A Milano, durante la quinta edizione di Bookcity, la manifestazione che quest’anno ha coinvolto più di 250 spazi della città e dintorni con record di presenze, si è parlato anche di promozione editoriale, reti vendita e relative trasformazioni delle politiche commerciali.
Venerdì 18 si sono incontrati, presso il Teatro Franco Parenti,
protagonisti diversi e plurali della filiera editoriale, per ragionare insieme e discutere sulle trasformazioni in atto nella promozione editoriale, e sui nuovi scenari proposti dalla crisi delle librerie come canale di vendita fisico del libro, l'avvento dell'online, il digitale e le trasformazioni nelle abitudini di acquisto e lettura dei consumatori. Conseguenza? Il «peso» e il ruolo della promozione editoriale intesa come figura mediatrice tra editore e librerie sembra essersi fortemente ridimensionato in favore di una disintermediazione dove i promotori diventano sempre più operatori commerciali, stretti tra obiettivi e novità da «piazzare», sempre meno consulenti in grado di osservare il tessuto di fermenti culturali che attraversano un territorio.
Quale può essere l'utilità di avvalersi di una rete vendita per una libreria, e per un editore, in questo scenario? Con l’assottigliamento degli stock di catalogo e delle prenotazioni di novità, come sono cambiati i rapporti tra politiche commerciali di una casa editrice e relativa rete promozionale? Come immaginare la rete vendita del futuro?
A tutti questi interrogativi sono stati chiamati a rispondere, attraverso la loro esperienza e le loro visioni, Giovanni Peresson, responsabile dell’Ufficio studi dell’AIE, e del programma professionale della nuova Tempo di libri di Milano; Roberto Malgrati, promotore per Promedi; Davide Ferraris, proprietario della libreria Therese di Torino; Pina Micoli, ispettore alle vendite Einaudi; Marco Zapparoli, fondatore della casa editrice Marcos y Marcos; Mario Scarpellini, collaboratore della rete promozionale Libromania.
In uno scenario alle prese con nuove regole, comportamenti di lettura nuovi e diversi modi di raccontare storie, e nuove modalità per informarsi su cosa leggere e dove comprare, si assiste a un sempre maggiore scollamento delle case editrici dal consumatore (lettore). Il principale distributore è diventato un efficientissimo operatore logistico, le grandi catene si orientano sempre più verso scelte centralizzate, così alla riduzione dei punti vendita fisici di questi anni, è corrisposto un netto taglio nell’ambito delle reti vendita. Nel 2005 i promotori scolastici erano circa 3 mila, quelli di Varia poco più di 600, oggi se ne contano per entrambe le categorie circa la metà.
Per Giovanni Peresson, diventa così vitale prima di tutto interrogarsi sul quando, sul momento storico in cui siamo, ovvero su alcune date particolarmente significative a cui è necessario rapportarsi: nel 1980 le novità e nuove edizioni erano 13.203, di cui 1.087 erano romanzi, 612 libri per bambini. Lo scorso anno, arriviamo a 65.886 tra novità e nuove edizioni, di cui 18.653 appartenenti al genere fiction, e 6.455 legati al settore ragazzi.Altra considerazione: nel 1990 le case editrici erano 2.540, nel 2015 sono 4.608 gli editori attivi (di cui il 74,1% produce da 1 a 9 titoli; il 16,5% dai 10 ai 30).Nel 1993 le librerie erano 3.250, di cui 232 di catena, lo scorso anno il totale dei punti vendita raggiungeva le 1.874 librerie, di cui 1.047 di catena.
Un'ultima significativa riflessione concerne l’online: se nel 1993 l’e-commerce libraio infatti non esisteva, nel 2015 ha raggiunto quota 13,9%. A tutto settembre 2016, la stessa percentuale è salita al 16%. Altra consistente trasformazione dello scenario editoriale, riguarda gli strumenti di analisi di dati, e vendita a disposizione: negli anni Novanta non c’erano Arianna+, Nielsen, GFK, e nemmeno i social. Così come non erano così diffusi i festival letterari. Nel 1993 il lettore comprava un libro, oggi compra mondi narrativi e vuole «emozioni». Sono cambiati nelle dimensione e nella qualità il modo (e i tempi) con cui gli editori, gli anelli della filiera e i lettori raccolgono informazioni e prendono decisioni: di leggere, di ordinare, di rifornire. In questa nuova prospettiva, il promotore diventa necessario per poter interpretare quei numeri, occuparsi del trasferimento dei contenuti, del progetto, alla cui base deve esser messa in moto una riflessione sulla qualità.
Il promotore editoriale deve quindi diventare un operatore di retail marketing, capace di trasferire i contenuti del progetto editoriale e del libro al libraio perché li possa a sua volta trasferire al pubblico; un consulente del libraio nella gestione della libreria, in grado di trasferire informazioni ai punti vendita perché generino valore, e informazioni «antropologiche» dalla libreria all’editore. Una figura, cioè, che deve essere completamente ripensata e reinventata, perché sviluppi specifiche competenze, quali marketing del punto vendita; visual merchandising, affiancamento nell’organizzazione degli eventi, articolazione sempre più capillare di servizi.
«Il promotore – ci dice Peresson – è la sola figura in grado di fornire strumenti e suggestioni interpretative in entrata e uscita da questi canali, le librerie, dove il lettore vuole scoprire autori, letterature, progetti editoriali nuovi: le librerie on-line non possono rispondere a questa domanda. È inesistente nell’editoria un approccio che molte altre filiere di prodotti hanno, di retail marketing. Di figure e di addetti che non si limitano a proporre il nuovo prodotto in uscita ma trasferiscono valore, cioè narrazione, dal progetto editoriale della casa editrice (e dal suo piano di uscite mensile) alla libreria perché la libreria lo possa trasferire al suo cliente».
Per Roberto Malgrati, promotore Promedi, occorre una riflessione su un mercato ipertrofico, dove alla necessità di crescere di qualche decennio fa, si affianca la domanda se sia davvero funzionale, e per chi, avere tutte queste novità che mettono in difficoltà tanto le librerie quanto gli editori. La rete vendita in tutto ciò sta vivendo un’evoluzione che ne rende passata anche la definizione sinora usata, andando in direzione di un superamento delle vecchie pratiche, verso l’articolazione sempre più capillare di servizi, che aprono a spunti, spazi e iniziative. Si tratta dell’attore che si trova in mezzo tra editore, distributore e librerie, l’unica figura in grado di interpretare le esigenze e migliorare la comunicazione e collaborazione tra questi canali. Alla base della sua attività, qualità fondamentale e non trascurabile è l’etica, che si traduce in fiducia nel ruolo di filtro della proposta editoriale da, e verso, le librerie.
Secondo Davide Ferraris, fondatore della libreria Therese di Torino, occorre non dimenticarsi di guardare anche ai numeri dei consumatori (lettori), oltreché della produzione. Una casa editrice può mantenersi stabile anche se riduce la produzione di titoli annui. L’altissimo numero di prodotti immessi sul mercato, se da un lato lasciano alle volte perplessi sulla progettualità culturale alla base della loro gestazione, rendono tanto più necessaria la figura del promotore, purché questi sia in grado di fungere da filtro, selezionando la proposta sulla base delle caratteristiche del punto vendita, e dei contenuti veicolati dai singoli volumi. Sull’importanza della qualità dell’informazione ricevuta dalla casa editrice, e delle competenze personali sviluppate dal promotore, poggia l’intervento di Pina Micoli, da quasi 30 anni ispettrice alle vendite per Einaudi. Se un tempo si portavano «libri finiti» in libreria, oggi con la dissoluzione di tante esperienze e competenze conseguenti alla chiusura di librerie storiche, le informazioni diventano ancor più necessarie, per interpretare le esigenze e sviluppare le potenzialità di un punto vendita. Il trasferimento di contenuti con l’obiettivo di migliorare la consapevolezza sui libri e sui numeri, verso i quali la rete vendita riveste ancora un ruolo decisivo, si accompagna alla trasmissione di feedback, tendenze e informazioni in uscita, verso la casa editrice.
Sull’importanza e le modalità della comunicazione ha fatto leva l’intervento di Marco Zapparoli, fondatore della casa editrice Marcos y Marcos, che si è interrogato sul flusso enorme di informazioni che caratterizzano la nostra comunicazione, e sulla necessità del promotore come figura in grado di trasmettere quel valore espresso dalla casa editrice, in maniera pluralista, dal buyer, al libraio, al lettore, collaborando ad ampliare la comunicazione della filiera per aumentarne l’efficacia. In questo senso quella del promotore è una figura complessa, che dev’essere vicina agli autori, per i contenuti che maneggia, ma anche alla comunicazione delle case editrici, accompagnandola, in modo da privilegiare la multicanalità, perché le competenze diventino cioè trasversali. Una figura che dovrebbe essere necessaria per l’editore al fine di consolidare quelle attività sul territorio per le quali è necessaria una presenza sistematica. In sostanza proponendo un’interpretazione dell’appuntamento «fisico» con i librai, come un evento imprescindibile. Per Mario Scarpellini, collaboratore della rete vendita Libromania, la produttività che caratterizza le case editrici è vista come necessaria, e comporta una serie di criticità e difficoltà di allocazione e distribuzione dei volumi nei canali fisici di vendita. D’altronde, finché le reti vendita saranno legate contrattualmente a questi valori prettamente commerciali, con provvigioni legate a libri in entrata e uscita dalle librerie, diventa difficile ipotizzare nuove modalità lavorative. In questo senso, saranno i grandi gruppi editoriali a dettare i prossimi ed eventuali cambiamenti della politica editoriale.
La discussione e le questioni restano aperte, in un dibattito solo alla prima edizione. D’altra parte, diceva Winston Churchill, se «Non sempre cambiare equivale a migliorare, per migliorare bisogna [necessariamente] cambiare».