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Mercato

La carta è diventata un problema

di Samuele Cafasso notizia del 5 ottobre 2021

La carta è diventata un problema: con la penuria di materia prima e i ritardi nelle consegne, per avere la certezza di avere i volumi pronti a dicembre è necessario fissare gli ordini già adesso, senza poter aspettare le indicazioni dalle librerie. Ed è solo uno dei problemi dovuti alla crisi delle forniture: gli altri sono la riduzione del numero dei fornitori – alcuni rischiano di chiudere i battenti – e soprattutto i prezzi in impennata, una specie di tempesta perfetta che arriva proprio nel momento in cui gli editori potevano sfruttare l’onda lunga di una domanda in crescita. Decidere la tiratura di un libro basandosi solo sui riscontri della rete commerciale non è facile per nessun editore. Dover decidere senza avere nemmeno le proiezioni di vendita, o dover anticipare le ristampe senza aver visibilità sul venduto, somiglia molto a un atto di divinazione a cui, però, alcuni editori italiani potrebbero essere costretti se non vogliono perdere il treno delle vendite natalizie.

«Il problema riguarda soprattutto i piccoli editori che hanno minor potere di negoziazione» spiega Riccardo Cavallero, editore di Sem. «I prezzi che paghiamo per il libro stampato stanno per lievitare: siccome le tirature medie si sono già abbassate e i prezzi di copertina non si possono alzare perché di fatto i lettori, per effetto della riduzione degli sconti dovuti alla nuova legge, già pagano di più, l’unica strada è quella di ridurre la produzione». Ovvero, lanciare meno libri: «Per un piccolo editore, però, scendere sotto i 10-15 libri l’anno di fatto vuol dire essere buttati fuori dal mercato».

Per capire cosa sta succedendo è necessario fare un passo indietro. La ripresa dei consumi dovuti alla (per ora parziale) uscita dalla pandemia ha avuto due grandi conseguenze sul mercato globale. La prima è una crisi delle forniture di materia prime dovuta al fatto che la logistica soffre a tenere il passo della ripresa: vogliamo consumare come prima, ma porti e navi, a causa delle limitazioni per il Covid, non lavorano ancora a pieno ritmo. La seconda conseguenza è che, dopo più di un anno e mezzo di stallo, le fabbriche hanno ricominciato a lavorare a pieno ritmo, la domanda di energia è cresciuta, il prezzo della bolletta energetica (come sanno le famiglie) pure. La crisi della carta si trova in questo crocevia: costa di più la cellulosa perché se ne consuma di più e perché le forniture tardano, costa di più l’energia elettrica e il gas, che le cartiere utilizzano in grandi quantità.



«È una questione che riguarda non solo l’editoria, ma tutti i settori tra cui gli imballaggi e la carta per usi igienico-sanitari» spiega Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta. «I prezzi della cellulosa sono ai massimi da sempre, più 70% sui valori di fine 2020. Cresce anche il costo del gas naturale: siamo a nove volte i valori di gennaio 2021. La marginalità delle aziende è a rischio e qualcuno potrebbe decidere di fermare le macchine per non lavorare in perdita: per ora è un tema che non riguarda la produzione di carte per uso grafico ma altri settori. Però è chiaro che c’è un problema di costi che non sempre si riesce a scaricare a valle».


Spiega Medugno che, per una cartiera, materia prima ed energia sono i primi due costi, entrambi pesano per circa il 20-30 per cento sul bilancio delle aziende. Sul costo della materia prima poco si può fare e l’Italia è allineata al resto del mondo, ma sui costi energetici invece le aziende nazionali sono penalizzate rispetto all’estero, essendo i costi più alti. Per questo le cartiere chiedono al governo di agire secondo norme già approvate nel 2018 e mai attuate che consentono di proteggere le imprese energivore (le cartiere sono tra queste, insieme alle acciaierie) ripagandole dagli extra-costi sul gas derivanti dalle politiche climatiche, secondo linee di condotta approvate dalla Ue e che difendono le industrie nazionali per proteggerle contro delocalizzazioni verso Paesi dove le produzioni sarebbero comunque ancora più inquinanti. Le imprese chiedono al governo, sull’onda di quanto già fatto da Germania e Francia, compensazioni per i costi sostenuti per l’acquisto dei «diritti di emissione». Su questa misura la Germania ha investito 500 milioni, per l’Italia i costi sarebbero più limitati e pari a 120-150 milioni.

In attesa di queste misure che sarebbero ossigeno per le cartiere italiane, la crisi della carta si fa pressante. Cavallero parla di «inefficienze» della intera filiera produttiva, cioè anche delle tipografie, che vanno affrontate prima che qualche editore decida di andare a stampare all’estero. «Da parte del governo – aggiunge – il credito d’imposta sulla carta sarebbe una misura utile, un segnale di attenzione». Il problema, però, è non solo italiano ma globale. Spiega Lorenzo Pieresca (Marsilio editori) che, oggi, per gli acquisti di carta da edizioni (la carta non patinata utilizzata per le pagine interne dei romanzi e dei saggi) ci si rivolge soprattutto in Nord Europa mentre per le carte speciali – ad esempio i cartoncini per le copertine – a produttori italiani. Nel primo caso i rincari sono del 20%, e stanno crescendo, nel secondo del 40%. Per i rincari della carta da edizioni, un mercato dove tradizionalmente i margini sono molto bassi, il fatto che gli aumenti siano stati annunciati più o meno nello stesso momento da aziende diverse ha fatto alzare il sopracciglio a più di un acquirente (ma è anche vero che tutti i soggetti del mercato stanno affrontando problemi simili). Certo è che la ripartenza della domanda di libri, che ha dimensioni inattese in tutta Europa e non solo, può aver colto di sorpresa alcune cartiere che, nel frattempo, si erano spostate verso tipi di produzione considerati più remunerativi e al passo con i tempi, ad esempio gli imballaggi per l’e-commerce.

Comunque sia, le ricadute sono gravi. «Se per i libri di narrativa e di saggistica c’è il rischio di dover decidere le tirature senza avere le proiezioni di vendita, per i cataloghi e l’editoria di arte la situazione è ancora più difficile» spiega Pieresca. Il settore, come noto, è tra quelli che ha più sofferto negli ultimi due anni a causa dello stop alle mostre. Adesso la crisi della carta costringe a doversi esporre in maniera molto forte, decidendo di andare in stampa con grandi quantitativi dovendo affrontare, in caso di annullamento della mostra, un importante costo dovuto alle rese, oppure stampare meno, ma rischiare così la rottura di stock, perché i tempi di ristampa si stanno allungando. Inoltre, c’è la crisi dei fornitori: le tipografie faticano a trovare le finestre temporali per la stampa dei libri, legatorie e altre aziende della filiera rischiano di doversi fermare a volte perché, banalmente, mancano le scatole per imballare e spedire i prodotti finiti: va avanti solo chi aveva fatto stock. Una tempesta perfetta, difficile anche solo da immaginare un anno fa.

L'autore: Samuele Cafasso

Sono nato a Genova e vivo a Milano. Giornalista, già addetto stampa di Marsilio editori e oggi di AIE, ho scritto per Il Secolo XIX, La Stampa, Internazionale, Domani, Pagina99, Wired, Style, Lettera43, The Vision. Ho pubblicato «Figli dell’arcobaleno» per Donzelli editore. Quando non scrivo, leggo. O nuoto.

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