa +2,1 milioni di euro) tra i primi dieci mesi del 2016 confrontato con il corrispondente periodo del 2015. Può sembrare perché dobbiamo ricordarci che nella certificazione che ne dà Nielsen continuano a mancare i dati di Amazon. Cioè di un player che opera in un canale – quello dell’e-commerce fisico – che rappresenta un 16%-17% del trade e che cresce con tassi del +16%! Mancano ancora l’e-book e tutti quei punti vendita minori e/o specializzati che non rientrano nel perimetro di consolidamento della rilevazione puntuale dei sell-out.
Questi sono alcuni dei dati più evidenti emersi nel corso della presentazione dell’indagine Nielsen che si è svolta oggi nel primo incontro professionale di Più libri.
In ogni caso il settore ha iniziato un percorso di ripresa dei valori di vendita. Anche se non ancora delle copie: -3,2% (P11 2016 vs P11 2015). Anche in questo caso due avvertenze: è innegabile che una parte delle copie perse (ma in quale misura?) siano state assorbite dai download degli e-book; è innegabile che anche qui siamo in presenza di un rallentamento della perdita: -3,2% nei primi 11 periodi dell’anno; -4,3% nel 2015 rispetto al 2014.
Il canale critico resta la GDO: al netto delle sue performance negative (lo stimiamo in un -14% / -15%) il mercato sarebbe cresciuto già di un +1,9%. Criticità che pongono diverse domande: cambiamenti dei comportamenti d’acquisto del pubblico? Minor convinzione in questa linea di prodotto da parte degli operatori? Maggior capacità del frequentatore medio del Grande magazzino di usare lo strumento dell’e-commerce dove può trovare assortimenti ben maggiori? E a parità di promozione?
Sono dati che non considerano l’ultimo periodo dell’anno. Nel 2015 rappresentarono oltre il 25% delle vendite con quasi un +8% sul 2014. Se volessimo meccanicamente trasferire quella crescita del 2015 al 2016 il risultato che avremmo (e sempre senza Amazon ed e-book) sarebbe compreso tra un +1,9% e +2,2% a valore; e tra un -1,0% e -0,8% a copie.
Una crescita trainata, ancora una volta dai libri per bambini (e non è una novità) ma anche dalla narrativa sia italiana che straniera. Ma trainata (e qui Nielsen esclude la GDO) proprio dalla piccola editoria. Senza la GDO (dove i piccoli editori sono sì presenti, ma in misura nettamente inferiore e con titoli / autori a più alta rotazione) quel +1,9% risulta essere il prodotto di due andamenti opposti: -1,5% dei grandi e medio-grandi editori e +7,6% dei piccoli (fino a 13 milioni di fatturato). E lo stesso lo vediamo accadere nelle copie: +5,9% per i piccoli e -3,9% per i grandi.
Tutto ciò significa un cosa rilevante: la crescita che la piccola editoria ha in termini di quote: da circa un 32% nei canali trade nel 2015 a un 33,0%-33,5% nel 2016 (sempre con l’incognita Amazon che paradossalmente con la sua capacità di gestire le code lunghe dei cataloghi può avere su questo segmento industriale).
Fatto occasionale? Legato ad alcuni (anzi più di alcuni) titoli e autori? Può essere. Ma l’impressione è che, come aveva spiegato in una recente intervista Antonio Sellerio, diverse sigle di piccoli editori stanno passando dalla gestione del singolo best seller, o dal singolo autore di best-seller alla costruzione di una scuderia di autori.
Tra i relatori dell’incontro, diverse sono state le reazioni ai dati presenti nell’indagine. Da una parte Isabella Ferretti, fondatrice di 66th and 2nd, ha sottolineato che l'analisi «rispecchia la nostra realtà e anche quella di altri colleghi con cui abbiamo avuto modo di confrontarci. Una realtà che ha visto nel 2016 un anno sicuramente migliore rispetto a quello precedente, con segni positivi sia a valore che a volume». Dall’altra, Bruno Mari, vicepresidente del Gruppo Giunti, ha evidenziato scenari meno rosei di quelli esposti. «Il mercato non sta crescendo ma si sta modificando – ha affermato – e questi segni positivi sono in particolare il risultato della politica di prezzo attuata dagli editori. Non mi sento di azzardare un pronostico sul risultato finale del 2016, anche perché nelle ultime due settimane stiamo registrando un decremento significativo nelle vendite in libreria. Se si potessero considerare anche le vendite di Amazon, sicuramente si avrebbe un quadro più incoraggiante. Non condivido comunque l'ottimismo dilagante tra molti operatori del settore».
Antonio Monaco, presidente del gruppo Piccoli editori di AIE, ha infine posto l'accento sul ruolo dei piccoli editori nella ripresa del mercato: «Dentro la crisi i piccoli editori sanno differenziare laqualità. Sanno tirar fuori novità, segmenti, formule,specializzazioni e nicchie innovative. Per questo oggi sannointerpretare il mercato meglio dei grandi editori e cresconomolto più della media del mercato».
Le slide dell’evento sono disponibili e liberamente scaricabili alla pagina dedicata all'evento, nella sezione Presentazioni di questo sito.
Guarda il video completo dell'incontro sul sito di Più Libri Più Liberi.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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