«Vogliamo schierarci con chi pensa che siamo ancora in tempo per aggiustare la situazione e noi comunque vogliamo metterci tra quelli che ci provano». Antonio Monaco, editore di Sonda, si occupa di sostenibilità – soprattutto in editoria – da molti anni, sia per la sua casa editrice che per l’Associazione Italiana Editori. Conosce i principali temi dibattuti, le migliori pratiche attualmente in atto nelle case editrici italiane. E però questo non basta più, a suo modo di vedere: «È venuto il momento di coinvolgere i più giovani» dice.
Monaco, chi si aspetta di vedere seduto in sala a questo incontro?
Vogliamo invitare tutte le persone nate dopo il 1988 e, in particolare, il personale che lavora, collabora o interagisce con il mondo editoriale. Non solo, dunque, chi lavora all’interno delle case editrici italiane, ma anche i collaboratori esterni, i traduttori, gli illustratori, i librai, i neo-editori, gli stampatori, i promotori, i distributori, gli agenti letterari, i correttori di bozze, gli stagisti ecc. Nonché i lettori.
Non sono però queste le persone che attualmente possono decidere un cambio di rotta dell’industria. Come mai questa scelta?
L’innovazione, in tutti i settori, la fanno i giovani. Perché in editoria dovrebbe essere diverso? Noi l’abbiamo definita la Generazione S. S come sostenibilità, certo, ma anche come Salone del libro, che ha esattamente 35 anni. Sono le persone che si dovranno confrontare più direttamente con gli effetti del cambiamento climatico, ma anche quelle che in un futuro non remoto saranno nella posizione di poter prendere decisioni che orientano l’industria.
Cosa stanno facendo oggi gli editori sul tema della sostenibilità?
Molto, anche se non sono interventi coordinati. L’utilizzo della carta da fonti certificate, la riduzione del consumo di carta in redazione, l’ottimizzazione di tirature e distribuzione con l’obiettivo di ridurre le rese, i contributi a programmi di riforestazione, l’utilizzo di energie pulite, imballaggi eco-compatibili e inchiostri naturali. Sono tutte azioni importanti, spesso prese sulla scia di una nuova sensibilità che si è diffusa dopo il 2015, l’anno della Cop 21 di Parigi e dell’Agenda Onu 2030. I limiti manifesti di queste iniziative e che perlopiù coinvolgono solo gli editori occidentali e solo i vertici aziendali. Noi vorremmo invece suggerire una nuova direzione.
Il consumo di carta è chiaramente una delle questioni centrali
Lo è, ma va affrontata problematizzando i dati. Il fatto che il digitale, ad esempio, sia sempre meno impattante è una bugia: ci sono costi per l’ambiente importanti dovuti alla costruzione prima e allo smaltimento poi dei device. C’è la questione dell’immagazzinamento dei dati sui server, il loro sovraccarico. Non è l’unica questione da affrontare: spingere sulle prenotazioni per calibrare meglio le tirature o affidarsi al print on demand? Il ricircolo è sempre la strada migliore per i libri invenduti o a volte è meglio optare per il macero? E molto altro ancora.
Gli editori devono fare autocritica?
Ci sono comportamenti, procedure, visioni cristallizzate che probabilmente possono, anzi devono essere rinnovate affidandosi anche ai più giovani, ai «nativi sostenibili».
Qualche esempio?
Negli ultimi anni tutti abbiamo cercato di fare libri sempre più belli (l’illustrazione, la cartotecnica, le nobilitazioni): oggi sono proprio questi aspetti oggetto di valutazione critica quando la loro produzione ha costi ambientali pesanti per i materiali usati, perché la produzione si fa lontano dai mercati di consumo, perché si utilizzano carta sofisticate. C’è poi la questione delle rese, che da oltre un secolo è il modus operandi dell’editoria libraria e consente una suddivisione dei rischi imprenditoriali che rende economicamente sostenibile il settore. Oggi molti la considerano una delle cause di un eccesso di trasporti: si può mettere in discussione? Si può declinare meglio?
Con chi discuterete a Torino di tutto questo?
Abbiamo pensato a un meeting di confronto aperto cui parteciperanno, con l’introduzione e la moderazione del giornalista e saggista Federico Taddia, giovani professionisti che, a vario titolo, si sono occupati di sostenibilità. Insieme allo scrittore Fabio Geda ci sarà Giorgio Brizio, attivista green, Martina Miccichè, scienziata politica, Silvia Moroni, creator digitale, Giulia Ottoni, allieva del Master in Professioni e prodotto dell’editoria dell’Università di Pavia, Danilo Zagaria, divulgatore scientifico. Tutte persone che, nonostante la loro giovane età, hanno già esperienza e qualcosa da dire su questo tema.
E dal giorno dopo cosa succede?
Questo meeting vuole diventare un appuntamento ricorrente per testimoniare, documentare e valutare lo sviluppo dell’azione dell’editoria a favore della sostenibilità. Riguarda tutta la filiera, certamente non esaurisce il discorso e anzi al Salone ci sono molti altri eventi e interlocutori. Soprattutto, vuole essere l’avvio di un confronto perché bisogna essere onesti e dirci che le scelte necessarie non sono indolori e presuppongono la partecipazione e il consenso anche dei lettori.