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Librerie

Libertà o guadagno?

di E. Vergine notizia del 6 marzo 2012

Torna in primo piano quella spinosa questione di cui in parte ci eravamo già occupati in un articolo uscito sul «Giornale della Libreria» di febbraio (Futuro del publishing di Raffaele Cardone) ossia se lo strapotere dei grandi produttori e rivenditori di contenuti, quali Apple e Amazon – per non fare nomi –, non stia diventando preoccupante sotto diversi aspetti.
Nel suo intervento Cardone rilevava che «il mercato del libro potrebbe non essere più un “mercato di offerta” almeno per come è stato inteso fino adesso. Se i profili dei lettori-consumatori avranno, come sembra, un ruolo sempre più centrale, questi dati non sono nelle mani degli editori: il quando, il cosa, il come pubblicare e a chi indirizzare l’offerta e gestire al meglio le vendite, così come il circolo virtuoso tra device adoption, comportamenti di acquisto e disponibilità dei contenuti sono detenuti da Amazon, Google, Apple e dagli altri potentati extraeditoriali».
Oggi la questione riguarda la disponibilità dei contenuti. Il problema lo ha posto Seth Godin, fondatore del Progetto Domino e autore di numerosi best-seller, quando Apple ha rifiutato di distribuire il suo ultimo libro perché conteneva link per acquistarne altri e – that’s the question! – si trattava di volumi pubblicati da Amazon.
Ora, mentre è molto più semplice essere tutti d’accordo sul fatto che un piccolo supermercato non sia soggetto ad alcun obbligo morale o etico se sceglie di non distribuire un particolare brand, la questione cambia completamente quando si parla di librerie, reali o virtuali che siano. In effetti ormai, in linea di massima qualsiasi libro, se lo si ordina, è disponibile in qualsiasi libreria.
Tuttavia ci stiamo avviando verso un futuro in cui esistono poche librerie davvero influenti e in cui è lecito non distribuire un libro che ne consiglia altri prodotti da un concorrente. È evidente che il confine tra politiche commerciali aggressive e la censura si fa sempre più sottile e incerto e, se gli editori non hanno ancora un’opinione in merito è bene che se ne facciano una presto.

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