
Quando i governi provano a censurare i libri, soprattutto quelli di testo, le cose decisamente non vanno per il verso giusto. Era successo
qualche tempo fa in India, quando Penguin era stata duramente contestata da un gruppo di fondamentalisti hindu a causa di un saggio di un’accademica statunitense che proponeva una lettura diversa e più aperta di alcuni testi sacri ed è riaccaduto poche settimane fa in
Giappone quando il governo di Tokio ha chiesto a
McGraw-Hill Education di eliminare da un libro di storia americano i
riferimenti alle schiave del sesso ovvero a quelle donne costrette a prostituirsi nei bordelli militari giapponesi prima e durante la Seconda guerra mondiale.
Traditions & Encounters: A Global Perspective on the Past, questo il titolo del volume, conterrebbe infatti inesattezze storiche cui i diplomatici giapponesi chiederebbero di porre al più presto rimedio eliminando le relative sezioni.
La casa editrice, al contrario del caso di Penguin,
non ha ceduto alle pressioni e ha dichiarato di sostenere la linea dei propri autori che per altro hanno dichiarato al «
Wall Street Journal» di avere ricevuto strane lettere da emissari del governo di Tokio che li invitavano a ritrattare la propria ricostruzione storica.
La richiesta avanzata dal Giappone, ampiamente criticata per il tentativo di
rivedere in chiave più mite fatti avvenuti durante la Seconda guerra mondiale, va probabilmente interpretata come un ulteriore passo nella strategia nazionalista del primo ministro Shinzo Abe, pubblicamente impegnato in una rilettura della storia volta a riallineare su posizioni più patriottiche l’opinione pubblica interna ed estera.
Per quanto il tema possa risultare abbastanza marginale per un lettore occidentale, la questione delle schiave del sesso o «confort women», come Tokio preferirebbe venissero chiamate, è invece piuttosto calda e coinvolge di fatto i rapporti del Giappone con le nazioni vicine. Il termine «schiave del sesso» implica infatti il fatto che le donne fossero state prelevate con la forza e costrette a prostituirsi.
Per questo,
il ministro dell’educazione Hakubun Shimomura
ha già promosso una revisione dei testi scolastici adottati nelle scuole giapponesi mentre scrittori e saggisti come il giornalista Takashi Uemura, che con i suoi studi ha documentato la vita quotidiana nel Giappone durante il conflitto mondiale, hanno subito accuse di falsificazione della storia e anche sporadiche minacce di morte.