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Editori

Libri e social media. Una relazione, uno spazio di dialogo, una risorsa

di Mafe de Baggis notizia del 12 gennaio 2021

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta sul numero di dicembre 2020 del Giornale della libreria. Fino al 31 gennaio hai la possibilità di sottoscrivere l'abbonamento per il 2021 con uno sconto del 20%.

Fin dal secolo scorso i lettori hanno usato la rete per trovarsi e incontrarsi, felici ogni tanto di incrociare anche qualche autore, quasi sempre spinto dalla curiosità e dalla ricerca di forme inedite di espressione e di pubblicazione. Per anni, però, il discorso sui libri online è restato un terreno da cui gli editori si sono autoesclusi, frequentandolo solo in modo sporadico e strumentale, per il lancio di un libro, durante le fiere o per far conoscere un esordiente. Questo ha portato a risultati deludenti, che a loro volta hanno ritardato la presa di coscienza che è comunque arrivata: il passaparola tra lettori in rete è fondamentale per il successo di un libro e non si ottiene comprando spazi pubblicitari o pubblicando un post dietro l’altro, ma permettendo ai lettori di entrare nel mondo degli autori che amano anche dopo aver finito di leggere l’ultimo libro pubblicato. Si ottiene, in sintesi, entrando in rete da lettori, non da editori, ufficio stampa, agenti o social media manager. 

Uno dei principali ostacoli nella comprensione e nell’utilizzo dei social media per la comunicazione è proprio capire che la (notevole) difficoltà iniziale non è tecnica o informatica. Il passaggio difficile da accettare ha a che fare con lo stile di relazione e con l’interazione che passa dall’essere verticale, uno a molti, a essere orizzontale, molti a molti, senza una gerarchia predefinita. I rapporti di forza e di interesse in rete non si basano sul principio di autorità, ma sulla competenza, sulla freschezza e qualità del linguaggio, sull’interesse dei post e delle immagini proposte. È per questo che anche la pubblicità, sui social media, funziona quando è interessante, utile, piacevole; nel caso dei libri quando aggiunge valore al mondo dell’autore e ai suoi libri, non quando si limita ad annunciarne l’uscita o a spingere all’acquisto. Parlo di libri, al plurale, perché, come scrivevo nel 2013 intervistata da Barbara Sgarzi per Social Media ed editoria, i libri non scadono come il latte e non c’è nessun motivo di raccontare e promuovere solo le ultime uscite. Un editore ha tutto l’interesse a promuovere l’intero catalogo e online ne ha anche la possibilità.



SCOPRIRE IL MONDO DEI LETTORI

È una delle prime cose che si scopre frequentando il mondo dei lettori forti in rete: la caccia al bel libro da leggere riguarda quasi sempre libri usciti da un po’, non per forza classici. E in un mondo di serie, non solo televisive, uno dei contenuti più ricercati è l’ordine in cui i libri con lo stesso protagonista sono stati pubblicati, perché spesso si entra in un mondo narrativo a metà e si vuole poi andare indietro, a ritroso. Per questo consiglio sempre di iniziare a progettare la propria presenza digitale in silenzio, concentrandosi sulle persone, non sugli strumenti, sui linguaggi, non sulle piattaforme, sulla sintonia, non sulle tecniche. La conversazione sui social media è fatta da persone e per avere senso (e utilità) deve sempre partire dalle persone, che quasi sempre abitano più ambienti, digitali e non, vissuti come un tutt’uno. Per iniziare bene quindi bisogna imparare a conoscere il mondo degli appassionati, dei dilettanti, del pubblico, nel senso migliore del termine. Non è obbligatorio frequentarlo o apprezzarlo, ma conoscerlo sì.


PROGETTARE LA PROPRIA PRESENZA
I social media servono per parlare dei libri amati, perché, come già detto, siamo in rete soprattutto come lettori. Per progettare la propria presenza in modo sostenibile è importante partire da quello che non si può fare, per vincoli tecnici, fisici, economici. Cerchiamo di capire quello che ognuno di noi potrebbe fare se non avesse limiti. Per esempio far incontrare un autore con decine di book blogger, da tutta Italia, con un piccolissimo budget: con Zoom è diventato possibile e l’energia scorre forte anche a distanza. Oppure far vivere il mondo in cui abitano i personaggi di un romanzo con una bacheca su Pinterest dove ricreiamo il vissuto di un’epoca e di un luogo. Oppure, per un saggio, creiamo una bibliografia che aiuta a capire il percorso in cui inserirlo. Per un piccolo editore, in particolare, la miglior presenza possibile è personale, non aziendale. I lettori in rete riconoscono la passione e amano il dietro le quinte: scoprire come e perché si sono pubblicati certi libri è uno dei contenuti più rari e apprezzati. 


PARTIRE DA SÉ, NON DAGLI STRUMENTI
Se si parte dai propri limiti e dai propri punti di forza è più facile scegliere dove centrare la propria presenza e i propri sforzi. Le piattaforme dove si parla di libri sono tante e diverse: Twitter, Facebook, Instagram, i blog, Pinterest o Youtube ma anche, in un futuro immediato, i videogiochi. La scelta da fare, di nuovo, non è tecnica, ma di relazione: si vuole creare un salotto, una rivista letteraria, una galleria d’arte o un confessionale? Si vuole dominare la scena, mettersi a disposizione, dettare la linea o far parlare solo gli autori? Non ci sono scelte giuste o sbagliate, lo diventano solo quando ci si allontana dalla propria linea editoriale. La naturalezza è lo stile ideale per qualunque conversazione. Non è vero che in rete funziona solo chi si mette in piazza, perché tutti, anche gli influencer che sembrano vivere in pubblico, hanno scelto la parte di vita da mettere a disposizione degli altri, nascondendo quello che si vuole tenere riservato. Per un editore, un autore, un libro, questo vuol dire scegliere quale dietro le quinte svelare e quale nascondere. Si può benissimo abitare la rete in privato, scegliendo i propri interlocutori, per esempio creando un gruppo di lettura.

UNIRE I PUNTINI
Il modo peggiore per usare gli ambienti digitali di ricerca, ideazione, produzione, pubblicazione, utilizzo e confronto è ridurli a canale di comunicazione.  Lo dico dal 1999, non mi stancherò mai di ripeterlo: la rete è parte della realtà, non al posto di, non un mondo a parte. Le persone che si sentono parte di una community digitale si incontrano di persona, in gruppi di lettura, presentazioni di libri, fiere e raduni. Quando non è possibile farlo, come è stato nel 2020, ci si trasferisce online, ma ricreando il clima e l’atmosfera di questi incontri, che diventano eccezionali rispetto al fluire continuo delle interazioni quotidiane. Queste ultime vanno vissute come una lunga e piacevole chiacchierata asincrona con persone affini, non come un’attività da smarcare. Questo aiuta anche nella comprensione dell’importanza delle recensioni di lettori appassionati quali sono i book influencer, che sono competenti in quanto lettori, non in quanto critici. Confrontarsi con loro ed entrare nei loro mondi, in cui il libro è venerato come oggetto oltre che come contenuto, è importante per capire perché ci sono molti più innamorati dei libri che lettori.  


AUMENTARE IL LIBRO
Per molti autori i social media possono diventare un pezzo di libro che non finisce. I social media servono per tutto quello che non trova spazio nei libri pubblicati. Per un editore, piccolo o grande che sia, questo significa poter mantenere alti attenzione e interesse tra un libro e l’altro, rinotiziando l’intero catalogo. I lettori hanno in tanti modi diversi espresso il loro desiderio di non uscire mai da un mondo narrativo, premiando saghe, serie e appuntamenti con personaggi amati e che non si vogliono abbandonare. I social media sono lo spazio per mantenere questo mondo disponibile e aperto, diventando così parte del lavoro editoriale più che di comunicazione propriamente detta. La comunicazione che funziona, oggi, è quella che arricchisce il prodotto, un dono che non chiede niente in cambio e che così facendo permette di arrivare a molte più persone.

L'autore: Mafe de Baggis

Creativa, communication designer, digital strategist e formatrice. 50 anni, libera professionista, ho dedicato la mia carriera di studiosa e consulente ai media digitali, visti come parte integrante della realtà quotidiana di aziende e persone. Dal 1995.

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