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Librerie

Formazione, innovazione, aggregazione: le tre parole d'ordine di Alberto Galla (Ali) per sconfiggere la crisi

di E. Vergine notizia del 14 ottobre 2014

È uno scenario di grandi trasformazioni quello che si trova ad affrontare il mercato del libro in Italia dopo quattro anni di crisi. E tra le mille difficoltà – si restringe nel 2013 del 6,1% il bacino dei lettori (leggono almeno un libro in un anno solo 43 italiani su 100), si ridimensiona il mercato totale (-4,7% se nel computo si considera anche il non book, diversamente ci si attesta sul -6,8%), si registra un andamento negativo anche nel numero di titoli pubblicati (-4,1%) – librai ed editori sono in cerca di formule per affrontare il futuro.
Ne abbiamo parlato con Alberto Galla, presidente dell’Associazione librai italiani, che abbiamo intervistato anche sul «Giornale della Libreria» di novembre che ospiterà una serie di articoli che fotografano appunto la situazione delle librerie indipendenti e di catena, in Italia e nella vicina Francia.

Dopo quattro anni di crisi qual è la situazione delle librerie indipendenti in Italia?
La situazione delle librerie indipendenti in Italia è drammatica: molte sono state costrette a chiudere e quelle rimaste sono in oggettive, gravi difficoltà.

La crisi ha sicuramente impattato pesantemente sulla filiera, ma ha anche contribuito a mettere in luce alcuni punti di forza. Cosa salverebbe di questi ultimi quattro anni?
Riassumo i punti di forza su cui i librai e l’Ali hanno puntato e punteranno sempre più nei prossimi anni in tre parole chiave: formazione, innovazione, aggregazione. La priorità maggiore va alla formazione che da anni promuoviamo attraverso la Sli – Scuola librai italiani (nella foto sotto un momento formativo)perché crediamo che la professionalità e la passione siano i capisaldi sui quali si fonda il nostro mestiere. Ali contribuisce anche al programma formativo della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri che nel 2015 si presenterà rinnovata nella sua organizzazione e nella sua struttura per andare incontro alle esigenze formative non solo di chi ha in mente di intraprendere il lavoro del libraio, ma anche di chi questa professione la sta faticosamente portando avanti ponendo l’accento sull’innovazione, sulle nuove tecnologie sulla possibilità di aprirsi nuovi business.

L’innovazione mi sembra un punto centrale.
Esatto, perché se c’è un problema che ha vessato le librerie indipendenti italiane in questi anni è proprio l’aver vissuto per troppo tempo in un contesto di apatia rispetto al cambiamento con la conseguenza che, di fronte alla trasformazione imposta dalla crisi, molti di noi si sono trovati impreparati. È per questo che una formazione che guardi all’innovazione è un elemento fondamentale per fornire ai librai gli strumenti per leggere il cambiamento e per poter prendere i dovuti provvedimenti per affrontarlo. Innovazione però, significa anche tornare ad avere un approccio antico riguardo la libreria, che affonda le sue radici in una logica di multistore: in passato si vendevano sì i libri, ma anche quel che oggi chiamiamo non book. Trovo che si debba quindi tornare a ragionare su un’offerta merceologica e commerciale che vada al di là del semplice libro, che lo arricchisca e lo completi, pur non perdendo di vista la specializzazione libraria che deve essere comunque salvaguardata.

Tra gli elementi «da salvare» citava poi l’aggregazione: all’estero le reti di librerie non mancano, pensa che sia possibile pensare a forme di collaborazione analoghe anche tra i librai del nostro Paese?
Credo di sì. In tutta Italia sono sorte infatti, più o meno spontaneamente, delle aggregazioni di librerie: si va da quelle più informali e spontanee, che riguardano per esempio alcune librerie del Veneto, riunitesi sotto la sigla «Librerie d’autore», a quelle più formalmente strutturate che partendo da un input venuto dall’Ali – che era quello di ragionare sulle reti di impresa – ha trovato una prima realizzazione sperimentale in Sardegna. Credo che questo costituisca un elemento di consapevolezza importante per cui si smette di guardare in cagnesco il proprio vicino e si cerca di trovare degli elementi di comunione e collaborazione (dallo stock ad un sistema informatico che possa fare la condivisione dei monte merci delle varie librerie, al tour degli autori ecc.). Oggi questo modello sta diventando realtà e sta per essere esportato nel resto d’Italia, dove da tempo si sta diffondendo un interesse, a partire ad esempio da alcuni librai indipendenti romani


Fonte: Sli - Scuola librai italiani

 

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