Nonostante il calo demografico spinga in direzione opposta, il settore si mantiene sopra il 15% del totale della varia come valore delle vendite e oltre il 20% come numero di copie: è il paradosso dell’editoria per bambini e ragazzi.

Il dato è contenuto nella ricerca dell’Ufficio studi dell’Associazione Italiana Editori, realizzata in collaborazione con Nielsen BookScan, presentata oggi a Più libri più liberi durante l’incontro L’editoria per bambini e ragazzi a cui hanno partecipato Marcello Buonomo (Lavieri edizioni), Pico Floridi (Il Castoro), Carlo Gallucci (Gallucci editore) e Giovanni Peresson (Ufficio Studi AIE), Francesco Zamboni (Carthusia edizioni), con la moderazione di Lara Crinò (Repubblica).

Peresson ha spiegato che «è nella fascia da 0 a 6 anni che si concentra la produzione e teniamo conto che non sono conteggiati fumetti e Young Adult. Il settore vale il 16%: negli anni 80 era tra il 3% e il 5%, con forte stagionalità legata al Natale, ma anche a cresime e comunioni. È diventato un mercato completamente nuovo negli anni. Oggi è la fascia della prima infanzia che regge il mercato (0-5 anni), una fascia pilotata dalle scelte dei genitori».

«Il settore bambini ragazzi – ha spiegato Diego Guida, vicepresidente di AIE e presidente del gruppo piccoli editori – è un buon esempio di come la piccola e media editoria italiana può esprimere il meglio dell’innovazione e, opportunamente sostenuta, imporsi anche sui mercati esteri. Allo stesso tempo, come Associazione, siamo impegnati a promuovere la lettura nelle fasce giovanili, con iniziative come #ioleggoperché, sia per allargare il mercato di riferimento nell’editoria italiana ma, soprattutto, sostenere la crescita civica e culturale del Paese».

Nei primi undici mesi del 2022, il valore del venduto è pari a 190, 83 milioni, in flessione del 2,5% rispetto all’anno precedente ma in crescita del 14,2% rispetto al 2019 pre-pandemia. Le copie acquistate sono 16,07 milioni, in flessione del 3,3% sul 2021 ma in crescita del 10,2% rispetto al 2019. La quota rispetto al mercato complessivo di varia è pari al 15,8% come valore del venduto e 20,1% come numero di copie, valori inferiori di pochi decimi di punto percentuali rispetto ai tre anni precedenti. Questi dati vanno messi a confronto con quelli della popolazione 0-14 che, in Italia, è calata sotto gli otto milioni per la prima volta nel 2018 e da allora ha continuato lentamente a scendere, fino ai 7 milioni e 637 mila del 2021. Le previsioni dell’andamento demografico ci dicono che la flessione continuerà fino a metà degli anni Trenta.

Da parte sua, Floridi ha notato che resta ancora molto da fare «sui non lettori: ci sono bambini che leggono un libro l’anno, bambini che non ne leggono neanche uno. Non entrano in libreria, e hanno genitori che non leggono e non gli propongono libri».

Gallucci ha sottolineato l’importanza del traino delle politiche pubbliche: «Il cambio degli ultimi anni nei numeri della lettura è dovuto alle politiche governative, più attente alla lettura dei bambini: finanziamento biblioteche, buoni a Più libri più liberi, a Torino, librerie aperte nel lockdown... Ma le politiche per funzionare devono durare decenni, e le premesse non ci sono, contando cosa il governo ha fatto con la 18app».

Zamboni ha richiamato la centralità del libro come oggetto, che deve però coniugarsi con lo sviluppo del digitale perché «la realtà di oggi non può essere ignorata dall'editoria. Carthusia ha sempre fatto dell'oggetto libro un elemento centrale, un oggetto che ha una sua storia e fisicità, che diventa totem, che assume una storia nella vita del bambino e avrà dei ricordi su quell'oggetto. Con il digitale questo aspetto rischia di perdersi, ma noi pensiamo comunque di usarlo per arricchire l'esperienza dei bambini, che però deve sempre partire dal libro. Non produciamo nulla di esclusivamente digitale».