La spesa media per acquisto di libri per abitante nelle biblioteche pubbliche è stata, nel 2014, di 0,63 euro. Meno del prezzo di una tazzina di caffè al banco di un bar!
È questo uno dei dati che emerge dall'indagine sulle biblioteche di pubblica lettura in Italia. Le biblioteche di pubblica lettura costituivano – fino a ieri – una realtà non adeguatamente conosciuta, nonostante rappresentino quell'imprescindibile «infrastruttura per la lettura» di cui è privo il nostro Paese.
Una della cause, questa, dei bassi indici di lettura della popolazione (6+): 42% nel 2015. Un primo quadro organico della situazione viene fornito dalla ricerca
Indagine statistica sulle biblioteche di pubblica lettura degli enti territoriali italiani . Rapporto di monitoraggio 2014.
Quello che qui interessa è
la relazione, che emerge nettamente dalla ricerca – se mai qualcuno avesse avuto dubbi –,
tra diffusione della lettura nella popolazione italiana e presenza di infrastrutture bibliotecarie. E questo già indipendentemente dal livello di servizio (apertura, assortimenti, presentazioni e incontri, animazione sul territorio, ecc.) che la biblioteca offre agli utenti.
Nelle regioni del Nord troviamo il 59,2% delle biblioteche e il 53,4% dei lettori. Nel Sud e Isole il 27% delle biblioteche e il 24,9% dei lettori italiani. È come se – estremizzando il concetto – dato un basso livello di domanda (di lettura) lo sviluppo di infrastrutture per favorirne la crescita si fosse attestato sugli stessi livelli.
Anzi un pochino al di sotto.
Il dato più inquietante è che i 39,9 milioni di euro spesi nel 2015 (stima) dalle biblioteche di pubblica lettura per l’acquisto di libri rappresentano il 40,5% in meno di quanto si spendeva nel 2012 (67,1 Ml). Significa che
l’acquisto di nuovi libri, l’aggiornamento delle collezioni – uno dei principali strumenti attraverso cui si genera utenza (soprattutto nelle fasce di reddito meno abbienti) –
è decresciuto in maniera ben più accentuata del calo di spesa degli italiani nei canali trade: che tra 2012 e 2015 è stato del -8,7% (da 1,317 miliardi a 1,202). Paradossalmente, se le biblioteche avessero avuto nel 2015 (e negli anni precedenti) le stesse risorse che avevano nel 2012, il calo per il settore sarebbe stato di circa due punti in meno e la cultura del Paese di qualche punto in più. Vista in un'altra prospettiva, gli italiani che avessero voluto continuare a leggere in questi anni le novità pubblicate dagli editori si sarebbero dovuti rivolgere al libero mercato e non alle strutture pubbliche.
Clicca sui grafici per ingrandirli

L’indagine è stata promossa dal
Centro per il libro e la lettura e dall’
Associazione italina biblioteche con la partecipazione di Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani), Iccu (Istituto centrale per il catalogo unico) e Istat; può essere scaricata a
questo link.
Per quanto riguarda le biblioteche scolastiche (6-7 milioni di spesa annua per acquisto di libri; Fonte: Aie 2012) si vedano invece: gli atti del convegno
Una, cento, mille biblioteche nelle scuole e il Quaderno
La costellazione dei buchi neri. Rapporto sulle biblioteche scolastiche in Italia.
http://doi.org/10.1390/gdl_201602_indagine_biblioteche
Vuoi vedere le posizioni fino alla 100esima?
Se sei registrato entra con user e password, oppure registrati per consultare la classifica completa.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
Guarda tutti gli articoli scritti da Giovanni Peresson