Lo scorso aprile, sul sito dell’editore francese Gallimard, è apparso nella pagina dei contatti una laconica frase di due righe: «Date le circostanze eccezionali, vi chiediamo di soprassedere all’invio di manoscritti. Abbiate cura di voi e buone letture». Durante la pandemia, migliaia di persone hanno trovato conforto nella scrittura con il risultato collaterale di intasare le caselle di posta elettroniche di case editrici e agenti letterari.
È successo anche in Italia ed è un fenomeno che ha riguardato autori affermati ma anche aspiranti tali: cosa hanno scritto gli italiani? E cosa racconta di noi, di questi anni, questa produzione? Il Giornale della libreria lo ha chiesto a tre agenti letterari per un breve viaggio in tre puntate. La prima ha come protagonista Fiammetta Biancatelli, già tra i soci fondatori di Nottetempo, oggi in Walkabout.
«Se dovessi dare una misura – ci spiega – direi che la richiesta di valutazione di manoscritti da parte di aspiranti scrittori è quasi raddoppiata e molti hanno scritto di pandemia, ma non solo. Certamente c’è stato un tentativo di rielaborazione. Molti testi parlano del rapporto tra scuola e pandemia, tema che è al centro anche dell’ultimo romanzo di Francesco Fioretti».
L’epidemia, spiega Biancatelli, anche quando non è al centro di un’opera spesso è una lente attraverso cui leggere il presente: «Si è visto bene con la strage del Mottarone, nel modo in cui è stata interpretata». Le supposte colpe di chi è voluto ripartire guardando al profitto, la tragedia di chi ha perso la vita nel momento in cui ha ricominciato a uscire di casa e a divertirsi, tutto è letto attraverso la pandemia. «ll lettore forte vuole anche questo: chiavi per interpretare il presente».
Carola Benedetto e Luciana Ciliento, autrici di libri per ragazzi, usciranno presto in libreria per con una serie ambientata durante la pandemia, un viaggio alla scoperta dei meccanismi che la natura possiede per proteggere se stessa e che invita a riflettere sull’importanza di tutelare l’ambiente per non mettere in pericoli il mondo e noi tutti, come successo con il coronavirus.
Ma l’epidemia può essere anche il contrario, un grande rimosso, un vuoto che grandi scrittori non pensano sia ancora venuto il momento di affrontare: «Molti hanno ambientato i loro racconti a prima del lockdown, attraverso romanzi storici o ambientati in un presente di pochi anni antecedente il 2020. Per uno scrittore che intreccia due piani – il tempo in cui vive e quello dove costruisce le sue storie – è come se la fatica di gestire la pandemia nel presente fosse troppo grande e avesse preferito creare un altrove. Forse è ancora troppo presto per affrontarlo».
«Molti autori hanno fatto fatica a trovare la giusta concentrazione, per altri è stato il contrario» continua Biancatelli. «Pino Cacucci, uno scrittore con al suo attivo una trentina di titoli pubblicati, era fermo da 4 anni e adesso durante la pandemia ha cominciato a scrivere un’opera di cui non posso dire molto, ma che è probabilmente la sua più ambiziosa. Simona Baldelli ha scritto per la prima volta un noir. Rosa Ventrella, autrice molto prolifica e affermata a livello internazionale, venduta in 20 paesi, due romanzi opzionati per serie tv, anche lei ha cambiato genere e sta lavorando a un progetto molto ambizioso e molto diverso dagli ultimi suoi romanzi».
Il lockdown, quindi, come momento per ritrovare il filo del racconto dentro se stessi, non solo attraverso la realtà della pandemia. Vale per gli scrittori di professione e non solo: «Asia Argento ha scritto la sua autobiografia in due mesi, ma è uscita anche la biografia di Sergio Cammariere scritta con Cosimo Damiano Damiato».
Sono nato a Genova e vivo a Milano. Giornalista, già addetto stampa di Marsilio editori e oggi di AIE, ho scritto per Il Secolo XIX, La Stampa, Internazionale, Domani, Pagina99, Wired, Style, Lettera43, The Vision. Ho pubblicato «Figli dell’arcobaleno» per Donzelli editore. Quando non scrivo, leggo. O nuoto.
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