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Librerie

Amore al primo sguardo, storia di una libreria varesina e delle sue vetrine

di P. Sereni notizia del 19 settembre 2012

Stracolme, minimali, trasparenti, polverose, studiate, commerciali, progettate. Sono le vetrine, l'amo a disposizione del libraio per convincere il lettore a entrare a passeggiare tra gli scaffali e magari, se si è fortunati, a convincerlo per un attimo dell'irrimediabile necessità del superfluo. 
Le tecniche di visual merchandising non sembrano però essere troppo familiari tra i librai nostrani e non capita spesso di imbattersi in un progetto come quello portato avanti da Cristina Clerici e Luca Rizzardi, librai alla Libreria del Corso di Varese di cui anticipiamo uno stralcio dell'intervista che i lettori del «Giornale della Libreria» potranno trovare sul numero di ottobre.

C’è una differenza tra i libri e gli altri oggetti o si possono comunicare nello stesso modo?
Crediamo che sia fondamentale, nell’esposizione del libro, che esso possa esprimersi,  comunicare qualcosa di sé, provocare nel passante l’emozione che noi abbiamo sentito chiaramente nel corso della lettura. Per un prodotto come il libro, a differenza di tanti altri prodotti che sono visibili al 100% nella loro forma estetica, il valore è nascosto forzatamente sotto una copertina, in alcuni casi poco espressiva, quasi muto nel suo vestito esteriore. Quindi pensiamo che sia indispensabile far sì che il lettore ne avverta la bellezza, la forza narrativa,  l’energia. Tutto ciò non scaturisce fino al momento in cui ti accingi a leggerlo, perciò il nostro tentativo è quello di farlo intravedere prima.

Avete un modello al quale vi rifate  o vi siete rifatti?
Non abbiamo un modello preciso, ci piace lasciarci trasportare dalle sensazioni che ci dona la lettura, visualizzare un contesto, una luce, un colore nel quale il libro prescelto, in vetrina, potrebbe abitare sentendosi a suo agio. Durante questi dodici anni abbiamo realizzato centinaia di vetrine. Per noi è stato sempre come disegnare dei mandala, e come nella tradizione buddhista la stessa gioia che ci spinge a crearle è quella con la quale le «distruggiamo», per far sì che la nostra energia creativa si rinnovi.

Quanto pensate che questo tipo di vetrina incida nella scelta del lettore di entrare?
Speriamo di riuscire a suscitare nel lettore che guarda distrattamente la vetrina le sensazioni folgoranti che hanno tenuto noi in ostaggio per tutto il tempo della lettura. Non è assolutamente facile ma estremamente stimolante! Anche chi fatica a comprendere il senso (perché è normale che ciò avvenga) spesso è attratto da questa forma di espressione atipica, ed entra incuriosito a conoscere la libreria.

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