«Chi fa da sa fa per tre» questo sembra essere il mantra di alcuni autori che vogliono vendere (da soli) i propri libri on line. Perché se è vero che a volte gli editori tradizionali si sono mostrati indecisi nell'affrontare il mercato del Web è anche vero che «non è tutto oro quello che luccica» e che rivolgersi ad Amazon può non essere sempre così conveniente come sembra.
Ma andiamo per ordine. Il segreto del successo di Amazon come editore e come libreria virtuale è in gran parte racchiuso nelle informazioni che il suo database contiene a proposito degli utenti del sito: chi sono, quanti anni hanno, dove vivono, cosa comprano e soprattutto cosa leggono, come si evolvono i loro gusti. Tutti questi dati, fondamentali per autori ed editori al fine di capire cosa funziona e cosa no, su che target puntare ecc., sono – comprensibilmente – custoditi gelosamente da Amazon e non condivisi con nessuno. La conseguenza più evidente è che se un autore vuole vendere on line le proprie opere tende a rivolgersi al colosso di Seattle. Ma fa bene? Fermiamoci un istante a ragionare. Amazon possiede gli indirizzi e-mail di coloro che comprano i libri. Ma ancora, Amazon sa cos’altro questi consumatori vorrebbero comprare e glielo vende. Amazon non condivide queste informazioni con gli autori.
Si parla molto di self-publishing ma, sempre più spesso, alcuni autori emergenti dimostrano anche di avere la capacità di vendere e pubblicizzare i propri libri in modo autonomo grazie a un’oculata gestione del proprio sito o blog o alla partecipazione a vari forum e social network. La maggior parte di costoro scrivono di non-fiction e traggono la percentuale più alta di profitti, più che dalle vendite dei loro stessi libri dall’attività di consulenza e di raccomandazione di prodotti ad essi correlati, dalla loro capacità di vendere e vendersi bene. Quanto dunque è effettivamente vantaggioso per loro lasciare ad Amazon il controllo sulla loro mailing-list, sul loro pubblico?