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Mercato

L’impatto della pandemia sull’editoria europea

di Enrico Turrin notizia del 13 ottobre 2020

Questo articolo, aggiornato al 3 settembre, è stato scritto per il numero di ottobre 2020 del Giornale della libreria, dove è uscito in lingua inglese.

Il settore del libro ha risentito significativamente dell’impatto del Covid-19. La Federation of European Publishers (FEP) ha attivato sin dall’inizio dell’emergenza sanitaria uno scambio quotidiano di informazioni tra i membri del suo network con l’obiettivo di condividere gli effetti della pandemia sul mercato del libro.

Questo ci ha permesso di tracciare con tempismo un quadro della situazione e di tenerlo aggiornato con il proseguire dell’emergenza. Un’operazione che, in un momento di grande incertezza, ha sottolineato l’importanza di FEP e della sua rete come strumento per raccogliere e condividere dati. Gli stessi dati che sono diventati prima oggetto di una pubblicazione a luglio e poi di questo articolo.

Cosa hanno rivelato le informazioni raccolte? Gli effetti più immediati e visibili della pandemia sono correlati alla chiusura delle librerie: una situazione senza precedenti. La misura ha riguardato tanto i maggiori mercati europei del libro – Germania, Regno Unito, Francia, Italia e Spagna – quanto molti altri territori, dal Portogallo alla Bulgaria, dalla Romania all'Irlanda.

L'impatto sulle vendite è stato immediato e drammatico. Le librerie fisiche sono ovunque il principale canale di vendita dei libri e quello più utilizzato dai lettori (in Italia, ad esempio, generano il 66% delle vendite e sono utilizzate dal 74% dei lettori). Alla chiusura, l’effetto sulla domanda è stato imponente: le vendite in libreria sono diminuite tra il 75% e il 95% ovunque fosse in atto un lockdown.

Nonostante le chiusure fossero arrivate solo attorno alla metà del mese, l'impatto sulle vendite si è avvertito in maniera significativa già a marzo. In Francia, le librerie più grandi e le grandi superfici specializzate in cultura hanno sperimentato una riduzione delle vendite di oltre il 50%, mentre in Germania le librerie nel complesso hanno perso oltre il 30%. Alla fine di marzo, per effetto del lockdown, le vendite in libreria si erano ridotte in Italia del 75%, del 78% in Portogallo, dell'80% in Spagna e dell'85% in Romania.

Nel complesso, la filiera editoriale tedesca stimava in 500 milioni di euro al mese le perdite, 200 quella spagnola. La chiusura del maggiore canale distributivo (la libreria), sommata alle restrizioni su spostamenti e attività, ha significato per moltissimi editori una drastica riduzione del lavoro, per molti addirittura la cessazione dell’attività.

Lo stato di cose ha determinato il rinvio o la cancellazione di molte uscite pianificate, con un ulteriore impatto negativo sui ricavi. Nella sola seconda metà di marzo gli editori francesi hanno rinviato la pubblicazione di 5.236 nuovi titoli e nuove edizioni, mentre a metà maggio prevedevano di posticipare il 18% del totale delle nuove uscite del 2020. A fine marzo la Grecia era sul -75% e la stima per l'intero anno parlava di una riduzione di circa un quinto del totale delle novità previste. Gli editori cechi, invece, hanno rinviato circa il 15% dei loro lanci. In Italia, alla fine di marzo, a essere cancellati o posticipati erano circa 23.200 titoli (grossomodo un terzo del totale), corrispondenti a 48,9 milioni di copie stampate in meno. Se consideriamo l’intero lockdown, i lanci novità si sono ridotti di due terzi. E in generale quasi tutti i Paesi hanno sperimentato un qualche tipo di sospensione o modifica dei piani editoriali.

Questo è accaduto, inoltre, dopo che una serie di costi erano già stati sostenuti e non potevano essere recuperati: acquisizioni di diritti, traduzioni, promozione, logistica e così via. Alcuni editori sono stati colpiti anche dalle interruzioni dei servizi di distribuzione e dalla diminuzione delle esportazioni. Un'ulteriore conseguenza del lockdown era poi l'impossibilità di organizzare eventi pubblici: dalle fiere del libro, ai reading, ai festival a tutti gli altri eventi in presenza fondamentali per spingere le vendite. Le fiere finora interessate [l’articolo è aggiornato al 4 settembre 2020] sono quelle di Parigi, Londra, Bologna, Praga, Anversa, Tallinn, Salonicco, Budapest, Torino, Göteborg, Lisbona, Roma e diverse altre, ma c'è incertezza per gli incontri in programma per l'autunno e l'inverno.

Ad aprile il settore del libro si era sostanzialmente fermato in molti Paesi, e le librerie sarebbero rimaste chiuse per la maggior parte se non per tutto il mese: è in quel momento che la crisi ha avuto il suo impatto maggiore. In Francia, le vendite sono diminuite del 96% nelle librerie più grandi, dell’89% in quelle più piccole. La vendita di libri al dettaglio ha fatto registrare il -47% in Germania (dove le librerie hanno riaperto il 20 aprile nella maggior parte delle regioni). In Italia, a metà mese, le vendite in libreria risultavano diminuite dell'85% rispetto a prima del lockdown. All'inizio di maggio le librerie del Regno Unito registravano in media il 18% delle loro abituali vendite e gli editori un -60% di fatturato (-90% per i piccoli, quasi del tutto dipendenti dalle vendite in libreria).

I librai che hanno venduto anche durante il lockdown lo hanno fatto rafforzando la loro presenza online, ma anche sperimentando nuovi modi per raggiungere i loro clienti, e neppure questo è stato sempre possibile nei momenti più neri dell’emergenza.

Com’era prevedibile, le vendite online sono aumentate in misura significativa in molti Paesi. Nelle Fiandre la crescita è andata dal +52% di marzo al +180% di aprile. In Francia molti store online hanno raddoppiato o triplicato le vendite all'inizio di aprile. Alla metà del mese le vendite online in Italia hanno superato per la prima volta quelle nei negozi fisici, raggiungendo una quota del 47%. A giugno quella quota era al 40% per la Romania. Nel Regno Unito, ad aprile, le vendite in negozio di WH Smith [una catena diffusa in aeroporti, stazioni, porti, ospedali… che vende, oltre ai libri, cancelleria, riviste, giornali, prodotti per l'intrattenimento e dolciumi] sono diminuite dell'85%, mentre quelle online crescevano del 400%.

Anche le vendite di e-book e audiolibri sono aumentate in modo significativo. Tuttavia, in nessun Paese hanno compensato la perdita di vendite derivante dalla chiusura delle librerie. Le grandi superfici specializzate in cultura – che di solito hanno una presenza online ben consolidata – sono riuscite nella maggior parte dei casi a contenere le perdite, ma non a migliorare le vendite: in Francia, ad esempio, il loro giro d’affari è calato del 30% a marzo e del 50% ad aprile.

E i Paesi in cui le librerie non hanno dovuto chiudere a causa del lockdown? Anche lì l’emergenza sanitaria ha avuto un impatto sul mercato del libro, poiché le misure di sicurezza e la riluttanza di molte persone a entrare nei negozi si sono tradotte in minori vendite. Le vendite fisiche sono diminuite del 30% in Danimarca tra marzo e aprile, alla fine di aprile una delle maggiori catene del Paese ha dichiarato fallimento. Da marzo a maggio, le vendite in libreria sono diminuite del 40% in Finlandia, con i singoli negozi che hanno registrato perdite tra il 20 e il 90%. In Lettonia, dove le librerie dovevano rimanere chiuse solo nei fine settimana, ad aprile e maggio le vendite sono diminuite del 42,3% ed è stato pubblicato il ​​45% di titoli in meno. In Norvegia, a metà aprile, le vendite fisiche degli editori alle librerie [le forniture] risultavano diminuite del 59%, del 29% nel complesso. In Svezia, tra metà marzo e metà aprile, le vendite nelle librerie fisiche sono diminuite del 36,3%. Nei Paesi Bassi – dove la maggior parte delle librerie è rimasta aperta o ha riaperto subito dopo l’esplosione della pandemia – le vendite in negozio hanno risentito in ogni caso della situazione, registrando un -30% nei primi due mesi dell’emergenza.

Anche nei Paesi in cui le librerie non sono state chiuse per effetto del lockdown le vendite online hanno registrato una forte crescita, così come le vendite digitali: nei Paesi Bassi, ad esempio, le vendite online sono aumentate del 30% dall'inizio dell’emergenza fino alla fine di aprile, quando hanno superato per la prima volta le vendite fisiche. Ma, anche in questo caso, le informazioni condivise dai singoli Paesi sottolineano che i picchi di vendite online e digitali non sono stati comunque sufficienti a compensare la perdita di vendite fisiche.

Tra aprile e maggio le librerie hanno potuto riaprire quasi ovunque, a eccezione di Regno Unito e Irlanda dove si è dovuto aspettare giugno. Il danno era a quel punto enorme: le vendite di libri erano diminuite del 22,1% in Francia e dell'11,9% in Germania, dove il fatturato durante il lockdown si è ridotto del 50% (-17,5% per le vendite delle librerie fisiche, con un calo di fatturato del 70%). In Spagna le vendite nelle librerie fisiche segnavano -38%.

Le vendite sono sì aumentate quando le librerie hanno riaperto, ma nella maggior parte dei casi rimanendo inferiori ai valori pre-lockdown: tranne forse per la prima settimana, i picchi sono stati brevi e occasionali. Se a maggio le vendite avevano fatto segnare il -20% in Francia e -2,2% in Germania (-6% nella vendita di libri al dettaglio), la prima settimana di riapertura sono più che raddoppiate in Francia, facendo segnare addirittura un +2,7% sull’anno precedente. Tuttavia, sono scese dell'8% la settimana successiva: -11% rispetto al 2019. In Germania nella prima settimana di riapertura le vendite su tutti i canali sono aumentate dello 0,5%, ma le librerie fisiche segnavano ancora il -6,8%. La prima settimana di giugno, in Spagna, le vendite delle librerie sono aumentate del 37,5% rispetto alla settimana precedente (-5,2% in meno rispetto al 2019). La settimana in cui le librerie hanno riaperto nel Regno Unito le vendite sono state superiori del 30,4% rispetto all’anno precedente e poi del 9,3% la settimana successiva: un calo del 14,1% in una sola settimana. A fine giugno, il lento processo di ripresa ha portato, in Germania, a un -8,3% delle vendite rispetto all'anno precedente (-13,9% nelle librerie fisiche).

Anche nei Paesi in cui le librerie non hanno chiuso per effetto del lockdown – o non del tutto – la situazione è rimasta difficile, soprattutto per le librerie fisiche. A maggio, in Norvegia il mercato totale faceva segnare il -5%, -4,6% in Svezia.

Tuttavia, in alcuni Paesi la filiera è riuscita a limitare i danni in modo abbastanza significativo, o addirittura a mantenere un risultato complessivamente positivo grazie allo spostamento di vendite dal fisico all’online. In Finlandia, l’incremento di acquisti attraverso il web (in particolare di e-book e audiolibri) ha finito grossomodo per compensare le perdite del fisico. In Svezia, all'inizio di giugno, il mercato – compresi i servizi in abbonamento per gli audiolibri, in continua crescita – era in linea con i valori del 2019. Nei Paesi Bassi il mercato trade è sceso solo dell'1% tra metà marzo e metà giugno, con le vendite online che segnavano un +33% e quelle offline un -24%; il libro in olandese è cresciuto dell'1%. Nel complesso, le vendite fino a metà giugno sono aumentate del 2% a valore nel segmento trade, del 4% per i libri in olandese; le vendite online sono aumentate del 20% e le vendite offline sono diminuite dell'11%. In questi Paesi, in ogni caso, le librerie hanno sofferto molto: cosa che potrebbe influenzarle nel medio-lungo periodo.

È ancora difficile fare previsioni per l'intero anno, ma è chiaro che la crisi ha danneggiato gravemente l’editoria europea, introducendo un elemento di grande fragilità in un settore che aveva un equilibrio sano ma delicato. Da un lato c'è la perdita di vendite e ricavi che si è già verificata, spesso in modo molto significativo. Dall'altro, c'è la più ampia gamma degli effetti indotti da questa fragilità e dagli altri aspetti dell’emergenza sanitaria. Tutti elementi che potrebbero ulteriormente impattare il settore, anche rispetto a quei Paesi rimasti fino a oggi relativamente indenni.

Alcuni Paesi hanno cercato di stimare l’impatto della pandemia su tutto il 2020. In Spagna le prime stime indicavano una potenziale perdita di fatturo del 50% per il mercato interno e un -70% per le esportazioni. All'inizio di maggio il 66% dei rivenditori al dettaglio francesi prevedeva una perdita di fatturato dal 20 al 40%.

Con l'allentamento delle restrizioni e il relativo miglioramento della situazione le previsioni sono diventate meno pessimistiche, ma le prospettive sono rimaste preoccupanti. In Francia il trend di vendita fa ipotizzare un -7% per il 2020, ma una recente indagine governativa stima in un 23% le perdite degli editori e in un 24% quelle delle librerie. In Grecia si suppone che le vendite annuali diminuiranno di una quota compresa tra il 10 e il 30%. In Slovacchia, si stima che il fatturato delle librerie fisiche subirà nel complesso un calo del 15%. In Italia, Paese particolarmente colpito, a maggio è stato ipotizzato che l'intera industria del libro potrebbe perdere tra i 650 ei 900 milioni di euro: tra il 20 e il 30% del valore totale di mercato.

La riapertura è stata difficile per molte librerie e punti vendita. Tra i fattori di maggior fragilità sono stati identificati, in particolare, il calo della domanda da parte dei lettori e le ridotte risorse finanziarie disponibili. Un danno che sarà amplificato e reso permanente se molte librerie finiranno per chiudere in maniera definitiva.

Lo spostamento delle vendite verso i canali online e digitali, oltre a non compensare nella maggior parte dei casi la perdita di vendite fisiche, ha fatto sì anche che un volume maggiore di vendite finisse per provenire da segmenti meno redditizi. Il rinvio di molti lanci novità avrà anche effetti duraturi sul mercato, costringendo gli editori a scegliere tra un affollamento delle uscite – a scapito dei singoli titoli – e ulteriori ritardi e cancellazioni, che finiranno per ridurre la produzione complessiva per gli anni a venire.

In conclusione, anche la situazione economica generale giocherà un ruolo importante nel determinare l’impatto complessivo sul settore nei prossimi mesi. Se molte persone perdono il lavoro e lo stipendio, una riduzione dei consumi sarà inevitabile e influenzerà in modo significativo le vendite di libri. Gli editori lo indicano come principale motivo di preoccupazione in molti Paesi, compresi quelli in cui il mercato non ha registrato flessioni significative.

Per il momento, l'unica cosa certa è che il settore librario ha subìto un grave colpo a causa della pandemia di Covid-19, di cui non sono ancora chiare ampiezza ed entità. L’adozione di mirate misure di sostegno da parte delle istituzioni potrebbe aiutare molto a rafforzare la filiera e sostenere la resilienza del settore, perché l'impatto della crisi si farà sentire ancora nei mesi e forse negli anni a venire. È indispensabile che le autorità pubbliche dispongano strumenti adeguati per riparare i danni e ricostruire il futuro. La FEP e molti dei suoi membri – AIE in prima linea – hanno fornito indicazioni e suggerimenti in tal senso a chi è nella posizione per prendere decisioni, sia a livello nazionale che europeo.

L'autore: Enrico Turrin

Nato nel 1975. Laureato in Economia Politica all'Università Bocconi di Milano nel 2000 e Master in Affari Internazionali all’ISPI di Milano nel 2001. Dopo gli stage all'Ambasciata d'Italia a Madrid e presso l’ONU a Vienna, nel 2002 sono diventato Project Manager dell'Area Formazione dell'ISPI e docente di Organizzazioni Internazionali. Dal 2005 al 2008 ho lavorato come esperto esterno e docente per l'ISPI e per un progetto di cooperazione del Ministero degli Esteri. Nel 2008 sono entrato come economista alla Federazione degli Editori Europei, e nel 2012 ne sono diventato Vicedirettore.

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