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Editori

Newsletter: istruzioni per l’uso. Perché (ci) piacciono tanto e come possiamo usarle per il marketing del libro

di Alessandra Rotondo notizia del 27 aprile 2021

Uno strumento «lento», asincrono, che permette di staccare la spina da notifiche e distrazioni e ci proietta dentro uno spazio di relazione personale. È la newsletter: un perimetro potenzialmente infinito entro cui tutto può succedere a patto che gli ingredienti siano ben calibrati e lo scopo sia quello di voler entrare in contatto con i lettori per instaurare un rapporto di reciproco scambio.
 
Ma come può, oggi, l’e-mail marketing essere uno strumento utile per l’editoria? Lo abbiamo chiesto a Mafe de Baggis e a Rocco Rossitto, che per AIE terranno il corso E-mail marketing per l’editoria: come progettare una newsletter efficace.
 
L’appuntamento, che si terrà online l’11 e il 18 maggio dalle ore 10.00 alle 13.00 (qui le informazioni per partecipare), sarà l’occasione per inaugurare il format Chiedi al docente: un’ora in cui un gruppo ristretto di partecipanti potrà confrontarsi ulteriormente con i docenti. Per iscriversi alla sessione di approfondimento di questo corso – che si terrà il 27 e il 28 maggio dalle 11.30 alle 12.30 – è necessario compilare la scheda di iscrizione e inviarla compilata a segreteria@ediser.it (sempre qui le informazioni sui costi e le modalità di partecipazione).

 
Le newsletter sono uno strumento resistente del web: precedono di gran lunga i social ma stanno conoscendo una nuova primavera, configurandosi come spazio di dialogo e di approfondimento in opposizione alla caducità della gran parte dei contenuti con cui interagiamo in rete. Qual è la loro funzione oggi?
Mafe de Baggis. L'antenato della newsletter è il bollettino, metà testata giornalistica metà strumento di comunicazione, molto usato soprattutto da associazioni e dalla Pubblica Amministrazione. Pensate che, anni fa, scoprii a metà di una giornata di formazione che gli iscritti erano convinti di essere a un corso per fare newsletter cartacee e non capivano perché parlassi di privacy, HTML e form di iscrizione. Come sempre in questi casi assistiamo a un'evoluzione più che a un cambiamento: oltre che di dialogo e di approfondimento, possibili anche sui social media, una newsletter è una lettera che porta notizie, è intima, protetta e confortevole, anche quando ti scrive un brand. Questo è il passaggio principale da cogliere e imparare a utilizzare: non è quasi più un bollettino, è diventata una lettera. Che leggi solo se è rivolta a te, pur sapendo che la ricevono migliaia di persone.
 

Il format della newsletter è abbastanza duttile e minimale da prestarsi a servire molteplici esigenze, da quella di racconto del brand alla comunicazione più propriamente commerciale, con la presentazione di novità, servizi e prodotti. Questa versatilità come può essere tematizzata e valorizzata in chiave editoriale? Come mai un editore dovrebbe puntare sulla newsletter come strumento di contatto con i lettori?
Rocco Rossitto. Perché l’e-mail è uno spazio di relazione diretto e asincrono che sono di per sé due condizioni preziose oggi. Questo vantaggio non va sprecato: la newsletter va pensata e progettata guardando lo scenario di insieme, come quando i musicisti preparano la scaletta di un concerto. Il pezzo d’apertura non è a caso lì. E i bis sono sempre i pezzi più conosciuti, perché alla fine di un concerto, anche sei stanco, vuoi stare lì a cantare a squarciagola. Quindi che ritmo voglio dare ai miei invii? Se penso ad un ciclo mensile, ad esempio, con 4 invii settimanali, cosa voglio proporre? Qual è il valore che penso di dare e quale quello di avere indietro. Infine: un editore non dovrebbe puntare sulle newsletter a prescindere semplicemente perché sono uno strumento prezioso che tanti altri editori fanno funzionare bene. Dovrebbero farlo se ha intenzione di legarsi alla propria comunità di riferimento, a chi decide di concedere la possibilità di essere raggiunto in maniera così diretta.
 

Se è abbastanza intuitivo immaginare come un editore di narrativa o di varia possa approcciare alla progettazione di una newsletter, lo è molto meno capire come una newsletter possa servire le esigenze di comunicazione di un editore professionale, scolastico o accademico. Nella vostra esperienza è uno strumento che può essere utilizzato fruttuosamente anche dagli editori che non pubblicano romanzi?
Mafe de Baggis. In realtà è esattamente il contrario. Per un editore di narrativa progettare una newsletter che completi i mondi narrativi è molto più impegnativo e non può prescindere dal coinvolgimento diretto degli autori, perché chi si iscrive a una newsletter di quel tipo vuole ricevere lettere da loro, non dal marketing. Per la saggistica e la manualistica, invece, la voce dell'autore può anche essere sullo sfondo e le newsletter diventano un modo per aggiornare sugli argomenti trattati nella linea editoriale.
 

Nell’era degli analytics ci siamo abituali all’idea che la comunicazione online sia scientificamente misurabile, con il rischio di diventare schiavi di metriche e numeri e perdere di vista i contenuti. Come mantenere un buon bilanciamento tra questi due elementi? Come fare in modo che le performance rimangano un indicatore del (buon) lavoro che si sta facendo e non il fine ultimo da perseguire?
Rocco Rossitto. Possiamo mantenere un bilanciamento nella maniera più scontata possibile: usare le metriche come misuratore di qualcosa e non qualcosa da misurare. In parole ancora più semplici: il tasso di click sul bottone «continua a leggere», misurato sugli invii di un determinato lasso di tempo, come indicatore dell’interesse a proseguire la lettura fuori dalla newsletter rispetto alla classifica sui singoli click ricevuti dal bottone «continua a leggere» su ogni invio. Ancora: non esistono indicatori universali, anche se il tasso di apertura di una newsletter sembrerebbe il più importante. Lo è per carità, come lo è la percentuale di click, ma tutto va comunque messo dentro un contesto di misurazione più ampio, che spesso dobbiamo costruirci su misura. Per esempio: è abbastanza scontato pensare che il numero di cancellazioni ad una newsletter sia un dato negativo in assoluto. Non lo è: molto meglio qualcuno che si cancella, rispetto a qualcuno che decide di restare iscritto ad una newsletter senza mai aprirla o aprirla per pigrizia un paio di volte all’anno. Pensiamoci: a quante newsletter siamo iscritti senza crederci fino in fondo?

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

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