Nell’App Store un’applicazione d’arte su tre parla italiano. È questo la stima che emerge dall’ultima indagine dell'Ufficio studi Aie su un campione di applicazioni in vendita sullo store internazionale che vede il 31% delle applicazioni provenire dal Bel Paese. Mentre l’educational è il più sviluppato in Inghilterra (12,4%), l'Italia ha il primato dell'arte classica (41%) e la Francia di quella moderna (21,9%). Gli Stati Uniti restano invece ad oggi l'unico Paese ad avere sviluppato applicazioni che riguardano i musei della scienza.
Che l’app sia parte di un percorso espositivo (è il caso della guida Virtual History – Ultima Cena di Mondadori e di iBiennale di Log607, Marsilio), di una mostra temporanea (Ritorno al Barocco: da Caravaggio a Vanvitelli sviluppata da Parallelo all'interno della collana ArtFirstGuide) oppure sia legata alla visita di un sito archeologico (iMibac sviluppata da Archivium per il Ministero) piuttosto che a un tour di una città d’arte (iContemporary Torino Piemonte), l’eccellenza del made in Italy trionfa sia in termini di tecnologia che per fantasia.
Ma come nasce un app e chi la sviluppa? Secondo la ricerca, in generale le app legate al mondo dell’arte sono spesso create in collaborazione fra editori, sviluppatori e poli museali. Capita che una casa editrice tradizionale si affidi a uno sviluppatore per creare l'applicazione di un museo, come nel caso di Unesco World Heritage, ideata da Harper Collins e sviluppata da AimerMedia, o che invece si valga dell'aiuto di un ente, come per Giunti e il Polo Museale Fiorentino nella creazione della Guida ufficiale alla Galleria degli Uffizi. In altri casi invece queste app sono ideate, create e messe sul mercato da nuovi soggetti editoriali, che si occupano esclusivamente di applicazioni, e che nulla hanno a che fare con la tradizionale filiera editoriale, per fare qualche nome: Parallelo, Toura, Macsoftex, Altair4.
iTrevi, l'app sviluppata dal Comune di Trevi col finanziamento dell'Unione Europea